Toscana

Cardoso e Fornovolasco, dieci anni dopo nei paesi rinati

di Marco LapiI morti non si dimenticano: anzi, si fa di tutto per ricordarli. Cardoso e Fornovolasco, i due paesi più colpiti dall’alluvione del 19 giugno 1996, non sono da meno. E se il piccolo centro garfagnino ha voluto dedicare la sua piazza principale a Marco Fornaciari, il geologo della Regione che qualche settimana dopo perse la vita durante un rilievo sui versanti devastati del Monte Forato, nella frazione di Stazzema la memoria sembra aleggiare in ogni angolo.

Colpiscono, nel decimo anniversario della tragedia, la lapide in chiesa che ricorda come il loro sia solo un arrivederci o le candele accese al centro della navata, su un impetuoso fiume di stoffa con sassi e legna che va però a gettarsi in un lago di petali dai colori della pace. Oppure la poesia dedicata alla piccola Giulia e deposta ai piedi del monumento con l’angelo che la ricorda, là dove le acque la portarono via, o, ancora, il terzo libro che Giuseppe Guidi – stavolta in collaborazione con il fotografo Pietro Ruffolo – ha voluto scrivere sulla vicenda che ha tagliato in due la sua vita, lui che quel maledetto giorno ha perso la moglie, i genitori, la sorella, la cognata e un nipote, rimanendo solo con il figlio Leonardo di appena 22 mesi.

Ma se i morti non si dimenticano, non possiamo nemmeno scordare come Cardoso e Fornovolasco sono risorti, come il cosiddetto «modello Versilia», primo esempio di gestione di un’emergenza delegata dallo Stato a una Regione, abbia consentito in tempi assai rapidi il ritorno alla normalità, la messa in sicurezza delle valli, la ricostruzione. «Parliamoci chiaro: se non ci fossero state le vittime oggi sarebbe solo una grande festa», ha esclamato, non a caso, il ministro Vannino Chiti, che all’epoca dei fatti era presidente della Giunta regionale e fu nominato commissario per la ricostruzione su iniziativa dell’allora ministro degli interni Giorgio Napolitano e del capo della protezione civile Franco Barberi. Una carica che Chiti condivise con Paolo Fontanelli, oggi sindaco di Pisa, che in pratica si trasferì nell’ufficio appositamente costituito a Pietrasanta. Una prossimità quotidiana, la sua, con amministratori e volontari, comitati civici e semplici cittadini che non mancarono di palesare, come lo stesso Fontanelli ha ricordato, una diffidenza che fu poi vinta sul campo. La paura, infatti, era che passata la fase dell’emergenza le popolazioni fossero lasciate sole. Invece la solidarietà non venne meno e si manifestò anche nella disponibilità a dirottare qui consistenti risorse regionali per l’edilizia pubblica, necessarie alla ricostruzione. Che avvenne in tempi rapidi, ma non esattamente dove prima e come prima, proprio allo scopo di aumentare il livello di sicurezza.

Come Fornovolasco, oggi Cardoso è un paese decisamente rinato e, poco più a valle, anche Pontestazzemese, sede del Comune, ha sanato le sue ferite. Eppure, come ha ricordato ancora Chiti, resta ancora da fare. C’è ad esempio da curare quei castagneti abbandonati che tanta parte ebbero nel disastro, per via della forza d’urto e poi dell’effetto diga delle piante trascinate a valle perché ormai troppo debolmente radicate nei magri e ripidi versanti. Come? Anche ipotizzando, perché no, lo sfruttamento del legname come fonte energetica rinnovabile.

Ma forse occorre anche altro: c’è da non abbassare la guardia sul fronte di quella concordia che il dramma comune fece risorgere immediata e spontanea tra le persone di una terra dal carattere certo non facile. Dispiace, ad esempio, che la celebrazione del decennale sia stata accompagnata da polemiche sul mancato coinvolgimento dei protagonisti della precedente amministrazione comunale, usciti di scena con le elezioni di due anni fa.

E dispiace che l’articolazione del programma di lunedì 19 abbia di fatto relegato in secondo piano la preghiera e la tavola rotonda sulla salvaguardia del creato coordinate dal parroco don Mario Mencaraglia e a cui hanno partecipato rappresentati di diverse religioni (cattolica, valdese, islamica, ebraica, buddista) oltre a diversi parrocchiani.

Da questo punto di vista, forse il lavoro di ricostruzione non è finito: con un po’ di buona volontà da parte di tutti, ci sarà tempo e modo per portarlo ancora fruttuosamente avanti. E la messa presieduta a tarda sera, al termine della tradizionale fiaccolata, dal vicario di Pisa mons. Antonio Cecconi, sul nuovo meraviglioso altare di marmo donato dallo scultore Gianfranco Tommasi, è stata certo il miglior viatico per questo cammino su cui proseguire.