Toscana

Benedetto XVI: La Chiesa è viva e giovane

Trentasei minuti, trentacinque applausi: due dati che racchiudono l’omelia pronunciata da Benedetto XVI durante la messa che stamani, domenica 24 aprile 2005, ha inaugurato il pontificato del successore di Giovanni Paolo II. Il papa tedesco si è mostrato profondamente commosso in due passaggi: quando ha affermato di non sentirsi solo nel grave compito di guidare la Chiesa e nel momento in cui ha ricordato la malattia e la morte di papa Wojtyla. Le migliaia di fedeli presenti in piazza San Pietro hanno sottolineato vari momenti dell’omelia, mentre le bandiere di diverse nazioni – fra cui numerose con i colori della Germania – hanno continuamente sventolato. Particolarmente apprezzate dall’assemblea le espressioni “pregate per me” e “cari amici” che Joseph Ratzinger ha utilizzato a metà intervento. Quando poi ha parlato dell'”anello del pescatore” – uno dei due simboli che rappresentano liturgicamente l’assunzione del ministero di successore di Pietro – Benedetto XVI ha alzato la mano, mostrando lo stesso anello. Al termine della lunga omelia, colpito dal caloroso applauso che la ha accolta, il Papa si è alzato per un momento in piedi, con le mani unite verso il cielo in segno di saluto a tutti. Si è poi seduto di nuovo. In piazza applaudivano tutti, fedeli, vescovi, cardinali, autorità.

Anche in cinese e arabo le preghiere dei fedeli“Serva la Chiesa e sia coraggioso testimone del Vangelo”. E’ il testo della seconda preghiera dei fedeli dedicata al Papa e letta in francese alla messa di inizio del Pontificato di Benedetto XVI. Le preghiere erano in tutto cinque. La prima è stata per la Chiesa perché “continua ad accogliere l’invito di Gesù e sulla tua parola getti le reti della salvezza nel mare della vita”. La terza intenzione di preghiera è stata letta in arabo ed è stata dedicata ai governati della terra perché “agiscano non per forza, né interesse, non spadroneggiando sulle persone, consapevoli che ogni potere proviene da Dio”. La quarta preghiera, in cinese, è stata per i sofferenti affinché “Cristo li ristori e li consoli”. L’ultima per “questa assemblea eucaristica” perché “Dio confermi i nostri propositi e ci renda forti e saldi nella fede”. Il rituale: Dodici persone hanno promesso obbedienzaHanno “prestato obbedienza al Papa”, secondo quanto prescrive il rito di insediamento, tre cardinali, un vescovo, un sacerdote, un diacono, un religioso, una suora, una famiglia e due ragazzi provenienti da varie parti del mondo. In realtà la manifestazione di obbedienza si è trasformata in uno scambio cordiale. Benedetto XVI ha stretto a lungo le mani di un religioso africano e ha parlato a lungo con il sacerdote, mons. Enrico Pomili, che è il parroco della parrocchia romana di Santa Maria consolatrice a Casalbertone, dove l’attuale Papa era cardinale titolare nei suoi primi anni a Roma. E’ stato il cardinale Angelo Sodano, in quanto decano del Collegio cardinalizio a mettere l’anello del Pescatore” a Benedetto XVI. L’anello, che indica il potere papale, ed il sigillo, pure “consegnato” al Papa, serviranno per “firmare” i documenti e verranno “annullati” alla sua morte. Il cardinale protodiacono Jorge Medina Estevez ha imposto al Papa il pallio, segno della dignità di vescovo di Roma. Nel segno di Giovanni Paolo IINell’omelia Benedetto XVI ha voluto ricordare, come già nei giorni scorsi, la figura del suo predecessore. “Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II! Il Papa che per ben 26 anni è stato nostro pastore e guida nel cammino attraverso questo tempo” ha detto commosso il Pontefice che ha aggiunto: “Egli varcava la soglia verso l’altra vita entrando nel mistero di Dio. Ma non compiva questo passo da solo. In quel momento noi abbiamo potuto invocare i santi di tutti i secoli i suoi amici, i suoi fratelli nella fede, sapendo che sarebbero stati il corteo vivente che lo avrebbe accompagnato nell’aldilà, fino alla gloria di Dio. Noi sapevamo che il suo arrivo era atteso. Ora sappiamo che egli è fra i suoi ed è veramente a casa sua”. Per Benedetto XVI “Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa” si è manifestato “in modo meraviglioso” che “la Chiesa è viva, è giovane”.

La figura di Giovani Paolo II riemerge ancora una volta, poi, alla fine dell’omelia quando Benedetto XVI ha rievocato il 22 ottobre 1978, data in cui papa Wojtyla iniziò il suo ministero petrino. “Ancora, e continuamente – è il ricordo di Benedetto XVI – mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!” Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo ma soprattutto ai giovani. “Io vorrei dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita”.

Il suo primo “giro” in piazza san PietroBandiere, striscioni e foulard sventolati in aria e tanti bambini in braccio ai genitori per accogliere Benedetto XVI che, in piedi su una camionetta bianca, ha compiuto il suo primo giro in piazza San Pietro. Al termine della celebrazione il Papa è salito su una ‘campagnola’ già usata in passato da Giovanni Paolo II e Paolo VI, senza protezioni per la sua prima uscita tra i fedeli, circa 350 mila secondo alcune stime. Benedetto XVI è apparso felice ed ha salutato benedicente la gente che lo invocava a gran voce. L’omaggio delle autoritàAl termine del suo giro in piazza San Pietro, tra i 350 mila fedeli, Benedetto XVI è rientrato in San Pietro e si è seduto sulla cattedra con accanto il segretario di Stato card. Sodano, per ricevere il saluto della utorità civili giunte a Roma per la cerimonia. I primi a salutarlo sono stati il presidente tedesco Horst Koehler ed il cancelliere Gerard Schroeder. Poi il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi con la moglie Franca. A seguire, i reali di Spagna, il principe di Monaco e via via tutte le altre autorità. Su un totale di quasi centoquaranta rappresentanze straniere, erano almeno una quarantina le delegazioni presenti ai massimi livelli, la metà delle quali europee. Oltre a quella della Germania, paese d’origine del nuovo papa vi erano anche le rappresentanze di Albania (il ministro degli Esteri Kastriot Islami), Austria (il presidente Heinz Fischer), Belgio, (il principe Filippo, erede al trono, con la moglie Mathilde), Repubblica ceca (il presidente Vackav Klaus), l’Estonia (i presidente Arnold Ruutle con il ministro degli Esteri Umas Paet), Francia (il primo ministro Jean Pierre Raffarin accompagnato dal ministro degli Esteri Michel Barnier), Grecia (il ministro per l’educazione Marietta Giannakou), Regno Unito (il principe Carlo), Italia (il presidente Carlo Azeglio Ciampi, il premier Silvio Berlusconi e le massime autorità dello Stato), Lettonia (il presidente Vaiora Vike Freiberga), Lituania (il presidente Valdas Adamkus), Monaco (il principe Alberto), Olanda (il principe Guglielmo Alesandro con il premier Jan peter Balkenende), Polonia (il presidente Aleksander Kwasniewski con il ministro degli esteri Adam Roffeld, Portogallo (il primo ministro Jose Socrates), Spagna (il re Juan Carlos con la regina Sofia ed il ministro degli Esteri Miguel Amgel Moratinos), Slovacchia (il presidente Ivan Gasparovic e il premier Mikulas Dzurinda), Slovenia (il presidente Janez Drnovsek ed il premier Janet Jansa), Svizzera (il ministro degli Interni Pascal Couchepin) e infine Ungheria (il ministro degli Esteri Ferenc Somogyi). L’Unione Europea era rappresentata dal presidente della Commissione José Manuel Barroso, giunto tra i primi sera a Roma.

Numerose anche le delegazioni americane, da quella degli Usa, guidata dal fratello del presidente, Jeb Bush, governatore della Florida, a quelle di Argentina (il presidente Nestor Kirchner), Costa Rica (il vice presidentre Linneth Saborio), repubblica Dominicana (il presidente Leonel Fernmandez), Guatemala ( a livello di vicepresidente), El salvador (il presidente Tony Saca), Messico (il ministro degli Esteri Luis ernesto Derbez), Paraguay (N.D.Frutos).

Tra le delegazioni di paesi arabi quella dell’Egitto, guidata dal sottosegretario all’ambiente Maged George, e del Libano (il presidenter Emile Lahoud con il premier Najiib Mikati). Dall’Africa sono venuti tra gli altri il vice residente dello Zimbabwe (il vicepresidente Joseph Wilfred Msika), il presidente del Gabon Bongo Ondinba, il vice presidente del Kenya.

Assente la delegazione della Cina, con la quale i rapporti della Santa Sede, che ha relazioni diplomatiche con Taiwan, non sono facili.

Le delegazioni cristiane presenti alla messa“Un appello a tutti i cristiani particolarmente significativo per la sua forza evangelica che si è trasformato in una preghiera al Signore perché la ‘rete’ dell’unica Chiesa di Cristo non si laceri più. A me pare che la solennità dell’inizio del pontificato dia a queste parole del Papa un peso straordinario che tocca il cuore di tutti e dà una spinta vigorosa a superare ogni ostacolo per accogliere quanto prima il dono dell’unità”. Così da piazza San Pietro, mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione ecumenismo e dialogo della Conferenza episcopale italiana, commenta le parole pronunciate oggi da Papa Benedetto XVI nell’omelia di inizio pontificato.

“Questo appello all’unità – prosegue il vescovo – va inserito in tutto il contesto del discorso che chiarifica la indispensabile missione della Chiesa per un mondo più umano sottolineando che l’unità dei cristiani è fermento e lievito di una fraternità fra i popoli”. In piazza San Pietro erano presenti delegazioni del patriarcato di Mosca, e di Costantinopoli e rappresentanti delle altre Chiese ortodosse (rumena, armena, serba, la Chiesa di Alessandria).

Presente, per la prima volta nella storia ad una messa di intronizzazione, anche l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana nonché molte delegazioni del mondo protestante (luterani, riformati ed evangelici). La delegazione del patriarcato di Mosca era guidata dal Metropolita Kirill, numero due della Chiesa ortodossa russa. “È significativo – commenta Paglia – che per questa occasione la delegazione di Mosca abbia conservato lo stesso grado di quella presente ai funerali di Giovanni Paolo II. Kirill ha già affermato che questo passaggio di pontificato ha per la Chiesa di Russia un’importanza tutta particolare”. “Va notata – prosegue il presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei – una continuità tra la celebrazione dei funerali di Giovanni Paolo II e la messa di inizio pontificato di Benedetto XVI. La presenza delle delegazioni delle Chiese cristiane nelle due celebrazioni sta a significare il bisogno che tutti i cristiani, all’inizio di questo millennio, sentono di dare una testimonianza di comunione. E quando il Papa all’inizio del suo discorso non ha parlato di programma ma di comunione, ha dato un’indicazione teologica e pastorale molto importante”. Domani il Papa riceverà le delegazioni cristiane e nel pomeriggio si recherà sulla tomba di San Paolo. “È una visita – ha detto mons. Paglia – che lega anche visibilmente il Papa a Pietro e a Paolo. È la prima volta che questa visita viene fatta quasi in simultanea con la messa di oggi: questo le da una sottolineatura significativa. Pietro e Paolo sono chiamate le due colonne della Chiesa di Roma. Benedetto XVI vuole attingere simultaneamente ad esse tenendo presente che se Pietro significa la stabilità e la comunione, Paolo sottolinea la missione. Già in questa duplicità di comunione e missione, si esplicita in certo modo la via che questo pontificato percorrerà”.

Omelia della Messa di inizio pontificato (24 aprile 2005)

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