Toscana

CASA, IN TOSCANA SPROPOZIONE TRA DOMANDA E OFFERTA. RICERCA IRPET

Nel 1951 per comprarsi una casa un lavoratore medio avrebbe dovuto impegnare due anni e mezzo di stipendio. Nel 2003 a parità di condizioni di anni ne servono almeno otto. E molti di più ne occorrono in alcune aree urbane. E’ solo uno dei tanti dati contenuti in una ricerca Irpet presentata questa mattina al seminario su ‘Benessere e condizione abitativa in Toscana’. L’iniziativa, promossa dalla Regione, ha avviato una serie di incontri aperti alla società toscana e volti a costruire una nuova politica sociale della casa, in grado di rispondere a una domanda sociale crescente e diversificata.

La ricerca Irpet evidenzia con chiarezza il peso crescente della voce ‘casa’ nel bilancio delle famiglie toscane, un peso sempre più insostenibile: : “Proprio per questo – ha detto l’assessore regionale alle politiche della casa Riccardo Conti – abbiamo voluto sottolineare la valenza ‘sociale’ del problema e la necessità di costruire a partire da qui le future politiche abitative”. Il tutto in virtù del nuovo ruolo assegnato dalla riforma Bassanini alla Regione, non più partner delle politiche statali, ma organo di decisione autonomo, quindi in condizione di poter orientare le risorse. Proprio in virtù di questo nuovo ruolo la Regione ha già potuto predisporre un primo strumento operativo concreto, un piano-casa del valore complessivo di oltre 300 milioni di euro che, dopo l’approvazione in giunta, dovrà essere sottoposto all’esame del Consiglio regionale. “Alla base del piano e, ritengo, di tutte le future iniziative sulla casa – ha detto ancora Conti – vi è il bisogno di dare risposte flessibili, in grado di interpretare le reali caratteristiche della domanda, superando gli schemi rigidi dell’edilizia agevolata e sovvenzionata presenti nei vecchi programmi statali”. Un esempio? L’assessore cita uno strumento presente nel piano che permetterà a centinaia di famiglie di accedere a contratti di affitto a costi contenuti: “Ci sono decine di migliaia di cittadini che fanno parte di una ‘zona grigia’ che non è mai rientrata nei canoni per accedere all’edilizia pubblica, ma non riesce neppure a affrontare le spese per l’acquisto o l’affitto della prima casa. Mi riferisco a giovani coppie, single, anziani, immigrati E’ a loro che abbiamo destinato una fetta molto consistente del piano, con la quale finanzieremo interventi di riqualificazione, finalizzati a mettere in atto locazioni a canone ribassato”.

“L’obiettivo di fondo del piano – ha evidenziato ancora Conti – è di far sì che l’aiuto pubblico incida in maniera ben più decisiva sull’emergenza abitativa, e che in questo senso funzioni anche da calmiere per il mercato della casa, i cui costi sono lievitati in maniera esorbitante”. “Ma tutto questo – ha aggiunto – dovrà avvenire senza creare agglomerati urbani ex novo: per questo quasi tutti gli interventi saranno di recupero e riqualificazione di aree già edificate e ci restituiranno città più equilibrate e vivibili”. Tutti gli interventi previsti sono stati programmati dalla Regione ma saranno gestiti direttamente dai Comuni nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

La ricercaIl fabbisogno di case aumenta notevolmente ogni anno, mentre l’offerta ha un’evoluzione lenta: è questa sproporzione tra domanda e offerta a determinare l’aumento dei prezzi. E’ questo il punto di partenza dell’indagine Irpet, curata dai ricercatori Stefano Casini Benvenuti e Giovanni Maltinti. La richiesta di case aumenta perché aumentano le famiglie, in particolare per effetto delle separazioni o per la crescita dei cosiddetti single (i nuclei familiari sono il 30 per cento in più rispetto al ’71), per l’arrivo di immigrati (15mila l’anno), per esigenze di mobilità temporanea legate allo studio o al lavoro, oppure per mero investimento. Di fronte a questi movimenti ingenti l’offerta è pressochè ingessata: +1 per cento all’anno. La conseguenza è che aumentano i prezzi degli immobili e sale la forbice della rendita: i costi degli affitti negli ultimi venti anni sono saliti del 70 per cento in più rispetto al’inflazione. Tutto questo ha effetti notevoli sul portafogli delle famiglie: nel 1970 il costo della casa pesava per il 20 per cento sul bilancio delle famiglie toscane, mentre oggi sfiora il 30. All’interno di questo costo la componente che è cresciuta di più è quella degli affitti: nel 1970 il loro peso era del 38 per cento, oggi è del 49, mentre in proporzione si spende meno per la manutenzione (dal 34 al 31 per cento delle spese sostenute per la casa) e per l’arredamento (dal 9 al 4). Il lievitare dei costi produce grosse difficoltà per una fascia notevole di popolazione: secondo la ricerca il 15,7 per cento dei toscani non solo vive in abitazioni piccole o molto piccole, ma spende per la casa più del 30 per cento del suo reddito. Gli alti costi delle case e degli affitti producono una serie di effetti di sistema: l’aumento costante di case non occupate (110mila in Toscana), l’aumento del pendolarismo a raggio sempre maggiore, la tendenza a cercare abitazioni anche a distanza ragguardevole dai centri delle città: a Firenze tra il 1991 e il 2001 l’urbanizzazione del territorio è avvenuta attraverso la crescita di un secondo e terzo anello di comuni esterni alla città, fin oltre i margini provinciali. Allo stesso tempo la casa diviene sempre di più fonte di disagio e non di benessere: il 14 per cento delle famiglie toscane segnala che la casa è troppo piccola, il 19 che è troppo lontana dai familiari, e ancora per il 27 è troppo rumorosa; due toscani su tre (il 65 per cento) ritengono di spendere troppo per la propria abitazione. In un quadro a tinte fosche l’indagine suggerisce almeno due linee di azione pubblica: la prima volta a tutelare i segmenti più deboli della domanda, la seconda a stimolare un miglior funzionamento del mercato per gli altri segmenti che accedono con fatica alla casa: che siano anziani o giovani coppie, single o immigrati. (cs-mo)