Toscana

Commercio e turismo: persi 11 mila posti di lavoro. Confcommercio: rischio collasso

La politica non metta in liquidazione le imprese. È questo lo slogan lanciato da Rete Imprese per la giornata di mobilitazione nazionale. L’obiettivo è mettere in evidenza la situazione di assoluta difficoltà che stanno attraversando le imprese – come dimostra il fatto che nel 2012 ha chiuso un’impresa ogni minuto – e l’impoverimento del tessuto socioeconomico a causa della crisi.

Più precisamente tra gennaio e settembre del 2012 il commercio in Toscana ha perduto 1751 imprese su un totale di 101.429, cui si assommano le altre 432 dei servizi di alloggio e ristorazione su 30.518. Ciò significa che nel complesso il settore commercio e turismo in 9 mesi ha visto chiudere quasi 2.200 imprese, che tradotto in unità lavorative significa 11 mila posti perduti solo nel commercio e nel turismo, cioè 30 ogni giorno. Per questo motivo l’obiettivo prioritario irrinunciabile di politica economica per chiunque governi a tutti i livelli deve essere l’impresa.

«Non possiamo assistere impassibili a questa emorragia di imprese che sta impoverendo il tessuto economico di una regione considerata da sempre una delle più ricche sotto il profilo qualitativo. Per questo intendiamo chiedere con forza alle istituzioni, nazionali e locali, di adoperarsi per intraprendere tutte le misure possibili di sostegno. Ogni giorno si chiudono altre imprese – dichiara il presidente di Confcommercio Toscana, Stefano Bottai – e ogni giorno si introducono nuove tasse e gabelle. Si aumenta l’Iva, si vara una nuova tassa sui rifiuti decisamente più gravosa di quelle attuali, si rincara il costo dei servizi energetici. Poi ci si chiede come mai le entrate tributarie non coincidano con le attese. Sir Winston Churchill diceva che una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico. Ebbene il secchio, se nessuno se ne fosse accorto, ora si sta rompendo. Dobbiamo invertire la tendenza se non vogliamo ridurci in uno stato di povertà diffusa. E dobbiamo farlo proprio dando respiro alle imprese, facendo ripartire i consumi e quindi stimolando nuove assunzioni».