Toscana

BENEDETTO XVI AL CORPO DIPLOMATICO: NEL MONDO UN PROFONDO MALESSERE

“Il momento attuale è segnato purtroppo da un profondo malessere e le diverse crisi, economiche, politiche e sociali, ne sono una drammatica espressione”. È l’analisi tracciata dal Papa nel tradizionale discorso di inizio anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ricevuto in udienza presso la Sala Regia. Il Papa si è soffermato, prima di tutto, sugli “sviluppi gravi e preoccupanti della crisi economica e finanziaria mondiale”, che “non ha colpito soltanto le famiglie e le imprese dei Paesi economicamente più avanzati, dove ha avuto origine, creando una situazione in cui molti, soprattutto tra i giovani, si sono sentiti disorientati e frustrati nelle loro aspirazioni ad un avvenire sereno, ma ha inciso profondamente anche sulla vita dei Paesi in via di sviluppo”. “Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare risolutamente il nostro cammino, con nuove forme di impegno”, l’invito del Papa, secondo il quale “la crisi può e deve essere uno sprone a riflettere sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione etica, prima ancora che sui meccanismi che governano la vita economica: non soltanto per cercare di arginare le perdite individuali o delle economie nazionali, ma per darci nuove regole che assicurino a tutti la possibilità di vivere dignitosamente e di sviluppare le proprie capacità a beneficio dell’intera comunità”. “Il rispetto della persona – ha ammonito il Santo Padre – dev’essere al centro delle istituzioni e delle leggi, deve condurre alla fine di ogni violenza e prevenire il rischio che la doverosa attenzione alle richieste dei cittadini e la necessaria solidarietà sociale si trasformino in semplici strumenti per conservare o conquistare il potere”. Il riferimento è al “malessere” da cui “sono nati i fermenti” che, nei mesi scorsi, hanno investito diverse Regioni del Nord Africa e del Medio Oriente. “L’ottimismo iniziale – l’analisi papale – ha ceduto il passo al riconoscimento delle difficoltà di questo momento di transizione e di cambiamento”. Di qui l’invito alla comunità internazionale a “dialogare con gli attori dei processi in atto, nel rispetto dei popoli e nella consapevolezza che la costruzione di società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare di ordine religioso, costituisce un orizzonte più vasto e più lontano di quello delle scadenze elettorali”. In Siria, il Papa ha auspicato “una rapida fine degli spargimenti di sangue e l’inizio di un dialogo fruttuoso, favorito dalla presenza di osservatori indipendenti”. In Terra Santa, occorrono “decisioni coraggiose e lungimiranti” per giungere ad “una pace duratura”, mentre in Iraq, dopo i recenti attentati, bisogna “proseguire con fermezza sulla via di una piena riconciliazione nazionale”.La famiglia “non è una semplice convenzione sociale, bensì la cellula fondamentale di ogni società”, e dunque “le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità”, ha detto il Papa, che nel discorso al corpo diplomatico ha ribadito che “il contesto familiare è fondamentale nel percorso educativo e per lo sviluppo stesso degli individui e degli Stati; di conseguenza occorrono politiche che lo valorizzino e aiutino così la coesione sociale e il dialogo”. Nel contesto dell’“apertura alla vita”, Benedetto XVI ha accolto “con soddisfazione la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che vieta di brevettare i processi relativi alle cellule staminali embrionali umane, come pure la Risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che condanna la selezione prenatale in funzione del sesso”. Al contrario, si oppongano all’educazione dei giovani “e di conseguenza al futuro dell’umanità le misure legislative che non solo permettono, ma talvolta addirittura favoriscono l’aborto, per motivi di convenienza o per ragioni mediche discutibili”. L’educazione, ha spiegato infatti il Papa, “è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la società”, e “costituisce un compito di primaria importanza in un tempo difficile e delicato”.La libertà religiosa è il “primo dei diritti umani, perché esprime la realtà più fondamentale della persona”, eppure “troppo spesso, per diversi motivi, tale diritto è ancora limitato e schernito”. È la denuncia del Papa, che nel discorso al Corpo diplomatico ha salutato la memoria del ministro pakistano Shahbaz Bhatti, “la cui infaticabile lotta per i diritti delle minoranze si è conclusa con una morte tragica”. “Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato”, ha commentato Benedetto XVI, facendo notare che “in non pochi Paesi i cristiani sono privati dei diritti fondamentali e messi ai margini della vita pubblica; in altri subiscono attacchi violenti contro le loro chiese e le loro abitazioni. Talvolta, sono costretti ad abbandonare Paesi che essi hanno contribuito a edificare, a causa delle continue tensioni e di politiche che non di rado li relegano a spettatori secondari della vita nazionale”. In altre parti del mondo, inoltre, “si riscontrano politiche volte ad emarginare il ruolo della religione nella vita sociale, come se essa fosse causa d’intolleranza, piuttosto che contributo apprezzabile nell’educazione al rispetto della dignità umana, alla giustizia e alla pace”. “La religione non può essere usata come pretesto per accantonare le regole della giustizia e del diritto a vantaggio del ‘bene’ che essa persegue”, ha osservato il Papa stigmatizzando ogni forma di terrorismo e ricordando “la visione cristiana dell’uomo è stata la vera forza ispiratrice” per i Padri fondatori dell’Europa unita. Tra i “segnali incoraggianti nel campo della libertà religiosa”, Benedetto XVI ha citato la “modifica legislativa grazie alla quale la personalità giuridica pubblica delle minoranze religiose è stata riconosciuta in Georgia” e la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in favore della presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche italiane. E proprio all’Italia il Papa ha rivolto “un particolare pensiero, al termine del 150° anniversario della sua unificazione politica”. “Le relazioni tra la Santa Sede e lo Stato italiano hanno attraversato momenti difficili dopo l’unificazione”, ha riconosciuto il Santo Padre; “nel tempo, però, hanno prevalso la concordia e la reciproca volontà di cooperare, ciascuno nel proprio ambito, per favorire il bene comune”. “Auspico che l’Italia continui a promuovere un rapporto equilibrato fra la Chiesa e lo Stato, costituendo così un esempio, al quale le altre Nazioni possano riferirsi con rispetto e interesse”, ha concluso il Papa. (Sir)