Toscana

«Compro oro»: quello che luccica non è sempre sicuro

di Simone Pitossi

Oltre un milione di euro di valore relativo a oggetti preziosi sequestrati e un’evasione fiscale stimata in circa due milioni di euro. Sono questi i dati principali di un’operazione condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Firenze nei confronti di dieci attività di commercio al dettaglio di preziosi, i cosiddetti «compro oro». In alcune di queste attività commerciali le Fiamme Gialle fiorentine hanno sequestrato 158 orologi di marche prestigiose, svariati chili di preziosi e – addirittura – due forni per fondere oro, oltre a stampi per realizzare lingotti. Nel corso delle indagini sono anche emersi indizi di ricettazione e, inoltre, non è stata fornita dai detentori dei preziosi la giustificazione della loro legittima provenienza. La Finanza di Arezzo ha riscontrato che un terzo dei compro oro è illegale o irregolare. Addirittura durante le ispezioni hanno scoperto anche truffe ai danni dei clienti attraverso bilance «truccate»: sottraevano così 2 grammi dal peso effettivo dei preziosi conferiti. Sono notizie di questi giorni. E, ad emergere, non è che la punta dell’iceberg di un fenomeno in rapida espansione. Chi non ha notato uno di questi negozi nel suo quartiere o nella sua città? Chi non ha avuto per le mani un volantino con offerte mirabolanti? I «compro oro» nascono come funghi. La maggior parte apparsi dal nulla. Secondo alcune stime sono oltre 28 mila in Italia, con un movimento di circa 400 tonnellate di metalli preziosi, per un giro di affari stimato che supera i 7 miliardi di euro all’anno.

Ma, come detto, non è tutto oro quello che luccica. A fronte di una proliferazione, negli ultimi tempi, di questi negozi c’è una carenza di trasparenza a cominciare dalla «oggettiva difficoltà per la tracciabilità dei passaggi di mano, in ragione di un quadro normativo che necessiterebbe di un intervento di attualizzazione, anche a beneficio di una maggiore trasparenza fiscale». A sollecitarlo è stato il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, che ha precisato come il «sostenuto sviluppo del settore, che può essere interpretato anche come sintomo della forte difficoltà economica che investe alcuni ceti sociali, è un fenomeno tutto italiano». Il ministro ha denunciato come tutto ciò abbia «generato un mercato sommerso che non di rado finisce con l’alimentare condotte delittuose, l’usura la ricettazione e il riciclaggio e, specie in alcuni contesti, è agevole ipotizzare come dietro tale commercio si celino interessi della criminalità organizzata». Secondo l’avvocato Ranieri Razzante, presidente di Aira (Associazione italiana responsabili anti-riciclaggio) e consulente della Commissione parlamentare antimafia, «il 60 per cento dei negozi compie azioni illecite o criminali. Ed è una stima per difetto». Infatti, è stato sufficiente controllare solo 3 mila di questi negozi per giungere ad individuare 113 milioni di euro non dichiarati, Iva evasa per 36,5 milioni e 31 evasori totali.

Ma chi si rivolge ai «compro oro»? Secondo un inchiesta dell’Adoc (Associazione Difesa e Orientamento Consumatori) le persone interessate sono il 30% in più rispetto allo scorso anno e tra questi spiccano pensionati, padri di famiglia, studenti. E perché si ricorre alla vendita dei preziosi di famiglia? La maggior parte sono spinti da sofferenza economica e sovra indebitamento. Chi non riesce a pagare la rata del mutuo, le bollette, le scadenze mensili va a vendersi la collanina della comunione o l’anello della mamma. Secondo l’Eurispes, gli effetti devastanti della crisi economica – bisogno immediato di liquidità e condizioni di accesso al credito restrittive – portano come risultato che l’8,5% degli intervistati risponda di preferire la vendita del proprio oro, piuttosto che fare ricorso ad un prestito in banca. Ma certamente sono anche allettati dal rialzo del prezzo dell’oro che nell’ultimo anno ha subito una impennata del 40% (negli ultimi cinque anni il prezzo è salito del 160%). «A ben vedere – spiega Adoc –, molti, forse troppi consumatori vendono per ottenere liquidità. Poiché l’Ambulatorio Antiusura Onlus di Roma ha lanciato un preoccupante allarme, atteso che la qualità dell’attività dei “Compro Oro” e le regole del gioco non sono state ancora ben regolamentate, il rischio è quello di alimentare l’operosità di nuovi usurai abilmente nascosti tra i moltissimi commercianti onesti».

C’è anche una proposta di disegno di legge, presentata in Parlamento ad aprile scorso. Tra i sostenitori dell’iniziativa don Luigi Ciotti. Nel Ddl si propone di istituire un apposito registro «delle attività» di compravendita di oro tenuto dalle Camere di commercio, si stabilisce l’obbligatorietà della tracciabilità degli oggetti e metalli preziosi mentre si estende ai «compro-oro» le disposizioni in materia di riciclaggio. Don Ciotti afferma che oggi c’è «la certezza della presenza delle mafie» anche in questo settore. E questo, chiarisce, senza «criminalizzare nessuno e tantomeno gli operatori onesti». «Ma non ci si può nascondere – aggiunge – che in un momento drammatico di crisi come l’attuale, quello del “compro oro” rappresenta una straordinaria opportunità di arricchimento e di riciclaggio per la criminalità. A questo punto, se si parla di etica come si fa oggi, occorrono certezze sull’approvazione di una norma come questa».Quindi, demonizzare una categoria no. Importante però è regolamentare il settore, scoprendo i disonesti. E mettere in guardia i consumatori da possibili truffe o raggiri.

E tutti i lingotti portano in svizzera

Ma che fine fa l’oro venduto? Tutte le strade portano il Svizzera. Nel 2011 l’Italia si è piazzata, con 116,5 tonnellate, al terzo posto nel mondo dietro alla Cina come produttore di «oro riciclato», ovvero nella vendita da parte di singoli di oro usato e scarti di lavorazione.

Dietro al boom delle esportazioni in Svizzera ci sono due fenomeni: da un lato l’esplosione dei «compro oro», e dall’altro la crisi dei distretti orafi italiani, che a sua volta determina la rivendita – da parte delle banche italiane – dei lingotti agli istituti di credito elvetici da cui li avevano acquistati in precedenza.

Ci sono poi i dati di Banca Etruria, l’istituto di credito con sede ad Arezzo che ha un ruolo centrale a livello nazionale nella compravendita di oro. I numeri dicono che i distretti orafi di eccellenza come Arezzo – al quale si affiancano Vicenza e Valenza Po – sono in discesa verticale: nel 2002 in Italia si producevano 412 tonnellate di gioielleria, nel 2011 solo 93,8, rispetto peraltro alle 116 tonnellate del 2010 (–20%). Le componenti della domanda del metallo pregiato sono tre: gioielleria, uso industriale (come protesi dentistiche) e oro da investimento. Se la seconda è marginale (circa il 6-7% del totale), la prima copre il 50% della domanda, ma è in discesa, mentre sale la terza componente, oggi al 40% circa. Ed è quest’ultima a incidere sulle esportazioni al di là delle Alpi. Ad esempio, nel 2010 Banca Etruria ha venduto 300 chili di oro da investimento, nel 2011 1,7 tonnellate.

Il fenomeno è stato evidenziato dall’Istat: a gennaio 2012 l’export dei lingotti è aumentato del 149,8% rispetto al 2011, anno in cui il comparto ha segnato +109% sul 2010, portando il dato complessivo delle vendite 2011 nella confederazione elvetica a +35,6% sul 2010. Le stime preliminari di aprile 2012 sul commercio estero con i Paesi extraeuropei confermano il trend: la Svizzera (+12,4%) è al terzo posto dopo Giappone e Opec nel novero dei mercati più dinamici.

Parlando sempre di numeri sono 120 le tonnellate di lingotti d’oro esportate nel 2011 dall’Italia verso la Svizzera. Un aumento del 65% rispetto al 2010 quando le esportazioni erano state di 72,5 tonnellate. In valore, l’aumento è stato ancora più significativo grazie all’impennata delle quotazioni dell’oro nel corso del 2011: +105%, da poco più di 2 miliardi di euro a 4,27 miliardi. Tra l’altro c’è un’azienda alle porte di Arezzo che tratta almeno la metà di quest’oro. È la Italpreziosi che commercia e recupera metalli preziosi.

I consigli di Adoc per chi vuole vendereEcco qualche consiglio pratico che l’Adoc suggerisce ai consumatori interessati a vendere il proprio oro. Intanto è necessario che il consumatore si aggiorni costantemente sulle quotazioni dell’oro prima di vendere, per evitare e prevenire la possibilità di ottenere meno denaro di quanto realmente valgano i propri preziosi. Fare, altresì attenzione alla purezza dell’oro che si vende. Di regola la quotazione dell’oro di riferimento è quello a 24 K. Se si possiedono oggetti d’oro 18 K è necessario sapere che esso è il cosiddetto «oro impuro» ovvero composto dal 75% di oro e 25% di altre leghe e il prezzo, in genere, dovrà essere decurtato del 25%. Il peso. Si consiglia al consumatore di pesare preferibilmente il prezioso da sé su una bilancia digitale o farselo pesare da un gioielliere di fiducia prima di portarlo alla vendita. In ultimo fare attenzione a che il pagamento dell’oro sia effettivo e non venga invece proposto un semplice scambio di preziosi. Diffidare, infine, da chi non chiede alcun documento per la compravendita. Tutte le transazioni devono essere regolarmente registrate.