Toscana

Blix: Baghdad deve fare di più. Le ispezioni continuano

Nonostante il “potente segnale” lanciato attraverso la risoluzione 1441 dell’Onu, l’Iraq non sembra aver sinceramente accettato ancora le richieste di disarmo avanzate dalle Nazioni Unite. Lo ha dichiarato ieri Hans Blix, capo degli ispettori della missione Onu sulle armi di distruzione di massa (Unmovic), nella sua relazione davanti al Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro, a New York. Baghdad deve fare di più, secondo Blix. Il regime di Saddam Hussein sta dimostrando “cooperazione con gli ispettori per l’accesso ai siti sospetti”. Ma, la collaborazione non è ancora sufficiente “nella sostanza”.

I due mesi di ispezioni, ha spiegato il capo dell’Unmovic, dimostrano che le autorità irachene devono “fare di più”, come per esempio garantire la totale distruzione delle sue scorte di antrace. Stesso discorso per le riserve di gas nervino. Che fine hanno fatto? Secondo Blix le risposte fino ad ora pervenute da Baghdad “non sono soddisfacenti”. Esistono alcuni rischi, ha detto Blix davanti al Consiglio di sicurezza: le ogive (vuote) ritrovate nelle scorse settimane potrebbero costituire la “punta dell’iceberg” di un più ampio programma di armi chimiche. Baghdad, inoltre, non avrebbe ancora fornito “prove convincenti” che gli arsenali biologici siano stati distrutti effettivamente. Allo stesso tempo, ha incalzato il diplomatico svedese, persistono “interrogativi sostanziali” sul destino riservato ai missili ‘Scud’ dopo la guerra del Golfo del 1991.

Immediate le reazioni all’intervento del capo degli ispettori Onu per il disarmo, Hans Blix, davanti al Consiglio di sicurezza. Russia e Cina, quasi all’unisono, fanno sapere che le ispezioni in Iraq devono continuare. Una posizione sostenuta anche dal cancelliere tedesco Gerard Schroeder. Ma dalla Casa Bianca, Ari Flischer, portavoce del presidente George W. Bush, commenta che con questo ritmo “ci vorranno 300 anni” per portare a termine il lavoro di verifica del disarmo di Baghdad, visto che fino ad ora sono state trovate soltanto 16 testate chimiche delle 30 mila che dovrebbero trovarsi nel Paese arabo.

La posizione degli Stati Uniti non è affatto nuova e su una analoga linea di ‘durezza’ si colloca la dichiarazione del ministro degli esteri della Gran Bretagna, Jack Straw. Saddam Hussein “pratica la dissimulazione”, è stato il commento del capo della diplomazia di Londra di fronte al dossier presentato da Blix. Ma se il responsabile degli ispettori non ha lesinato rimproveri al regime iracheno (“deve collaborare di più”), di tenore ben diverso è stata invece la relazione di Mohammed el Baradei, capo dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica). El Baradei ha chiesto che il Consiglio di sicurezza esprima “sostegno inequivocabile e unito” al processo delle ispezioni in Iraq, al fine di raggiungere “una soluzione pacifica” alla questione irachena. Il capo dell’Aiea, concludendo il suo rapporto, ha dichiarato che l’attività degli ispettori potrebbe ancora evitare l’opzione militare.

La prima presa di posizione ufficiale da parte dell’Iraq è stata quella dell’ambasciatore di Baghdad all’Onu, Mohammed al Douri. “Abbiamo cooperato in pieno”, ha detto il diplomatico ai giornalisti, ribadendo la volontà di collaborare con l’Unmovic e l’Aiea per “risolvere ogni dubbio”. Da parte sua il vicepresidente iracheno Tareq Aziz, in una intervista diffusa dalla televisione canadese Cbc, ha promesso una maggiore collaborazione con gli ispettori dell’Onu per il futuro. Parlando poche ore dopo le dichiarazioni rese al Consiglio di sicurezza dell’Onu dai capi degli ispettori Hans Blix e Mohamed el Baradei, ha aggiunto che vi sono soltanto due contenziosi fra Baghdad e gli ispettori: il problema se gli aerei spia U2 possono sorvolare il Paese e le condizioni in base alle quali gli ispettori possono interrogare gli scienziati iracheni. Aziz ha poi detto alla Cbc che «tutti gli altri aspetti della cooperazione sono stati onorati e noi promettiamo di essere maggiormente cooperativi in futuro in modo da ottemperare alle loro necessita’ in modo per loro soddisfacente».

Il vicepresidente iracheno ha alzato i toni parlando di un eventuale attacco statunitense al suo paese: l’Iraq non tenterà di colpire obiettivi all’interno del territorio degli Stati Uniti perché non ne ha i mezzi e «non vogliamo far torto agli Stati Uniti al loro interno» ma ha spiegato che se l’attacco venisse lanciato dal Kuwait, Baghdad potrebbe colpire l’emirato. L’Iraq – ha sottolineato – risponderà alle truppe statunitensi «da qualsiasi posto essi diano inizio all’aggressione».

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