Toscana

Benedetto XVI e la Francia

Nel suo recente viaggio, a Parigi e nel più celebre santuario mariano, il Pontefice ha toccato temi importanti per la cultura moderna, in un paese emblematico per i rapporti tra ragione e fede.  Ne abbiamo parlato in redazione con il teologo Andrea Bellandi, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale (nella foto sotto con, a sinistra, Claudio Turrini e, a destra, Riccardo Bigi), e con un intellettuale «laico» come Enzo Brogi, consigliere regionale del Pd e già sindaco di Cavriglia.

TOSCANAOGGI: Il Papa e la Francia. Sembrava una sfida difficile, ma Benedetto XVI sembra averla vinta…

MONS. ANDREA BELLANDI: «Il Papa ha visitato un paese che negli ultimi secoli si è reso paladino della libertà, dei valori dell’illuminismo, dell’autonomia dell’uomo, e forse più di altri Paesi ha il polso della modernità, dove la questione dell’immigrazione, e quindi dei rapporti tra le religioni, è all’ordine del giorno. È significativo che vi sia giunto non per fare una proposta reazionaria, quanto piuttosto per proporre nell’oggi, in modo nuovo e recepibile alla società contemporanea, ciò che il cristianesimo ha da dire a un Paese che da un lato è stato faro della cultura di questi ultimi tre secoli, dall’altro sente forse tutto il peso e la fragilità della difesa di quei valori di libertà, di universalità, di dignità dell’uomo, spogliati da ogni riferimento trascendente. La proposta del Papa, in questo senso, è rivoluzionaria da un certo punto di vista: perché accoglie questa attenzione ai capisaldi della cultura francese, ma facendo recuperare a quella cultura la necessità insostituibile del quaerere Deum, del “cercare Dio”, come ha sottolineato nel bel discorso al Collège del Bernardins. Mi sembra che questi temi abbiano poi fatto da sfondo anche alle parole pronunciate a Lourdes, nell’invito a cercare il fondamento di una speranza che possa reggere anche di fronte al mistero del dolore e della morte».

TOSCANAOGGI: Parlando al mondo della cultura il Papa ha sottolineato come il cristianesimo si ponga come una via di mezzo tra chi vorrebbe sganciare completamente la vita umana da ogni prospettiva escatologica, e il fondamentalismo che invece la schiaccia dentro questa ottica.

BELLANDI: «La centralità di questo concetto nel magistero di Benedetto XVI è data proprio dalla stima che il Papa ha per la ragione. Stima che non significa razionalismo o intellettualismo, ma riconoscimento del fatto che la dimensione positiva della ragione serve a combattere ogni forma di irrazionalismo, e quindi il fondamentalismo che ha sempre all’origine l’irrazionalismo. Dall’altra però il Papa contesta anche la posizione relativista o soggettivista. È una posizione che rispetta fino in fondo la dinamica conoscitiva dell’uomo, che certo ha bisogno di conoscere il dato empirico della realtà, ma ha bisogno anche di andare al di là e di cercare una verità che sia valida per tutti».

ENZO BROGI: «Il discorso del Papa l’ho trovato decisamente complesso, sicuramente molto lontano dalla mie esperienze e competenze. Posso dire però che la condanna dei fondamentalismi è sicuramente da apprezzare, ancor più quando riconosciamo alla religione la positiva capacità di interagire con lo spirito “liberale” e “repubblicano” nella ricerca di nuovi fondamenti per il vivere civile. Certo però che la vita civile (oltreché religiosa) è ormai irreversibilmente “plurale”. In questo senso, pur non entrando nel merito di discussioni accademiche che distinguono con vari aggettivi il tema della laicità (“sana laicità” piuttosto che “laicismo”…) sono comunque convinto del suo valore come garanzia della convivenza delle differenze e delle diverse identità. Ecco perché non condivido il distinguere tra “diverse” laicità, come se ve ne fosse una “malata”. La laicità è un valore che insieme alla libertà di coscienza dovrebbe essere il fondamento di una società. E dunque non può essere buono quello che la Chiesa Cattolica approva e cattivo quello che la Chiesa Cattolica deplora».

TOSCANAOGGI: Nella seconda parte del discorso, il Papa propone come modello dell’annuncio cristiano quello che San Paolo ha fatto agli ateniesi riuniti all’Areopago. Alla base di tutto questo c’è il riconoscimento del fatto che in ogni essere umano, anche nascosta o inespressa, c’è una ricerca di Dio, dell’Assoluto.

BELLANDI: «Il Papa usa una espressione bellissima: Dio come “l’Ignoto-Conosciuto”. San Paolo si richiama all’iscrizione che ha visto su una delle are dell’Areopago, dedicata al “Dio ignoto”. Un Dio che però nella ricerca di senso, nel quaerere Deum, è già conosciuto. Già nella Spe salvi Benedetto XVI aveva descritto l’oggetto della nostra speranza come una “sconosciuta realtà conosciuta”. Il Papa comunque è ben consapevole che il Dio della fede non è il Dio dei filosofi: la fede ha bisogno che sia Dio a rivelarsi. Un Dio soltanto pensato non è un Dio, dice il Papa: se Dio non si mostra, noi da soli non possiamo arrivare a conoscerlo. Alla base dell’essere cristiano quindi non vi è un percorso della ragione, non vi è una morale, ma vi è un avvenimento: Dio si è mostrato. Il Dio dei filosofi e il Dio della fede possono incontrarsi, ma a patto che si aggiunga al Dio dei filosofi la dimensione dell’amore, cosa che è propria della rivelazione».

BROGI: «Il discorso su Dio è affrontabile in termini filosofici e teologici, ma l’accoglienza dell’incontro con Dio è riservata alla dimensione più spirituale della fede. Dimensione che va rispettata ma che non è da tutti avvertita. Ciò su cui sentimento religioso e “ragione secolare” possono oggi trovare un positivo dialogo è sulla “ricerca di senso” (di cui la nostra società dell’avere è povera) e sull’apertura all’altro».

TOSCANAOGGI: Il discorso del Papa si conclude con la messa in guardia da una cultura che esclude la domanda su Dio, mettendo di fatto in discussione almeno due secoli di filosofia e di cultura scientifica, due secoli durante i quali si è tentato in ogni modo di escludere Dio dai temi di cui «si può parlare», e di escludere la religione dalla sfera pubblica. Quella del Papa potrebbe apparire una battaglia disperata…

BROGI: «Credo che la cultura non debba escludere mai nessuna questione. La religione fa, di per sé, parte anche dello “spazio pubblico” (pur nei limiti posti dalla laicità). Il materialismo “volgare” e “pratico” (che sembra concentrare molti aspetti, rozzamente consumistici, della nostra società) va distinto, però, da un’etica laica che può comunque fondare una “buona vita” e una “vita degna”. In parte è vero ed è sicuramente vero che di fronte alle sconvolgenti questioni poste dal dominio della scienza, dalle tecnologie, dalle nuove capacità umane di intervenire su nascita, vita o morte, etica secolare ed etica laica possono trovare convergenze nella ricerca di risposte, di fondamenti e di un senso al vivere contemporaneo. Discutibile è che la “questione Dio” torni a porsi come oggetto di una riflessione che dimentichi la grande lezione di uno spirito religioso come Pascal per cui la fede è una scommessa!».

BELLANDI: «Quella che il Papa pone è una questione audace. Ma la sua affermazione nasce dalla certezza di un uomo di grande fede, che sa che quello che lui propone ha delle radici profonde nel cuore dell’uomo. È vero che noi abbiamo assistito a due secoli di negazioni filosofiche, ideologiche, scientifiche, della possibilità di Dio. Eppure vediamo che l’attesa, la ricerca, la domanda di Dio non si è mai spenta; né in quei paesi che hanno avuto settant’anni di ateismo di stato e di materialismo storico, né nelle nostre società ipertecnologiche che sentono però tutto il limite della propria impostazione. Oggi si sente il bisogno, sia da un punto di vista di vita sociale, che da un punto di vista personale, di una proposta più a misura d’uomo. Ed è interessante notare che questo lo sentono sia le persone più semplici che le persone più acute: tutte si ritrovano unite nel capire che c’è bisogno di ascoltare una prospettiva che dia senso al proprio sapere».

TOSCANAOGGI: Nel discorso all’Eliseo, di fronte al presidente Sarkozy e alle autorità francesi, il Papa ha toccato il tema della laicità, riconoscendo che la laicità, intesa come separazione tra la sfera religiosa e la sfera civile, è un valore. Il Papa poi, è vero, mette dei puntini: è un valore «a patto che…», e distingue tra laicità positiva e laicità negativa. Cosa c’è di nuovo in questa sottolineatura?

BELLANDI: «Insieme alle parole del Papa, è molto interessante anche il discorso di Sarkozy. È lui per primo che parla di una laicità “positiva” che riconosce alle religioni un ruolo civile, e definisce necessario anche nella sfera pubblica l’apporto delle tradizioni religiose. Il Papa ha risposto richiamandosi all’affermazione di Gesù, “date a Dio ciò che è di Dio, a Cesare ciò che è di Cesare”, e accettando con molta serenità questa distinzione del ruolo dello Stato rispetto al ruolo della religione, il rispetto delle leggi e delle istituzioni democratiche, e così via. In realtà sono concetti che ritroviamo nel pensiero del Papa: in uno dei suoi testi risalenti ormai a più di vent’anni fa Benedetto XVI parlava di laicità in questo modo. Lo ritroviamo, poi, anche nel dialogo con Habermas su fede e ragione».

BROGI: Che la religione possa dare un contributo all’interno dello spazio pubblico e che ad esso appartenga – insieme ad altre realtà – è evidente. Ma la laicità va tenuta ferma. Il Papa però, dopo aver esaltato così tanto il concetto di laicità, ha dichiarato una “funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze”. Un concetto che francamente mi pare un po’ totalizzante…».

TOSCANAOGGI: Il Papa aveva toccato l’argomento della laicità anche nel viaggio negli Stati Uniti. Cosa unisce questi due viaggi?

BROGI: «Certo, devo dire che, considerate le forti tensioni che minacciano le nostre comunità mi aspetterei che il Papa parlasse anche del dialogo interreligioso, dell’Islam. È comunque positivo il confronto del Papa con la società della “modernità avanzata”. Spero che si cominci a parlarne anche in Italia, anche se trovo un po’ curioso che sia proprio e solo il Papa oggi, a dare le più ascoltate lezioni sulla laicità».

BELLANDI: «Quello negli Stati Uniti e quello in Francia sono due viaggi emblematici, nei paesi che rappresentano la modernità: una modernità nata proprio ponendosi in antitesi con il passato. Il Papa dialoga con questi mondi senza timidezze, riconoscendo e valorizzando le istanze positive che emergono da questi paesi, da queste culture. Uno dei temi ad esempio è quello della libertà, che ha caratterizzato il pensiero occidentale degli ultimi due secoli: un tema che il Papa riprende mettendo in guardia da un certo libertarismo inteso come assenza di legami».

TOSCANAOGGI: È interessante che, nel dialogare con la cultura francese, patria dell’Illuminismo e del positivismo, il Papa però abbia voluto iniziare il suo discorso con il richiamo alla cultura monastica.

BROGI: «Mi è piaciuto il richiamo fatto sul monachesimo. Quelle sono “radici” che, nel richiamo congiunto al “fare” e alla meditazione, possono insegnare molto all’uomo contemporaneo, anche a chi non ha una visione religiosa della vita».

BELLANDI: «Il Papa ha ricordato il preziosissimo lavoro fatto dai monaci di salvaguardia della cultura, anche della cultura greca, e il fatto che gran parte della cultura europea è stata elaborata proprio come strumento da utilizzare nella ricerca di Dio: quel quaerere Deum che, appunto, era il fondamento di ogni ricerca. Il richiamo alle radici cristiane non è un recupero della memoria fine a se stesso, ma il richiamo a un patrimonio che non si può eliminare a cuor leggero».

TOSCANAOGGI: L’accoglienza che il Papa ha trovato in Francia, in un paese che viene sempre descritto come laico e secolarizzato, ha stupito molti osservatori. Cos’è che attrae e colpisce di questo Papa?

BELLANDI: «Lo stesso era già successo negli Stati Uniti. Credo che da una parte colpisca la sua umiltà: un uomo che si pone in modo umile, che cerca di immedesimarsi con l’interlocutore. Magari per contraddirlo, ma cercando sempre di comprenderne le ragioni. Questo era anche il suo atteggiamento di studioso di teologia, e lo ha mantenuto. Dall’altro lato, colpisce la sua coerenza: quello che dice lo vive in prima persona. Un altro aspetto è che vive e comunica tutto questo con entusiasmo: sono continui i suoi richiami alla gioia dell’essere cristiano. E poi, certamente la profondità e la chiarezza dei contenuti che esprime. I suoi discorsi non sono solo per gli intellettuali: riesce ad esporre concetti molto profondi con un linguaggio piano, usando anche espressioni popolari. Tutto questo fa sì che riesca a comunicare più di quanto i mass media o i maestri del pensiero presupporrebbero».

BROGI: «Il nostro è un mondo che ha bisogno, insieme, di rigore, di profondità e di semplicità. Nell’accoglienza francese al Papa c’è la valorizzazione di questi aspetti, che Papa Ratzinger – come può essere riconosciuto anche da chi non ne condivide certe prese di posizione – cerca a suo modo di esprimere. È sicuramente un uomo di grande cultura teologica e senza dubbio di fede ma il suo apostolato lo trovo poco rivolto alle persone “semplici”; e assai diverso da quello di Giovanni Paolo II che avviò un originale processo di globalizzazione della Chiesa cattolica, contaminando con esso popoli e genti. Prova ne è anche la lontananza dalle persone “semplici” di questo dibattito sulla laicità, che trova sempre più spazio nella cronaca alta dei giornali italiani, toccando un dibattito squisitamente accademico, mentre la cronaca diffusa si concentra sul “vilipendio” della Guzzanti».

a cura di Riccardo Bigi e Claudio Turrini