Toscana

Calcio giovanile, la fabbrica dei campioni

di Simone SpadaroLe società professionistiche di serie A e i serie B tornano a guardare al calcio giovanile italiano. Ma non solo a quello. Il mercato dei «campioncini», pronti e da inserire in prima squadra è sempre più vasto ed oggi tante squadre guardano anche all’estero dove si riescono a trovare giovani di talento con meno spese. E sono tante le scuole calcio create appositamente per far nascere fuoriclasse del calcio. A volte, un nome sconosciuto che proviene dal vivaio dell’Ajax , anche se non è niente d’eccezionale, tira molto di più di un giovane cresciuto in provincia ma dal nome italiano. «Lo straniero fa sempre notizia». E così le società di calcio hanno creato un mercato parallelo a quello ufficiale dove si cerca d’individuare il forte giocatore che può far cambiare il volto di una squadra. Un tempo, almeno fino alla metà degli anni ’80 tanti imprenditori locali toscani allestivano squadrette dilettantistiche che, al massimo, aspiravano ad arrivare in serie D soprattutto per scaricare le tasse. Molti appassionati di calcio che militavano in Eccellenza o in Promozione godevano di un buon rimborso spese (così si chiamava e si chiamo tuttora) che era, praticamente, uno stipendio e poi, sulla soglia dei quaranta anni c’era la prospettiva di lavorare presso l’azienda dell’imprenditore che foraggiava la squadra. Ora non è più conveniente. È più difficile scaricare le tasse, ci sono meno soldi e manca la pubblicità ecco perché sono nate moltissime società che si occupano solo del settore giovanile e crescono ragazzi da mandare poi nelle società professionistiche. Il Margine Coperta è un esempio illuminante di come si lavora nel settore. È il punto di riferimento dell’Atalanta in Toscana ed è, senza timore di smentite, la miglior scuola calcio a livello nazionale. Lo stesso Pazzini è nato, calcisticamente, al Margine Coperta, è andato a Bergamo ed ora è alla Fiorentina. «Siamo il punto Atalanta da tempo – ci spiega il Direttore generale del Margine Coperta Antonio Bongiorni – ma tutte le decisioni, ci tengo a sottolinearlo, vengono prese in accordo con la famiglia. Vengono da noi ragazzi che hanno terminato la scuola dell’obbligo: 13-14 anni. Alloggiano in un convitto e studiano presso l’istituto agrario di Pescia. Al mattino seguono le lezioni, al pomeriggio si allenano. È vero, abbiamo vinto spesso i campionati regionali e spesso giochiamo e vinciamo le finali nazionali sia a livello di allievi che di giovanissimi ma quando c’è poi da segnalare un giocatore all’Atalanta, decidiamo con i genitori del ragazzo e pensiamo alla soluzione più opportuna e migliore per lui. Gli attaccanti Michele Marconi, classe 1989 e Federico Rispoli, classe 1990, sono gli ultimi due allievi che da Margine Coperta sono approdati all’Atalanta». E come i bergamaschi si stanno muovendo in Toscana anche il Milan che ha come punto rossonero lo Junior Camp nell’aretino. Il Coiano Santa Lucia, vecchia società di Paolo Rossi a Prato, era il punto Juventus. L’Inter prima aveva ottimi rapporti con la Sestese e mantiene buoni contatti col Forte dei Marmi. La Fiorentina si sta organizzando da pochi anni e da quando i Della Valle hanno capito che occorre allacciare rapporti con le società giovanili per contenere i costi. Il direttore sportivo Pantaleo Corvino, in tal senso è un vero talent scout: ha notato Bojinov, tredicenne, in un torneo a Malta e dalla Bulgaria lo ha portato a Lecce prima di rivenderlo, a peso d’oro, ai viola, lo scorso inverno.

C’è una ricerca esasperata: già a sei anni i bambini iniziano l’attività calcistica, a 9-10 anni fanno tornei, spesso a 15-16 anni smettono. Uno su un milione riesce a sfondare e da quando il mercato è aperto agli stranieri è ancora più difficile. Le società, ci spiega Sonia Nuzzi, vicedirettrice di Calciopiù, devono pagare a queste compagini satelliti un rimborso per aver segnalato e fatto crescere il giocatore. Anche su questo, spesso, s’innescano polemiche: esiste una tabella, predisposta dalla federazione, che prevede un premio di preparazione ma le piccole società, di solito, tirano sul prezzo mentre le grandi puntano a risparmiare. Come è immaginabile.

La scheda: 40 mila tesserati e 884 societàIl fenomeno calcio giovanile in Toscana interessa circa 40 mila ragazzi. Questi gli ultimi dati forniti da Fabio Angelini, segretario regionale della Figc per quanto riguarda il settore dilettantistico. «Non è facile dare dati esaustivi anche perché cambiano ogni mese – ci spiega Angelini – di sicuro sono circa 40 mila i tesserati per 884 società affiliate, dati che sono stati aggiornati al 2 settembre. Nella lega dilettanti sono compresi, però, anche i settori del “Calcio a 5” e del calcio femminile e molte società hanno anche questi settori così come molte società hanno come attività prevalente quella giovanile ma hanno anche la prima squadra che milita in Terza Categoria oppure in Promozione. Le società pure, ovvero le società che fanno solo attività giovanile, e si fermano alla squadra allievi, sono 108». La federazione divide i ragazzi in «Piccoli Amici» (6-8 anni), «Pulcini» (8-10 anni) ed «Esordienti» (10-12 anni). Si passa poi ai giovanissimi (12-14 anni) ed agli allievi (14-16 anni). La «Primavera» raccoglie tutti i giovani da inserire, poi, in prima squadra. Da Paolo Rossi a Barzagli, quanti «big» cresciuti alla «Cattolica»DI SIMONE SPADARoE’ una bella storia quella della San Michele Cattolica Virtus, società nata nel lontano 1946, quando nella Firenze postbellica esistevano ancora la Cattolica e la società sportiva del Pignone. La fusione, datata 1951, fu fatta da due personaggi che sono rimasti nella storia della società di Soffiano: Renzo Baldacci e Don Mario Lupori. Quasi una scommessa vinta ma che ha dato anche i suoi frutti: la Polisportiva «San Michele Cattolica Virtus» vanta un palmares invidiabile: ben 3 scudetti conquistati a livello giovanile e ben 16 tornei a livello regionale, senza contare gli innumerevoli giocatori che ha fatto crescere e che poi hanno fatto strada in molte società di serie A. Sono ben sei i giovani atleti che sono finiti quest’anno nel Siena, mentre nelle giovanili della Fiorentina militano Pettinari e Danese, entrambi di scuola Cattolica. In maglia giallorossa è nato calcisticamente l’eroe del Mundial 1982 Paolo Rossi, mentre l’ultimo calciatore che è riuscito a sfondare è Andrea Barzagli, adesso nel Palermo di Gigi Del Neri.

Ma Don Lupori, dall’alto dei suoi 88 anni, parla oggi della sua società con disincanto e con un po’ di amaro in bocca: «La San Michele fin dalla nascita avrebbe dovuto avere un’altra filosofia rispetto alle altre società di calcio e, per certi versi, ha avuto un’altra filosofia nel vedere il calcio. Abbiamo avuto Paolo Rossi – racconta ancora con orgoglio Don Lupori – ed ultimamente Barzagli e, contrariamente ai principi che c’ispirarono quando fondammo la società, i dirigenti di oggi si sono fatti prendere dal demone dello sport e dell’agonismo ed i campioncini di casa nostra li abbiamo ceduti alle squadre professionistiche. Ma è quasi fatale. La società è cambiata: e spesso non è colpa dei ragazzi ma dei genitori che si preoccupano solo che il proprio figlio giochi tutta la partita. È un mondo impazzito – commenta Don Lupori – con genitori che mi vengono a raccontare che “anche la psicologa mi ha detto che il ragazzo non dorme perché ha sbagliato un rigore”. È vero, alla San Michele continuiamo a far giocare i ragazzi ma anche a fargli catechismo: tutte le settimane prepariamo i nostri ragazzi alla Prima Comunione e alla Cresima, il giovedì sera abbiamo la Messa ma oggi, anche queste pratiche vengono messe in secondo piano. Quando fondammo la San Michele avevamo in mente di creare una comunità. Oltre al calcio avevamo costruito una palestra per la pallavolo femminile, avevamo comprato terreni sopra villa Strozzi proprio per queste attività giovanili e tanto mi ha aiutato don Ajmo Petacchi che per venti anni è stato al mio fianco. Ma oggi tutto è cambiato. È cambiato il calcio, la gente, il modo di vivere lo sport. Non abbiamo mai dato soldi ai ragazzi ma oggi, come spesso vado a dire, i giovani non sono più animali religiosi ma solo animali sportivi che pensano di più al motorino o alla discoteca che non ad andare a messa la domenica. A parte il mio pessimismo occorre che i giovani d’oggi non si facciano prendere dal demone della partita, della vittoria a tutti i costi e su questo devono riflettere anche le famiglie che non ci aiutano».

Fermandosi a Firenze, oltre alla San Michele, storica compagine cittadina, merita di essere segnalata la Sales, dei Salesiani di via Gioberti, e la Madonnina del Grappa anche se, recentemente, si è fusa con la società che fa capo alla vicina parrocchia di Rifredi, sempre a Firenze. C’era qualcosa a Borgo San Lorenzo così come tentativi di far crescere giovani calciatori sotto l’ombra del campanile li abbiamo avuti, sempre nella zona di Firenze, a Brozzi ed alla Nave a Rovezzano.

Margine Coperta, la «culla» dei sognidi Marco GiorgettiMargine Coperta (PT). Fino agli inizi degli anni 80 non esisteva neppure il campo da gioco. Poi grazie al grande impegno di alcuni appassionati il sogno si realizza, alla fine del 1982 anche questo piccolo borgo della Valdinievole ha il suo campo di calcio. Quel gruppo di amici, che andò a formare il primo assetto societario, aveva forse pochi mezzi ma idee chiarissime: puntare tutto sui giovani. Pensavano, non a torto, al calcio e allo sport in genere come deterrente alle cattive inclinazioni della nostra società. Ad ogni ragazzo doveva essere garantito un ambiente dilettantistico dove formarsi e crescere al motto: «Calciatori? Forse. Uomini? Senz’altro!». Il buon lavoro svolto nei primi anni attirò l’interesse dell’Atalanta BC (società professionistica di massima serie), che fece di Margine Coperta il suo principale vivaio della Toscana, inserendo nell’organico come direttore tecnico un suo uomo di fiducia, Antonio Bongiorni. Oggi a distanza di 23 anni Margine Coperta è, per i settori giovanili, la principale società calcistica della Toscana. Per 8 volte (negli ultimi 14 anni) campioni regionali dei «Giovanissimi», per 3 volte (negli ultimi 7 anni) campioni regionali degli «Allievi», a questo si aggiunga il titolo di vice-campioni d’Italia «Giovanissimi» conquistato proprio nella stagione 2004/2005. Questi successi hanno sottolineato le capacità di alcuni talenti del vivaio, che in breve tempo sono stati «dirottati» verso Bergamo, arrivando successivamente ad indossare le maglie di società di serie A. Gianpaolo Pazzini, Fausto Rossini, Igli Vannucchi, Biagio Pagano e Tiberio Guarente, sono ormai inseriti a pieno titolo negli organici di Fiorentina, Empoli e Atalanta. Da non dimenticare «Chicco» Pisani, (scomparso tragicamente nel 1997) a cui è stata dedicata la scuola calcio, che a metà degli anni novanta con la maglia dell’Atalanta fu il primo ragazzo, del vivaio di Margine Coperta, a debuttare nella massima serie.

Probabilmente rispetto ai primi anni lo «spirito ideale» che aveva fatto muovere i primi passi si è notevolmente professionalizzato; tutto è molto più programmato, cercando di finalizzare al meglio ogni tipo di energia profusa verso i ragazzi. Ogni giovane dotato calcisticamente può divenire un potenziale investimento. Raggiunta l’età di 14 anni, la società di appartenenza, può farlo visionare dalla società di serie A di riferimento (nel caso di Margine l’Atalanta, ma sono «presenti» in Valdinievole altri grossi club) che avendo il diritto di prima scelta può acquisire il ragazzo e trasferirlo verso la casa madre. Altrimenti la società che lo ha fatto crescere può proporlo ad altre squadre, magari di minor rango. Se pensiamo che un organizzatissimo servizio di pulmini raccoglie , nei giorni di allenamento, i ragazzi da varie province vicine alla Valdinievole per portarli al campo, e che altri giovani provenienti da città toscane molto lontane sono totalmente ospitati in un convitto, possiamo facilmente immaginare le dimensioni economiche raggiunte dai settori giovanili. A tutti i giovani prescelti e ospitati nelle «Case del giovane» delle grosse società, è garantita la possibilità di studiare, ma quanto può essere importante quest’ultimo dettaglio per un adolescente che si ciba di pane e calcio tutto il giorno? Solo pochissimi di coloro, che già vengono prescelti, riescono per un certo periodo di tempo a raggiungere il «sogno», i molti «spariscono» nelle serie minori, proprio come i sogni che il mattino si porta via… ma nessuno sa dove.

L’intervista: Barni (Csi): «Educhiamoli a saper perdere»di Vittorio VannucciStavolta non è il solito grido d’allarme. Le società sportive, che dovrebbero essere organizzate per fare crescere nel gioco del calcio i loro giovani iscritti, sono snaturate dal fenomeno dei rimborsi a nero concordati agli operatori delle società e dal ben più grave problema del passaggio di bambini-calciatori da un sodalizio all’altro, a suon di milioni. Il calcio giovanile è competizione sfrenata. Non si può far niente per recuperare questa situazione? Ne abbiamo parlato con Pierpaolo Barni, presidente regionale del Centro sportivo italiano, ente che raggruppa società caratterizzate per avere al centro della loro attività un solido impianto educativo d’ispirazione cattolica.

Presidente Barni, a quali meccanismi è dovuta la crisi del calcio giovanile?

«Le società di base all’origine sono nate per il calcio giovanile, concentrandosi esclusivamente sul suddetto ambito. Ma allo scopo di non perdere tesserati, queste si sono attrezzate divenendo società di calcio dilettanti. Ecco che molto è cambiato, specie in termini di costi da coprire nei confronti degli operatori tecnici. Purtroppo le modalità di finanziamento costituiscono la preoccupazione primaria di un sodalizio».

In quest’ottica va inserita la compra-vendita di giocatori bambini da una società all’altra. «Si tratta di una delle piaghe che sta affliggendo il calcio al livello giovanile. Non esistono più sponsor che si impegnino a garantire una cospicua parte di entrate alle società, così queste -per necessità o ancor peggio per interesse- mettono in moto la “macchina” del mercato dei piccoli possibili talenti. Dobbiamo porre fine al fenomeno, magari suggerendo alla Federazione italiana gioco calcio di istituire un premio, da offrire a quelle società che hanno seguito la crescita e l’educazione dei ragazzi, spezzando il filo del giro di soldi».

Le realtà sportive cui fa capo il Csi in cosa si differenziano dalle altre?

«Noi del Csi guardiamo prima di tutto alla persona e alla sua valorizzazione, prescindendo dal perseguimento dei risultati. Da un punto di vista organizzativo facciamo leva sulla forza del servizio volontario di tanti nostri dirigenti. Però anche tra di noi sta facendo capolino il problema delle spese: arbitri da pagare, affitti dei campi sportivi da sostenere, non è semplice andare avanti».

La competizione spinta all’eccesso, altra spia che ci dice della crisi del calcio giovanile.

«Non solo spia, ma soprattutto causa della crisi che stiamo vivendo. A questo proposito grosse responsabilità vanno imputate ai genitori dei bambini impegnati nell’attività sportiva. Le società tollerano in maniera passiva la spinta eccessiva alla competizione. La federazione ha predisposto delle regole per addolcire tale “ruvidezza”, istituendo gradualmente squadre a cinque, sette, nove, undici giocatori. Ciò non ha portato a cambiamenti tangibili: la natura del problema è culturale».

Quali misure adottare nei confronti delle società, per risollevare il calcio dalla decadenza?

«Bisogna convincere le società a dotarsi di figure professionali nel campo dell’educazione. Mancano cioè educatori che si rapportino con i giovani, forti di una particolare visione dello sport e della vita. Gli allenatori di calcio hanno il brevetto della scuola di Coverciano, ma non sono pedagoghi. In breve, quale potrebbe essere il motto della «battaglia» culturale all’agonismo sfrenato?

«Educare alla sconfitta».

I circoli AnspiAnche negli oratori Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia) ragazzi e giovani giocano a calcio. Lo fanno in incontri sportivi secondo calendari più o meno strutturati. «Lo sport – commenta il presidente regionale dell’Anspi don Florio Giannini – è terreno di preevangelizzazione, è espressione di gioia e di rendimento di grazie a Dio per il dono della vita». Nella scorsa primavera, tra l’altro, l’Anspi è stato riconosciuto dal Coni ente di promozione sportiva. Un riconoscimento festeggiato in questi giorni nella festa nazionale di Bellaria (Rimini), dove hanno preso parte diverse squadre di calcio (una, l’aretina «Locomotiv», ha vinto il torneo amatori). «Festa che introduce le attività calcistiche promosse nei singoli comitati zonali» – commenta don Romano Morelli (Anspi Fiesole) – : da Siena ad Arezzo, incontri per i piccoli dei miniscarabocchi o scarabocchi (il nome già sintetizza il modo giocoso con cui, secondo l’Anspi, occorre vivere l’esperienza sportiva, ndr) fino agli amatori capaci di coinvolgere decine di oratori e gruppi spontanei nati all’ombra del campanile o… nelle immediate circostanze.

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