Toscana

Anziani non autosufficienti: la Cisl dà i voti alla Toscana

La Toscana è una delle poche regioni in Italia ad avere una legge sugli anziani non autosufficienti (la 66/2008) che non solo ha garantito negli anni risorse certe, mentre quelle nazionali erano altalenanti, ma ha anche previsto un percorso di accesso e di presa in carico degli anziani che è all’avanguardia e che sta dando buoni risultati. I numeri parlano chiaro. Sono ben 264 i «Punti insieme» ai quali gli anziani e i loro familiari possono rivolgersi, con un rapporto medio di 1.754 ultra 75enni per ogni sportello.

I «Pap» (Piani di assistenza personalizzati) sono stati 27 mila nel 2014, con un netto aumento di «produttività» per le Uvm (unità di valutazione multidimensionali) che entro 30 giorni dalla presentazione della domanda devono rispondere in termini di servizi (dall’erogazione di un contributo economico all’assistenza domiciliare, dall’assistenza in centro diurno al ricovero in una residenza sanitaria assistita). E rispetto al 2013 si osserva un miglioramento piuttosto generalizzato per tutto il «percorso», sia in termini di accessibilità agli sportelli che di valutazione e conseguente erogazione di servizi.

Sono dati contenuti nel Rapporto regionale 2015 su «Welfare territoriale e non autosufficienza in Toscana», voluto per il terzo anno di fila dalla Federazione pensionati della Cisl Toscana e portato a termine dall’Ufficio studi di Fnp Toscana e dalla Fondazione Zancan. Il Rapporto è stato presentato stamani all’auditorium della Cisl Toscana dalle due ricercatrici Francesca Ricci ed Elena Innocenti e poi discusso in una tavola rotonda con Rossella Bugliani, segretario Usr Cisl Toscana, Mauro Scotti, segretario toscano della Federazione pensionati Cisl, Sandra Capuzzi, assessore al sociale del Comune di Pisa e responsabile welfare dell’Anci Toscana, Maria Bezze, della Fondazione Zancan, Michele Mezzacappa, direttore della Società della salute Pratese e il nuovo assessore regionale a sanità e sociale, Stefania Saccardi. L’incontro è stato poi concluso dal segretario nazionale Fnp Cisl, Ermenegildo Bonfanti.

Da parte di tutti vi è stato apprezzamento per l’impegno dimostrato in questi anni dalla Regione che per il 2015 ha stanziato altri 25 milioni di euro per coprire 1.305 quote sanitarie aggiuntive in Rsa e contribuire alla diminuzione delle liste di attesa e ha destinato altri 51 milioni di euro per finanziare i servizi domiciliari nelle 34 zone-distretto in cui è suddivisa la Toscana. Ma il lavoro da fare è ancora tanto. A partire dalla stessa legge 66/2008 che sarebbe da rivedere in alcune sue parti per migliorarla. Sarebbe poi necessario monitorare meglio l’impiego delle risorse verificando quanto le risposte offerte siano adeguate davvero ai bisogni delle persone anziane non autosufficienti.

Il monitoraggio voluto dalla Fnp e condotto coinvolgendo i quadri territoriali del sindacato, mostra la disomogeneità degli approcci e delle risposte tra le 34 zone-distretto. A Firenze, ad esempio, abbiamo 8.835 over 75enni per ogni «punto insieme», quando in Mugello sono appena 426 o nel Casentino 378. Ma ancora più significativa è la forbice di ore settimanali in cui viene erogate il servizio che è compreso fra 1 e 55, per una media settimanale di 7 ore, che moltiplicato per gli sportelli porta il monte ore globale dalle 6 ore per la Valdinievole alle 255 della zona Pistoiese. Altro elemento di forte variabilità sul territorio è rappresentato dal numero di ore complessive di lavoro delle unità di valutazione (la cui composizione base prevede un medico, un assistente sociale e un infermiere, ma che possono avvalersi anche di altre figure, come il geriatra, lo psichiatra o il fisiatra e coinvolgere o meno i familiari). Anche qui è significativo il rapporto tra ore di lavoro dell’Uvm e popolazione anziana non autosufficiente che con un dato medio di 1,7, oscilla tra il 6,9 del Pistoiese e lo 0,3 della Versilia.

Sulla base di dieci indicatori ritenuti significativi è stato anche possibile stilare una sorta di ranking. In una scala tra 0 e 1 (dove 1 rappresenta il risultato migliore), quella del Valdarno Inferiore è la zona-distretto toscana con la maggiore capacità di presa in carico delle persone anziane non autosufficienti, arrivando ad un punteggio di 0,71, seguita da Mugello (0,61), Pistoiese (0,61), Isola d’Elba (0,54), le Colline dell’Albegna e la Val di Cornia (entrambe 0,56). Le zone meno performanti, sotto la soglia dello 0,4, sono la Fiorentina Nordovest e Grossetana (0,39), Casentino (0,38), Amiata Grossetano (0,37), Versilia (0,36), Fiorentina Sudest (0,34) e Firenze (0,30). Sulle tre zone fiorentine pesano i tanti anziani soli e il maggiore deterioramento delle reti familiari e di sostegno, che determinano una pressione maggiore sul sistema del servizi.

«Il confronto – hanno spiegato le ricercatrici – viene fatto con spirito costruttivo: non si tratta di una graduatoria di “buoni e cattivi”», ma di stimolare a migliorare il percorso di accoglienza e presa in carico dell’anziano. Da questo punto di vista è interessante, più che la graduatoria complessiva, il confronto con la rivelazione 2014 per ciascuno dei dieci indicatori. Sei zone distretto (Livornese, Piana di Lucca, Apuane, Pisana, Aretina, Alta val d’Elsa) sono migliorate in oltre la metà degli indicatori utilizzati per il ranking (6 su 10). La maggior parte delle zone (14 su 30) è migliorata in 2 o 3 indicatori.

«Siamo consapevoli –  ha dichiarato Mauro Scotti, Segretario generale della Fnp Cisl Toscana – che la Regione ha fatto uno sforzo significativo nell’istituire un fondo ad hoc per la non autosufficienza e nel continuare ad alimentarlo con risorse proprie, anche nei periodi di assenza dei finanziamenti nazionali e in una fase complicata come quella che stiamo vivendo. Crediamo tuttavia che sia venuto il momento di provare ad individuare soluzioni nuove e diverse, sia dal punto di vista del reperimento delle risorse, che per quanto riguarda le risposte offerte ai non autosufficienti e alle loro famiglie».

Il nuovo assessore regionale a sanità, sociale e sport, Stefania Saccardi, in un lungo e appassionato intervento, ha cercato di dare qualche prima risposta ai problemi sollevati dalla ricerca ed evidenziati dai partecipanti alla tavola rotonda, dichiarandosi pronta a varare un tavolo permanente con le parti sociali. I problemi della non autosufficienza li conosce bene, sia per la precedente esperienza all’assessorato alle politiche sociali del Comune di Firenze («assessorato alla speranza», come lo ha chiamato), che nella passata giunta regionale. In altre parole si sente «un assessore al sociale al quale è stata data anche la sanità». E questa – ha detto – sarà la prospettiva con cui si approccerà ai problemi. Quello che abbiamo di fronte – ha sottolineato – è un «sistema sanitario medievale», in cui «una radiografia fatta a Torregalli non può esser letta a Careggi e viene rifatta di nuovo». Con sprechi di risorse e disagi per il cittadino. «Bisogna organizzare il territorio. Se non si risolve il problema dell’ingresso e dell’uscita dall’ospedale non si risolvono i problemi della sanità». E ha fatto l’esempio del Pronto soccorso a Prato: appena ultimato lo si voleva ingrandire perché insufficiente. Lei si è opposta, perché  «bisogna piuttosto evitare che le persone arrivino al pronto Soccorso per problemi che sono risolvibili da altri». La metà delle persone che arrivano ai pronto Soccorso sono anziani, spesso non autosufficienti. In molti casi appena dimessi da un ospedale.

Sul fronte sociale la vera urgenza per la Regione è quella di capire dove e come intervenire: «Ogni amministrazione comunale misura i bisogni come gli pare e questo ci impedisce di capire dove sono i bisogni veri, e di ripartire le risorse in modo corretto. Poi tutti si lamentano». Per questo, rivolgendosi a Sandra Capuzzi, ha chiesto aiuto all’Anci per «trovare un sistema comune di rilevazione dei bisogni. Questo ci permetterà di fare programmazione. Purtroppo le difficoltà contingenti ci inducono ad affrontare sempre le emergenze».

Un’esperienza molto positiva è stata l’esperimento del «Pronto badante», perché «le persone ci chiedono di essere accompagnate, più che i soldi». Tremila richieste in pochissimo tempo dimostrano che c’era questa esigenza. Quando ti dimettono un anziano dall’ospedale i familiari si trovano a «non saper dove sbattere la testa» per trovare assistenza. Da qui l’annuncio dell’assessore: «Siamo pronti ad estendere a tutta la Regione l’esperimento di Pronto badante attingendo al Fondo sociale europeo: abbiamo fatto capire all’Europa che così si crea occupazione mentre si fanno percorsi di inclusione sociale».

C’è poi il capitolo dell’assistenza domiciliare che «non funziona e assorbe tante risorse. La dobbiamo riformare – ha detto l’assessore -. Ci mettono tanti soldi sia i comuni che la sanità regionale e nessuno poi ne risponde mai. Si può fare un fondo unico, mettendo insieme Asl e Comuni? – si è chiesta – Si può prevedere un soggetto unico che tenga il pallino di quello che serve nell’assistenza domiciliare? Un soggetto che veda spesso la persona, non ogni sei mesi, perché le situazioni degli anziani possono cambiare continuamente». Con la consapevolezza che migliorare l’assistenza domiciliare aiuta le famiglie a tenere l’anziano non autosufficiente a casa. E in Toscana solo il 16% degli anziani non autosufficienti sono in una Rsa. Gli altri sono in famiglia.

L’assessore ha poi toccato altre due questioni. La prima è il progetto «Vita indipendente» che assorbe 9 milioni di euro per un numero molto limitato di persone con handicap gravi. «Siamo rimasti l’unica regione a non averlo ancorato al reddito e questa è un’ingiustizia rispetto – ad esempio – all’anziano non autosufficiente», ha osservato Stefania Saccardi. La seconda è quella del privato sociale che è una grande risorsa da utilizzare per risolvere concretamente i problemi della gente.  «La Toscana ha la fortuna straordinaria di avere un privato sociale funzionante» con il quale vanno fatte convenzioni per ridurre le liste di attesa nelle Rsa, ma anche per erogare prestazioni sanitarie.

Gli indicatori

Per stilare la classifica i ricercatori hanno costruito un indice che tenesse conto dei 10 indicatori (tra i molteplici che la ricerca ha rilevato) che maggiormente incidono sulla qualità dei percorsi di accoglienza e presa in carico: il bacino di utenza potenziale dei punti insieme, la copertura oraria dei punti insieme, le barriere architettoniche per l’accesso ai punti insieme, le ore settimanali degli operatori dell’unità di valutazione (assistenti sociali, infermieri, medici), la presenza del medico di medicina generale alle attività dell’unità di valutazione, la presenza del geriatra all’unità di valutazione, la presenza dei familiari all’unità di valutazione, il numero di ore di valutazione, il numero di piani assistenziali  realizzati e, infine, la copertura oraria del servizio di presa in carico in emergenza-urgenza.