Toscana

Anziani, mancano posti e «quote» per i non autosufficienti

di Ennio Cicali

Costi proibitivi e lunghissime liste di attesa, sono gli ostacoli maggiori per gli anziani non autosufficienti costretti a entrare in una Residenza sanitaria assistita (Rsa). Accade in Toscana, seconda regione in Italia, dopo la Liguria, per densità di popolazione anziana, costituita in gran parte da ultra 65enni, ma dove soprattutto sono molti gli ultra 80enni e ultra 85enni, quelli più a rischio, specie nei grandi centri urbani. La mancanza di posti è all’origine di un vero e proprio malessere sociale che colpisce anche le famiglie. Al momento sono circa 3.186 le persone in lista di attesa di un posto. O meglio, in attesa della «quota sanitaria» da parte della Regione. Anziani già passati al vaglio della «valutazione multidisciplinare», che ne ha accertata la non autosufficenza. E che – almeno per i casi più gravi – sono magari già in istituto ma a totale carico della famiglia. Un peso davvero grosso per chiunque, visto che si parla di 30-35 mila euro l’anno.

Le strutture nella regione sono circa 400 e ospitano poco meno di 10 mila pazienti non autosufficienti. Molte di esse sono legate al mondo cattolico, un vanto della tradizione toscana. Ma in Toscana, nonostante la buona rete di servizi, la permanenza in famiglia si protrae a lungo e questo è positivo perché non si può pensare di istituzionalizzare l’anziano, come fa notare Paolo Migliorini, presidente dell’Arsa (Associazione residenze sanitarie assistenziali, che gestisce circa 700 posti letto in Toscana). «Chi ricorre al ricovero molto spesso vi è costretto perché è rimasto solo o perché la famiglia non è più in grado di garantire un’assistenza adeguata», ci spiega. La ristrutturazione della rete ospedaliera toscana ha poi aggravato la situazione. Può infatti capitare – anche se sono casi limite – che un colpito da ictus venga dimesso dopo 6-7 giorni, un operato al femore, infortunio frequentissimo, specie nelle donne anziane, ad appena 2 giorni dall’intervento.

Le prime difficoltà si hanno fin dall’approccio con i servizi sociali, cui spetta accertare lo stato di invalidità, valutare l’opportunità del ricovero e stabilire la quota sanitaria, quella parte di spesa che dovrà far carico al servizio sanitario nazionale. A Firenze la quota media sociale è di 1.635 euro mensili, a carico del ricoverato o dei familiari, una somma proibitiva per tanti bilanci. Il Comune può erogare una quota a copertura, parziale o totale, delle spese per il ricovero. Accade però che per determinare la retta da corrispondere per il ricovero sia valutato, oltre al reddito del richiedente, anche quello dell’intero nucleo familiare. Una procedura contestata dall’Aduc toscana, che richiama una legge – la 328/200 – che rimanda a un decreto legislativo, poi modificato con altro decreto del 2000, secondo il quale «deve essere presa in considerazione la sola situazione economica dell’assistito». Nonostante i richiami di legge e una nota della Regione Toscana che dà ragione all’Aduc, Asl e Comuni conteggiano ancora i redditi dei familiari.

L’insufficienza dei finanziamenti statali, richiamata poco tempo addietro dall’assessore regionale alla salute, Enrico Rossi, nella trasmissione «Mi manda Rai Tre» (dove interveniva a nome di tutti gli assessori regionali) è uno dei tanti aspetti della complessa situazione dell’assistenza agli anziani. In Toscana mancano almeno 30 milioni di euro per una soglia ottimale di assistenza: 12 milioni e mezzo per aumentare le quote sanitarie. Altri 18 milioni per adeguare le quote sociali, erogate dai comuni, ma con i fondi della Regione e che sono insufficienti.

Dai problemi degli assistiti a quelli delle strutture assistenziali. «La Regione ha stabilito standard qualitativi e di sicurezza molto alti, una sorta di “ipernormativa”, sicuramente superiori a quelli degli ospedali – nota Migliorini – Questo è positivo per la qualità, ma alza anche i costi e fa sì che chi non rispetta le regole abbia margini alti (con concorrenza anche sleale), mentre chi le rispetta scrupolosamente, ha margini ridottissimi. Siamo al limite della crisi». Anche perché la quota sanitaria è proporzionale al costo del personale impiegato Con il paradosso, ad esempio, che il fisioterapista è coperto dalla quota, ma la palestra dove agisce no, e la Rsa deve farla ricadere sulla quota sociale. Stessa cosa per le ristrutturazioni degli immobili e gli adeguamenti normativi.

La situazione toscana ha spinto l’Udc a presentare un’interrogazione urgente in Consiglio regionale che nota come all’aumento della domanda, alla quale ha contribuito anche il fenomeno delle «dimissioni ospedaliere difficili», ha fatto riscontro l’aumento delle Rsa (cresciute del 60% nell’ultimo decennio), gestite in prevalenza dal privato sociale, Onlus e da soggetti privati profit (per circa il 60%) mentre la gestione pubblica (Asl, Comuni, Ipab-Asp, Comunità montane) si attesta al 40% del totale complessivo «a dimostrazione che politica regionale – secondo gli interroganti – non ha inciso significativamente nel settore nonostante le risorse allo scopo destinate nei programmi di intervento». Inoltre, «lo squilibrio tra domanda e offerta ha provocato la formazione di consistenti liste di attesa che penalizzano in particolar modo i soggetti riconosciuti non autosufficienti e provocano di conseguenza per le famiglie, un carico assistenziale insostenibile e inadeguato alla condizione di non autosufficienza».

«Anche per quanto riguarda le politiche socio-sanitarie la Regione Toscana non può certo essere presa a modello – osserva Marco Carraresi, capogruppo dell’Udc in consiglio regionale – Anzi, è proprio sulle spalle di migliaia di anziani non autosufficienti e delle loro famiglie che viene a gravare tutta l’insufficienza di un sistema che non è in grado di dare risposte adeguate ai bisogni. Prova più che evidente è la situazione degli oltre tremila anziani non autosufficienti in attesa di un posto in una residenza sanitaria (551 solo nella zona fiorentina) o i circa 8/9 mesi necessari alle strutture convenzionate per riscuotere parte delle rette a carico delle Aziende sanitarie, con la conseguenza che queste strutture incontrano sempre più spesso difficoltà perfino nel pagamento degli stipendi del personale».

Problemi di non poco conto, secondo Carraresi, che si sommano ad altri non meno dirompenti: le sperequazioni fra Comune e Comune per quanto riguarda la compartecipazione alla quota sociale della retta, la riduzione del livello delle prestazioni in tante realtà dovuta ai criteri di affidamento dei servizi privilegiando il prezzo rispetto alla qualità. «Purtroppo in Toscana regna una situazione “a macchia di leopardo” – conclude Carraresi – e la totalità dei Comuni insiste nell’illegittimità di conteggiare ancora i redditi dei familiari. Con la Regione Toscana che, purtroppo, continua a stare a guardare…». L’intervistaL’assessore Salvadori: «Creeremo un fondo»

In Toscana abbiamo una situazione di grande disagio per quanto riguarda gli anziani non autosufficienti», ammette l’assessore regionale alle Politiche sociali, Gianni Salvadori. Anche perché «gli anziani non autosufficienti gravi sono circa 40 mila» e di questi, «effettivamente seguiti dal servizio con l’inserimento in una Rsa (Residenze sanitarie assistite) sono poco più di 8 mila, con una lista d’attesa di 3 mila 200 persone per le quali passa circa un anno tra il momento in cui viene deciso dall’unità di valutazione l’inserimento nella Rsa e l’arrivo nella struttura. Sono situazioni assolutamente inaccettabili, che vanno rapidamente superate».

In che modo, assessore?

«Con la costituzione del fondo, che discuteremo nel prossimo documento di programmazione economico finanziaria della Regione, e che dovrebbe entrare in funzione dal prossimo anno».

Attualmente come interviene la Regione?

«La Regione interviene con una quota sanitaria di circa 47 euro alla quale si aggiunge una quota a discrezione dei Comuni, che si chiama quota sociale e che è collegata alla situazione delle famiglie. La quota sanitaria è sostanzialmente fissa, quella sociale è variabile ed è decisa dalle amministrazioni locali. Ma molto, circa il 50%, grava purtroppo sulle spalle delle famiglie. Si calcola che in Toscana le famiglie spendano circa 140 milioni di euro l’anno per mantenere gli anziani nelle Rsa. Per questo dobbiamo dare risposte per diminuire questa pesantezza e tendere a una unificazione delle due quote, sanitaria e sociale, cercando di stabilire la cifra massima di compartecipazione da parte delle famiglie sulla base dei redditi e del patrimonio».

In concreto, con la costituzione del fondo a cui accennava, quali risultati immediati spera di ottenere?

«Noi calcoliamo che almeno altre mille quote siano inserite sul mercato e che siano distribuite in Toscana secondo l’esigenze legate alle liste d’attesa per azzerarle nel giro di un anno».

Al momento, però, alcune residenze lamentano tempi lunghi nella riscossione delle quote.

«Purtroppo le esigenze aumentano e le risorse diminuiscono. Ma proprio per questo, ripeto, cercheremo nuove risorse».

Molte residenze sono private. È un limite o va bene così?

«Personalmente ho un’opinione molto positiva di questo settore in Toscana. La qualità è alta e garantita. In tutta la regione solo 16 strutture non hanno ancora un’autorizzazione definitiva. Eppure i criteri di valutazione sono rigidi: legati all’ambiente, alla qualità dell’assistenza, al personale impiegato, al vitto… Il che vuol dire che tutte le altre danno risposte di alto profilo. L’importante è questo: dare risposte di qualità con l’impegno che i costi siano governabili sia per l’ente pubblico che per le famiglie. In questo senso vedo positivo l’impegno della cooperazione sociale e delle strutture private che abbiano queste caratteristiche».

A.F.

L’assistenza domiciliareRimanere in casa, la Guida di Sant’Egidio

di Marco Lapi

C’è che dice che in istituto “hai tutto senza pesare su nessuno”. Ma non è vero. Non si ha tutto e non è l’unico modo per non dare fastidi ai propri cari. Un’alternativa ci sarebbe: poter stare a casa con un po’ di assistenza e, quando si sta peggio o ci si ammala, poter essere aiutati a casa per quel tempo che serve. Questo servizio già esiste, ma più sulla carta che in realtà. Ogni amministrazione dovrebbe garantire l’assistenza. Siamo in tanti, infatti, che potremmo rimanere a casa anche soltanto con un piccolo aiuto (…). E non è vero che tutto questo costa troppo. Questi servizi costano tre o quattro volte meno di un mio eventuale ricovero in una lungodegenza o in istituto. All’estero mi dicono che è diverso. Qui da noi, invece, succede che finisci in un istituto e che nemmeno l’hai deciso tu. Non capisco perché si rispettano le volontà di un testamento e invece non si viene ascoltati da vivi se non si vuole andare in istituto».

È il passaggio centrale della «Lettera di Maria», un vero e proprio manifesto sottoscritto già da mezzo milione di persone. A promuoverlo è stata la Comunità di Sant’Egidio (www.santegidio.org), mobilitata fin dal 1973 sul fronte anziani, inzialmente a Roma poi in tante altre città italiane, tra cui Firenze e Livorno. Un impegno portato avanti con dedizione e fedeltà, che ha saputo generare una più vasta rete di rapporti umani: il semplice gesto di carità nei confronti dei singoli si è così trasformato in una vera e propria esperienza di fraternità, fatta di incontri, momenti di preghiera comune, coinvolgimento di altri anziani e persone del vicinato. Come, a Livorno, nei quartieri popolari di Corea e Shangai, o a Firenze al Ponte di Mezzo, ma anche tra gli ospiti della «storica» Rsa di Montedomini, perché ovviamente neppure «i vecchi del ricovero» sono dimenticati.

Ma la scommessa da vincere, per Sant’Egidio, è appunto quella di Maria. Per questo la Comunità ha promosso, in diverse città, la pubblicazione dell’utilissimo vademecum «Come rimanere a casa propria da anziani». A Firenze, grazie al contributo della Provincia, è uscito a fine 2004 ed è sempre più che valido, anche se, come si legge nella premessa, il materiale che compone la guida «è per sua natura molto esposto al cambiamento». Fondamentale, tra gli altri, il capitolo dedicato alle necessità economiche, soprattutto quando la perdita parziale o totale della propria autosufficienza obbliga a ricorrere a una colf se non addirittura a una badante: il che può voler dire, in moltissimi casi, veder volar via tutta la propria pensione e anche i risparmi di una vita. Solo gli invalidi al 100% hanno infatti diritto a un’indennità di accompagnamentodi 480 euro al mese: per quelli con percentuali inferiori (in particolare dal 74% in su) ci sono alcuni vantaggi, ma non di grande rilievo economico. Chi paga l’affitto e ha un basso reddito può partecipare agli annuali bandi comunali per i contributi; chi invece possiede la propria casa può valutare se venderne la nuda proprietà mantenendone l’usufrutto fino alla morte.

Sono però, questi, solo alcuni esempi tra i tanti consigli che la guida offre nelle sue oltre 200 pagine, comprendenti anche tutte le informazioni necessarie su come curarsi a casa. Ma la scommessa, come rileva Maria nella sua lettera, non è facile da vincere, forse anche perché il «business» è altrove. Eppure, conclude, «se questa assistenza domiciliare si sviluppasse di più e diventasse per tutti quelli che hanno bisogno, potreste anche fare a meno di costruire tanti nuovi, costosi istituti. E persino gli ospedali sarebbero meno affollati. Per questo, anche se non più giovane, voglio ancora far sentire la mia voce e dire che in istituto non voglio andare e che non lo auguro a nessuno. Aiutate me e tutti gli anziani a restare a casa e a morire fra le proprie cose. Forse vivrò di più, sicuramente vivrò meglio».

La schedaL’assistente sociale è il primo anello

In Toscana per accedere ad uno qualsiasi dei servizi assistenziali per gli anziani, occorre rivolgersi all’assistente sociale del comune di residenza o comunque allo sportello dei servizi sociali presso il presidio distrettuale competente territorialmente o al PUA (Punto unico di accesso), dove è costituito. Il medico e l’assistente sociale, valutata la situazione della persona e del suo contesto famigliare, suggeriscono percorsi sanitari e sociali e attivano i servizi di loro competenza. Nel caso di situazioni particolarmente complesse viene attivata l’Unità di valutazione multidisciplinare (UVM), per esaminare in modo più approfondito la condizione di bisogno della persona. Le risposte possono andare dall’assistenza domiciliare integrata (Adi), al centro diurno, dalla Residenza sociale assistita, alla Residenza sanitaria assistenziale (Rsa).

La Residenza Sociale Assistita alla quale si assimilano anche le Comunità di accoglienza, le Comunità alloggio e le Casa famiglia è una residenza di dimensioni limitate per l’accoglienza di adulti o anziani in condizioni di solitudine, emarginazione, devianza o di limitata autonomia con modesta dipendenza sociosanitaria. L’ospitalità può essere temporanea o permanente. L’accesso è consentito previa valutazione del grado di autosufficienza e conseguente stesura del piano individuale di intervento. Vengono fornite prestazioni assistenziali di aiuto alla persona, di animazione e socializzazione; prestazioni alberghiere (se non autogestite). Le prestazioni sanitarie sono quelle previste per la generalità dei cittadini sia a regime ambulatoriale che domiciliare.

Per i non autosufficienti vi sono invece le Residenze sanitarie assistenziali (RSA), alle quali si può accedere sulla base della valutazione multidimensionale e della definizione conseguente del piano personalizzato di intervento. Sono previsti quattro moduli: quello base per soggetti con non autosufficienza stabilizzata, quello motorio (classico esempio, la rottura del femore), la cui durata non può superare i 60 giorni, quello cognitivo-comportamentale (sindrome demenziale o disturbi del comportamento con agitazione, aggressività) e infine quello vegetativo per i casi più gravi, come chi ha bisogno di alimentazione artificiale o di sussidio alle funzioni respiratorie.Per informazioni: www.salute.toscana.it/cura/servizi-per-anziani.shtml
Strutture per anziani – Quote sanitarie regionali (2004)

Azienda

Posti convenzionatiautosufficienti Posti convenz.non autosufficienti

Posti totali

quotesanitarie

Modulo base

Mod. 2motorio Mod. 3comport. Mod. 4vegetativo

Usl 1 Massa Carrara

38

323

472

355

186

0

0

0

Usl 2 Lucca

9

109

244

205

70

0

10

0

Usl 3 Pistoia

50

390

560

330

344

0

0

12

Usl 4 Prato

345

435

528

443

34

0

0

0

Usl 5 Pisa

224

707

859

664

584

0

76

0

Usl 6 Livorno

66

678

805

641

350

0

24

0

Usl 7 Siena

145

798

973

777

705

0

0

0

Usl 8 Arezzo

119

670

840

754

81

0

14

0

Usl 9 Grosseto

0

430

560

428

394

0

36

0

Usl 10 Firenze

1.589

2.609

3.229

2.629

1.803

35

492

59

Usl 11 Empoli

155

483

510

494

405

13

61

4

Usl 12 Viareggio

380

284

365

231

283

0

0

0

TOTALE

3.120

7.916

9.945

7.951

5.239

48

713

75

Dati: Regione Toscana