Toscana

Cl, la storia e i volti della Toscana del «Gius»

di Marco Lapi«Dagli anni del seminario, vivevo come nell’attesa e in una ricerca appassionata di qualcosa d’altro rispetto al clima culturale della fine degli anni Sessanta, che riduceva l’esperienza della fede a conseguenze sociali, culturali e politiche, e al tradizionalismo della parrocchia, con il suo associazionismo che non produceva attrattiva. Qualcosa che doveva pur esserci, ma non sapevo dove né come». Don Silvano Seghi, parroco di San Michele a San Salvi e responsabile regionale di Comunione e Liberazione, ricorda così gli inizi della sua esperienza ciellina a Firenze, ai tempi in cui era giovane curato di Santa Maria al Pignone. Prima di diventare prete aveva avuto modo di seguire l’esperienza di Gs a Castelfiorentino e a Empoli, gruppi che con il movimento avevano però più un legame di ispirazione che di appartenenza reale.

Quell’incontro iniziale doveva comunque avere un seguito. Nel gruppo giovanile di don Silvano capitò da Rimini un liceale, Pierfrancesco Amati, che poi sarebbe a sua volta divenuto sacerdote. Nei pressi della parrocchia abitavano inoltre alcuni universitari fuorisede provenienti soprattutto da Rimini e Sansepolcro. Era il primo nucleo ciellino del capoluogo toscano e il giovane prete ebbe modo d’incontrarlo. Alla fine del 1971 don Silvano e alcuni ragazzi della parrocchia seguirono Pierfrancesco per una vacanza a Rimini. Nel settembre successivo, l’intero gruppo giovanile partecipò alla tre giorni di Gs a Pesaro. «C’erano con me 28 ragazzi – ricorda don Seghi – e avemmo modo di incontrare anche don Giussani. Ricordo che si meravigliò molto che ci fosse un gruppo fiorentino, tenuto conto del clima che in quegli anni si respirava in città».

Pesaro 1972 segnò quindi il decollo di Cl a Firenze e il gruppo giovanile di Santa Maria al Pignone cominciò a seguire stabilmente il movimento e a proporlo nelle scuole medie superiori frequentate, coinvolgendo presto ragazzi di tutta la città, compreso chi scrive. Contemporaneamente, nacque anche un gruppo di lavoratori, seguito da don Bruno Gori, e presto il movimento si diffuse un po’ in tutta Toscana, addirittura fino all’Isola del Giglio.

Una presenza che cominciò presto a farsi notare all’interno delle diverse Chiese locali. Sempre a Firenze, il cardinale Florit fu colpito molto positivamente dalla grande partecipazione di Cl alla messa della Domenica delle Palme del 1975 in piazza San Pietro e dalla successiva assemblea pomeridiana del movimento nell’Aula Nervi messa a disposizione da Paolo VI, ma già l’anno precedente aveva incontrato don Giussani in occasione di una sua visita in Toscana. In quegli anni, grande apprezzamento verso Cl fu espresso anche da Giorgio La Pira, che partecipò anche ad una «scuola estiva» promossa dal movimento. «Intravedeva in noi – ricorda don Seghi – un presente nuovo per il futuro della Chiesa e della città di Firenze, e si faceva maestro e discepolo al tempo stesso».

Giunse poi il periodo dell’episcopato del cardinale Benelli, che aveva già incontrato Cl come sostituto della Segreteria di Stato vaticana. Alla fine del 1977, pochi mesi dopo il suo ingresso in diocesi, la comunità fiorentina del movimento si recò a Roma in udienza nell’Aula Nervi ed ebbe così l’onore di essere destinataria del primo e unico pronunciamento pubblico di Paolo VI su Cl, che si disse molto attento all’affermazione del movimento e del suo programma.

Tre anni dopo, presso la fiancata del Duomo di Siena, Giovanni Paolo II avrebbe abbracciato don Silvano Seghi, che gli era stato presentato dallo stesso cardinale di fronte a una schiera di ciellini toscani in festa. Durante l’episcopato di Benelli, dopo la maturità, quattro responsabili giessini entrarono in seminario: Paolo Bargigia, Andrea Bellandi, Giovanni Paccosi e, l’anno dopo, Paolo Milloschi. Don Paccosi è ora in missione in Perù con Andrea Aziani e Dado Peluso, che avevano seguito i primi passi degli universitari a Siena, e cura da quasi un anno per Toscanaoggi la riflessione sulla Parola.

Negli anni Ottanta e Novanta, così come in questo primo scorcio del nuovo millennio, l’esperienza di Cl in Toscana è cresciuta come nel resto d’Italia e nel mondo, superando anche diffidenze e pregiudizi. Ma senza mai seguire un progetto o un programma elaborato a tavolino: «Il movimento – sottolinea infatti don Silvano – è un avvenimento imprevedibile a noi stessi, ne siamo prima di tutto sorpresi noi. Non corrisponderà mai a idee o punti di vista già elaborati. E il Meeting di Rimini, ad esempio, mostra questa caratteristica a livello ormai mondiale».

Oggi i ciellini toscani sono poco più di 2000, suddivisi nei tradizionali ambiti di Gs, universitari e adulti. Questi ultimi, come gli amici delle altre regioni e nazioni, sono in gran parte iscritti alla Fraternità di Cl, associazione universale di fedeli generata dal carisma di don Giussani e riconosciuta da Giovanni Paolo II nel 1982. «Si tratta – spiega Riccardo Grazzini, presidente diocesano di Firenze – di cristiani che scelgono liberamente e spontaneamente di mettersi insieme per aiutarsi a realizzare la vocazione ricevuta con il battesimo. Ed è un’associazione universale perché destinata a diffondersi nel mondo intero: non a caso è presente nei paesi di tutti i continenti, mentre a livello regionale lo è in tutte le diocesi».

Oltre agli esercizi annuali, gli iscritti sono richiamati a versare una quota mensile (il «fondo comune»), liberamente decisa, come gesto, spiega Grazzini, «per un incremento della coscienza della povertà come virtù evangelica e del distacco dalle cose come condizione di un vero possesso, secondo l’insegnamento di San Paolo». A questo si aggiungono poi i ritiri regionali o diocesani durante i tempi liturgici.

Gli universitari del Clu sono presenti in tutti e tre gli atenei toscani. «Quello che ci muove – spiega uno studente di Scienze Politiche – è un modo di vivere come “passione per”, come “amore” che nasce dall’incontro con una compagnia umana guidata al Destino, dall’incontro con Cristo. Una passione e un amore che ci fanno sentire familiare tutta la realtà in cui siamo chiamati a vivere: dall’impegno nello studio, al rapporto con i professori, dalla rappresentanza studentesca, portandoci a “rischiare” in Università una presenza propositiva». Oltre alla Scuola di Comunità, cui partecipano tutti gli aderenti al movimento, gli universitari di Cl vivono anche momenti educativi come la caritativa, il coro, le attività culturali, organizzano a ogni inizio d’anno i banchetti di accoglienza matricole e alcuni di loro sono impegnati nell’attività di rappresentanza studentesca con la «Lista Aperta», libera da schieramenti partitici. «Ognuno – aggiunge l’universitario ciellino – può incontrarci nelle Facoltà chiedendo di noi presso le stanze dello “Student Point” o del “Per l’appunto” e leggendo i vari appuntamenti sulla bacheca “Tracce” presente in ogni Facoltà».

«In molte scuole della Toscana, da quando i primi hanno incontrato Gioventù Studentesca – racconta a sua volta don Paolo Bargigia – è cresciuta una presenza che ha avuto una inaspettata continuità nel tempo. Nella scuola i giessini vivono, testimoniano la sorpresa di aver incontrato un’esperienza di bellezza e verità, propongono la Scuola di Comunità, incontri sullo studio, giornalini scolastici. In questi ultimi anni è inoltre cresciuta una bellissima realtà di studenti delle medie inferiori che è commovente per il modo con cui riesce ad incontrare il desiderio di felicità di tanti ragazzi e la domanda educativa di tanti insegnanti e genitori».

Il pellegrinaggio a Loreto: In duemila dalla nostra regioneper ringraziare la Madonna«Guarda l’arcobaleno, sembra che nasca proprio dalla Santa Casa!». Lo stupore di Fiorenza contagia immediatamente il marito Stefano e gli amici fiorentini presenti con lei a Loreto. I figli Tommaso e Marta, più fortunati, sono con gli amici di Gs appena fuori dalla piazza e ce l’hanno fatta a visitare il Santuario mariano. Loro invece sono finiti nell’ultimo spiazzo in basso, di fronte a uno dei tanti maxischermi disposti attorno al centro cittadino. Ma non importa, perché anche quell’arcobaleno dopo una pioggia intensa ma breve è un segno della giornata di grazia che ha caratterizzato la celebrazione del 50° di Cl.

Erano quasi 2000, quindi quasi al gran completo i ciellini toscani giunti sabato 16 ottobre nella città marchigiana. Mischiati agli altri 43 mila amici provenienti da tutta Italia – mentre all’estero analoghi gesti di ringraziamento sono stati compiuti presso i più importanti santuari mariani dei vari paesi – hanno seguito la recita del rosario e il successivo intervento di don Julián Carrón, il sacerdote spagnolo che da qualche tempo affianca don Giussani alla guida del movimento. E proprio al fondatore è andato il suo pensiero: «È stato ed è tramite lui, la sua persona, il suo sì a Cristo che noi abbiamo potuto conoscere chi è Gesù… Grazie, don Giussani, per la tua vita, per la tua testimonianza, per l’amore al nostro destino. Senti oggi il clamore della gratitudine dei tuoi figli. Sei stato tu a farci conoscere il cristianesimo come un avvenimento». Un avvenimento «che accade qui ed ora», proprio come nella Santa Casa accadde per la prima volta grazie al «sì» di Maria.

Calorosissimo, all’inizio della Messa, il saluto dell’arcivescovo di Loreto Angelo Comastri, originario di Sorano e già vescovo di Massa Marittima-Piombino, che ha esordito ricordando l’anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II avvenuta esattamente 26 anni prima, quasi alla stessa ora. Più che una coincidenza, un altro segno e un altro motivo di «immensa gratitudine» in questa giornata. Ma in fondo, ha sottolineato Comastri, la gratitudine è una sola perché «don Luigi Giussani non ha voluto altro se non quello che ha voluto il Papa: ha voluto ricordarci che il cristianesimo è Gesù Cristo».

La concelebrazione eucaristica è stata presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che nell’omelia ha ricordato le parole del Pontefice nella Novo millennio ineunte, già citate dal fondatore di Cl nella lettera inviata lo scorso gennaio al Papa («Non una formula ci salverà, ma una Persona») come «cuore della passione educativa e comunicativa dell’esperienza cristiana come è vissuta e riproposta dal movimento di Comunione e Liberazione». Alla fine, sono stati ricordati i tanti messaggi pervenuti nonché quelli in partenza, tra cui la risposta al telegramma del Papa letto in precedenza dal presidente del Pontificio Consiglio per i laici monsignor Stanislaw Rylko, e l’augurio a don Giussani per i suoi 82 anni, compiuti proprio il giorno prima. Un altro motivo di festa. O, più semplicemente, un altro segno.

«Memores», Cdoe «Studium Christi»Nel corso della sua storia, Cl ha visto nascere, oltre alla Fraternità, numerose forme di vita associata, parte delle quali vissute all’interno del movimento come aiuto e sostegno alla propria particolare vocazione, altre aperte a tutti. «A partire dagli anni ’60 – racconta Mariella Carlotti, una dei responsabili toscani – alcuni giovani chiesero a don Giussani di essere seguiti in una vita di verginità totalmente dentro il mondo, che avesse come scopo quello di portare la presenza di Cristo negli ambienti di lavoro, attraverso la propria persona cambiata dalla memoria del Signore. Nacquero così i Memores Domini che l’8 dicembre 1988 la Santa Sede ha approvato come “Associazione ecclesiale privata universale”.

In Toscana la prima casa – maschile – dei Memores Domini è nata, alla fine degli anni ’70, nelle vicinanze di Monte Oliveto, dall’amicizia tra don Giussani e un monaco olivetano, padre Teodoro Capra.

Negli anni ’80 è nata una casa a Firenze e all’inizio degli anni ’90 una a Grosseto, a totale servizio della diocesi e delle sue opere educative, su iniziativa dell’allora vescovo mons. Angelo Scola. Ma è soprattutto negli ultimi dieci anni che tanti giovani, soprattutto a Firenze, hanno iniziato il cammino dei Memores Domini. Oggi, in Toscana, quella dei Memores è una realtà di una dozzina di case, disseminate ormai ovunque».

Di un’altra esperienza parla don Andrea Bellandi, preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. «La fraternità sacerdotale dello Studium Christi – spiega – nasce agli inizi degli anni ’90 a Milano, quando un gruppo di sacerdoti aderenti a Cl chiesero a don Giussani di essere aiutati a vivere la vocazione alla santità, nella forma propria del sacerdozio, a partire dall’esperienza del carisma che li aveva investiti incontrando il movimento. Da questa richiesta è iniziato un cammino di “fraternità” – dentro l’unica Fraternità ufficiale di Cl – che si è progressivamente approfondito e allargato anche ad altri gruppi di preti in Italia e nel mondo.

I preti dello Studium Christi sono aiutati a vivere la loro vocazione – all’interno della Chiesa e nello stesso movimento – non come funzione o ruolo da assolvere, ma come espressione compiuta del proprio io. In questo senso, nei raduni non sono messi a tema innanzitutto i “problemi pastorali”, bensì l’esperienza che ognuno vive e la tensione alla conversione personale.

In Toscana esistono due gruppi, uno a Firenze (cui partecipano anche sacerdoti delle diocesi di Prato e di Fiesole) e uno ad Arezzo, che si ritrovano settimanalmente per aiutarsi in tale cammino e contribuire così alla vita e alla missione della Chiesa tutta, anche incrementando un rapporto di amicizia con altri sacerdoti che, pur non vivendo l’esperienza di Cl, ne condividono tuttavia la stessa passione educativa per la persona».

Aperta a tutti, «a qualunque esperienza politica e religiosa appertengano», è invece la Compagnia delle Opere, nata nel 1986 come «strumento di aiuto e di condivisione rispetto alla condizione lavorativa, vissuta e concepita come rischio personale», secondo le parole del vicepresidente regionale Stefano Capretti. I soci della Cdo – che oggi conta oltre 30 mila imprese associate, con più di 20 sedi in Italia – sono essenzialmente imprese, o attività libero professionali, senza alcuna distinzione di categoria o settore del mondo del lavoro. La Cdo, spiega ancora Capretti, «si caratterizza per una tendenza alla sinergia ed alla collaborazione tra le imprese associate, il cosiddetto “fare con”, e per aver portato alla ribalta della società italiana, con iniziative incisive e fortemente partecipate, tematiche peculiari come la libertà di educazione o la promozione del principio di sussidiarietà».

Fin dall’inizio, oltre a lavorare anche nel campo dell’orientamento e ricerca occupazionale, ha avuto al suo interno anche il settore delle attività «non-profit», da sempre considerate non come attività residuali o relegate al campo del volontariato, ma come imprese a tutti gli effetti. E proprio in questo campo sono sorte, anche in Toscana, alcune opere particolarmente significative, come il Banco Alimentare o il Banco Farmaceutico, ma anche organizzazioni come l’Avsi, ong riconosciuta dalle Nazioni Unite, che opera con progetti di cooperazione internazionale in circa 50 paesi del mondo e che ogni anno promuove la raccolta delle «Tende di Natale». Altro ambito in cui le «opere» della Cdo sono particolarmente numerose e vitali è quello della educazione e della formazione: la Foe, Federazione delle Opere Educative, raccoglie la rete delle scuole pubbliche non statali associate alla Cdo, che anche in Toscana «sono significativamente presenti – sottolinea Capretti – in ogni ordine e grado».

La storia: dal Berchet al mondoMilano, 1954. Un giovane sacerdote, don Luigi Giussani, presto detto «il Gius», inizia a insegnare al Liceo Berchet, e dà vita, con i primi studenti incontrati, all’esperienza di Gioventù Studentesca, che ben presto si diffonde anche nel resto del Paese, coinvolgendo migliaia di giovani. Nel decennio successivo, però, anche Gs sembra essere travolta dalla crisi del 1968 ma riparte nel 1969 prendendo il nome con cui oggi è conosciuto, Comunione e Liberazione. Inizia un’espansione senza confini che vede il movimento affermarsi anche in diversi paesi esteri e contemporaneamente rendersi presente in ogni ambito della vita, suscitando reazioni anche violente da parte degli estremismi politici degli anni Settanta e patendo incomprensioni anche all’interno della Chiesa. Ma il riconoscimento pontificio, preceduto dalle attestazioni di stima di Paolo VI negli ultimi tempi del suo pontificato, non tarda ad arrivare: nel 1982, infatti, Giovanni Paolo II approva la Fraternità di Cl, ovvero l’associazione che riunisce gli adulti del movimento. Due anni prima, nel 1980, aveva intanto preso il via a Rimini l’annuale esperienza del Meeting per l’amicizia tra i popoli, appuntamento di fine agosto destinato presto a divenire una proposta culturale di livello mondiale e che quest’anno ha celebrato i 25 anni di vita. Seguendo l’invito del Papa, il movimento continua la sua diffusione nel mondo ed è attualmente presente in 75 Paesi. Le proposteOltre all’invito alla preghiera e alla normale vita sacramentale, Cl invita i suoi aderenti e chiunque lo desideri a un gesto, in genere settimanale, di catechesi e di confronto: la Scuola di comunità, che consiste nella lettura e nel paragone con testi di Giussani.

A tutti i livelli del movimento (Gs, Clu, adulti) sono proposti poi gli esercizi spirituali annuali, che per gli adulti della Fraternità si svolgono tutti gli anni a Rimini: un gesto che si è voluto mantenere unitario anche quando gli iscritti nei diversi Paesi e continenti sono divenuti così numerosi da rendere impossibile il ritrovarsi in uno stesso luogo. Così, dal 1995, a Rimini si recano quasi esclusivamente gli iscritti italiani mentre gli altri seguono le meditazioni nei rispettivi paesi o in contemporanea via satellite o in differita mediante videocassette.

Altro proposta importante è quella delle vacanze comuni, generalmente in montagna, che fin dagli inizi hanno costituito una delle occasioni educative privilegiate.Per saperne di piùLa rivista ufficiale del movimento è il mensile «Tracce», diffuso in tutto il mondo in varie edizioni nazionali. Il numero di ottobre 2004 è interamente dedicato al 50° del movimento e vi è anche allegato un supplemento sul Meeting. In occasione dell’anniversario è stata anche realizzato il video «Comunione e Liberazione – Viaggio ai confini del mondo», trasmesso su RaiUno il 10 settembre scorso e ora disponibile in VHS e DVD. Altra interessante opera sulla storia di Cl sono i due volumi di don Massimo Camisasca, «Comunione e Liberazione – Le origini (1954-1968)» e «Comunione e Liberazione – La ripresa (1969-1976), editi dalla San Paolo. Per maggiori informazioni e acquisti ci si può rivolgere alle sedi locali del movimento o alla segreteria regionale, viale Matteotti 8 Firenze, tel. 055-574479, e-mail clfir@iol.it. Il libro di Camisasca è ovviamente disponibile anche presso le Librerie San Paolo. Da ricordare, infine, il sito internazionale www.clonline.org. Sansepolcro: gli inizi nella prima comunità toscanaFu una cosa imprevedibile. Come tutti gli inizi, accadde quasi per caso. Sansepolcro, vicino ad Arezzo, era il 1966: un gruppo di giovani tra 16 e 18 anni. Ci si trovava spesso per discutere insieme. Di tutto. Alcuni credevano, io no, e ricordo lo sforzo degli altri per convincermi, per «convertirmi». Mi fecero conoscere un loro amico prete, don Battista Gregori, uno di Bergamo trapiantato in Valtiberina, poco più di trent’anni, segretario dell’allora Vescovo Abele Conigli, studi alla Gregoriana fatti di recente. Ricordo ancora quel primo incontro: un uomo sorridente, leale con il cuore suo e quello degli altri, faceva venire a galla le nostre domande vere, prima sepolte tra tanta noia e supponenza di provincia.

Poi l’incontro con Serena Agnoletti, una ragazza di Forlì dagli occhi celesti, faceva allora la prima liceo classico: ci colpì subito la sua letizia e la chiarezza di giudizio che aveva sulla vita. Fu lei che convinse don Battista a portarci ad un incontro di Gioventù studentesca a Milano Marittima, vicino Rimini, dove prima di iniziare l’anno scolastico i «giessini» di don Giussani tenevano una tre giorni. Partecipammo agli incontri senza capire letteralmente niente, o quasi.

Poi, a gruppi, il «raggio», cioè un momento di ripresa di quanto ascoltato, guidato da uno più grande. Fu una cosa travolgente sentire agitare questioni paragonate con la vita reale, in modo vero, sincero, con una capacità di ascolto e di silenzio impressionanti.

Da lì, consapevolmente, tutto ha avuto inizio. Don Giussani venne due volte a Sansepolcro, valorizzando il nostro tentativo, ascoltandoci, aprendoci ad una possibilità affascinante che lasciava intravedere infinite mosse della nostra libertà. Capimmo che era lì non per caso, ma per noi. Sentendo i suoi occhi addosso, eravamo trapassati da un impeto di bene, una cosa dell’altro mondo. Ci disse la prima volta: «Quello che voi avete appena cominciato…è per sempre!». Don Giussani, don Francesco Ricci di Forlì, don Battista: la loro storia si intrecciò moltissimo, fatta di un’amicizia che era all’origine di una responsabilità verso di noi ragazzi, che appena intuivamo, ma ne potevamo comunque godere in tutti i nostri rapporti.

Il primo esito di tutto ciò si vide nelle scuole dove eravamo: un giudizio nuovo su tutto, il fascino dello studio, delle letture che facevamo, di quello che iniziavamo a capire. E poi una apertura al mondo, così reale che dal Mozambico al Vietnam, dal Brasile all’Est europeo e ai bambini di Nomadelfia, ospitavamo, aiutavamo e incontravamo tantissima gente. Poi iniziò l’Università, il lavoro, i trasferimenti: ovunque portavamo la certezza di una vita nuova già iniziata, possibile per tutti. Io andai a Perugia, Enzo Arnone a Firenze, Mario Baroni a Grosseto, suo fratello Gilberto a Sondrio… è impossibile ricordare tutti, ma non è più storia di allora: ancora più grande e più vera e la storia del nostro oggi, grata ad ogni istante in cui un nuovo inizio, gratuitamente, accade.Egisto Mercati