Toscana

Apuane, troppi problemi nonostante il Parco

DI MARCO LAPIVent’anni e non li dimostra. Nel senso che il Parco delle Apuane è purtroppo rimasto, diciamo così, nella fase adolescenziale. Causa di questa crescita troppo lenta, gli interessi contrapposti di ambientalisti e settore marmifero ma anche, certamente, i localismi che caratterizzano fortemente quest’angolo di Toscana. Sta di fatto che il sospirato «Piano del Parco», vero e proprio Prg dell’intera area protetta, attende ancora di essere approvato. La qual cosa, ovviamente, non ha mancato di essere sottolineata nel corso della cerimonia di apertura delle celebrazioni svoltasi sabato 22 gennaio presso il Palazzo Ducale di Massa.

In particolare ha avuto buon gioco Alberto Bargagna, del Comitato per la tutela delle Alpi Apuane, a snocciolare un lungo «cahier de doléance» sulle tante ferite ancora aperte sul fronte dell’escavazione del marmo.

Nonostante che gli scontri, anche violenti, tra ambientalisti e cavatori siano ormai un lontano ricordo e nonostante che il settore non appaia più strategico come un tempo sul fronte occupazionale, non mancano casi eclatanti di deturpamento ambientale, soprattutto da parte delle cave situate in prossimità delle creste, che già in alcuni punti (come lungo la Nord del Carchio) hanno provocato l’irrimediabile alterazione del profilo montano.

Tengono banco da tempo, ad esempio, i casi del Corchia, della Focolaccia e delle Cervaiole. La montagna celebre per il suo vastissimo Antro, da qualche anno fiore all’occhiello del Parco stesso per essere stato parzialmente attrezzato ai fini turistici, presenta da tempo un fronte di cava visibilissimo anche dal mare e che ha ormai ridotto ai minimi termini la cresta che congiunge le sue due cime.

La Focolaccia, uno dei valichi più alti e caratteristici della catena nei cui pressi, poco più di cent’anni fa, fu costruito dalla sezione Ligure del Cai il primo rifugio apuano, è stata raggiunta e purtroppo alterata da una cava situata sul versante garfagnino. Quanto alle Cervaiole, l’area marmifera a Sud del Monte Altissimo, anch’essa ben visibile dalla Versilia, sembra in procinto di perdere la piccola cima che finora l’ha caratterizzata, il Picco di Falcovaia (a destra nella foto), già notevolmente erosa ai lati. La società Henraux, titolare delle cave, ha infatti chiesto al Parco il permesso di «spianarla» per continuare la coltivazione del filone marmifero che, appena a Sud, ha già provocato l’interruzione dello storico sentiero proveniente da Azzano a causa dell’attuale, altissimo taglio di cava. Verso Nord, inoltre, la stessa Henraux ha aggredito un altro versante giungendo fin poco sotto il crinale, in corrispondenza dell’altrettanto storico sentiero che giunge al Passo del Vaso Tondo. La trattativa è aperta; sul tavolo c’è anche la richiesta, da parte del Parco, di una rivalorizzazione non solo della sentieristica ma anche delle cave abbandonate sul versante marino, proprio là dove Michelangelo avrebbe voluto scolpire un gigante visibile dal mare. Potrebbero divenire, con un minimo impegno finanziario, un vero e proprio museo all’aperto di archeologia marmifera, parte rilevante di quel Parco archeologico da tempo programmato ma che il ministero dell’Ambiente, forse per semplice ripicca politica, non ha ancora varato. Intanto ad Azzano nessun cartello segnala ancora l’interruzione del sentiero, ormai vecchia di almeno due anni, provocando così – come abbiamo potuto constatare – le incavolature di escursionisti venuti anche da lontano proprio per fare quella ormai impossibile gita.

Una negligenza da attribuire anche alla sezione competente del Club Alpino Italiano, quella di Pietrasanta, che si è limitata a dare notizia della situazione solo sulla rivista «Lo Scarpone» di questo mese, mentre sul bimestrale nazionale dello stesso Cai una lettera informa, ugualmente in ritardo, dei danni provocati alla Focolaccia nonostante i sequestri della magistratura negli anni Novanta. E proprio alla Focolaccia l’ultima domenica di giugno si terrà, nell’ambito delle iniziative per il ventannale, una manifestazione per chiedere l’immediata cessazione delle escavazioni e l’attivazione di un progetto di recupero ambientale. Nella speranza che per il Parco sia intanto giunto il periodo della maturità con l’approvazione del Piano.• Eventuali suggerimenti per questa rubrica possono essere segnalati all’indirizzo e-mail marco.lapi@toscanaoggi.it