Toscana

Biagi, un bersaglio «facile»

Dalle difficoltà emerse nello studio dell’azione all’interno dell’Università di Modena, per il timore di essere controllati nell’ateneo, all’annotazione sull’andatura veloce del professor ammazzato dai brigatisti il 19 marzo scorso, con riferimento allo svantaggio di un’azione mentre il docente è «in movimento». C’è anche questo nell’«istruttoria» compiuta dalla Br per l’omicidio di Marco Biagi, nelle 17 cartelle ricavate dalla polizia postale da un floppy disk sequestrato a Roberto Morandi, pubblicate ieri da Repubblica.

Il documento, praticamente «riesumato» dai tecnici – i file erano stati cancellati -, e suddiviso in sei capitoli, contiene l’attività di «osservazione», fra il 18 gennaio e il 27 febbraio 2002, di Marco Biagi, ucciso poi mentre rientrava a casa in via Valdonica a Bologna. Il docente non viene mai chiamato per nome o con il suo titolo, ma è indicato come «soggetto» o «obiettivo», che non ha protezione, «sembra avere una certa regolarità nelle abitudini» e in particolare nell’utilizzo della bicicletta. Di lui si arriva anche a notare di riflesso l’andatura: esaminando «l’opzione» di colpire la vittima mentre rientra a casa dalla stazione, di ritorno da Roma, si spiega: «c’è lo svantaggio che il soggetto è in movimento e su un mezzo che fra l’altro guida con una certa velocità». Lo Stato viene invece definito come «il nemico» laddove, ipotizzando l’azione all’interno dell’ateneo di Modena, si scrive: «L’ingresso nell’università richiede che questo venga effettuato senza travisamenti del viso e quindi con visibilità della fisionomia dei militanti impegnati, ciò significherebbe fornire tracce che potrebbero essere utili al nemico nella reazione».

Tre le possibili «opzioni tattiche» esaminate dai brigatisti, da mettere «in relazione alle variabili legate alle possibili scadenze ed impegni del soggetto», catalogate come casi: «A», relativo agli impegni del lunedì di Biagi all’istituto Dickinson di Bologna; «B», il martedì, in occasione delle trasferte romane al ministero del lavoro; «C» relativo ai viaggi di Marco Biagi a Modena , il lunedì e il mercoledì, per i suoi impegni all’Università. Su una possibile azione dentro l’ateneo modenese, si legge: «Non dovrebbero esserci ostacoli al raggiungimento del soggetto. Sebbene in alcune occasioni di inchiesta due militanti siano stati contattati da una persona per conoscere il motivo della presenza sul posto e quindi ciò potrebbe ripetersi». «Uno svantaggio – è ancora annotato – deriverebbe dal fatto che l’ambiente dell’azione non potrebbe essere studiato liberamente in quanto si riterrebbe inopportuno a questo punto effettuare frequenti controlli sul posto». Nella preparazione dell’attentato i brigatisti, oltre a richiamare sempre l’attenzione sulla presenza di telecamere, in stazione o in strada, verificano anche se la serratura del portone d’ingresso di casa Biagi «faccia rumori nel momento in cui viene aperta» e viene «verificato che emette un rumore non forte ma udibile in quella situazione di silenzio ed amplificazione dei suoni se si è distanti 10 metri».

L’annotazione è riportata con riferimento all’analisi di una possibile azione quando il professore esce di casa presto per prendere il treno per Roma verosimilmente alle 6.30. Fra i camuffamenti, sempre per l’azione in via Valdonica, si ipotizza che «si potrebbe simulare di essere operai edili che devono fare dei lavori in zona e stanno aspettando». Fra le altre questioni, la necessità di trovare eventualmente un deposito per lasciare i mezzi per l’azione, oltre a quello di un eventuale posto dove pernottare e alla valutazione sul possibile orario dell’azione «rispetto ai vincoli di disponibilità delle forze militanti». Fra le conferme richieste una è costante: se davvero Marco Biagi abita in via Valdonica: «L’abitazione corrisponde al domicilio noto?» Da una verifica sull’elenco telefonico la conferma: «Tutto è rimasto invariato» (ANSA).

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