Toscana

Consumi, crisi nera per i piccoli negozi

di Ennio CicaliÈ il dato peggiore, da quando l’Istat rileva l’indice delle vendite al dettaglio (aprile ’96): mai si era registrata una flessione così alta, -3,9 per cento nel mese di aprile, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Per l’Italia centrale, e quindi anche per la Toscana, la botta è stata meno forte: -1,4%. Il segno negativo non risparmia nessun genere: per gli alimentari la flessione è del 3,6% a livello nazionale, un meno 4% tondo tondo, per gli altri prodotti. Il record precedente risale al maggio 2004 con -3,2 per cento. Il bilancio di molte famiglie è in crisi, si risparmia sul mangiare, ma anche sull’abbigliamento, calzature e articoli in cuoio e da viaggio, mobili, cartoleria, liberi e giornali, gioielli e orologi. Non si salvano i prodotti tecnologici, finora usciti pressoché indenni dalla caduta dei consumi, dalle televisioni alla foto ottica, dagli strumenti musicali alle dotazioni per l’informatica. La caduta coinvolge anche i telefonini (meno 3,6 per cento) che sembravano essere «intoccabili», quasi il paradigma del benessere nazionale. La crisi è devastante per i negozi a conduzione famigliare, dove lavorano al massimo in tre persone, in provincia di Firenze, comunica Confesercenti, il saldo 2004 tra aperture e chiusure è di -380 e nei primi mesi di quest’anno sono già 41 gli esercizi che hanno chiuso. La situazione non è tranquilla neppure a livello regionale, anche se sembra meno drammatica di quella nazionale, almeno secondo i dati finora disponibili di Unioncamere Toscana – Istat, sull’andamento annuale del 2004. Le vendite hanno subito una flessione, causata soprattutto dai risultati non buoni della distribuzione tradizionale, sia per i prodotti alimentari sia per gli altri generi. Vendite in aumento (+1 5%) nella grande distribuzione, sia per i prodotti alimentari sia per gli altri, ma con un risultato complessivo notevolmente distante da quello del 2003 (+3,6%). Fa riflettere il pessimo risultato del quarto trimestre, quello che comprende le spese natalizie. È difficile vendere, quando i compratori sono restii a spendere. Lo dice uno studio dell’Ipsos, ricerche di marketing, da titolo emblematico «Comprare in recessione». Critico, a dir poco, il quadro di riferimento costituito da un’indagine telefonica su circa mille consumatori: il 48 per cento delle famiglie riesce a fatica a mantenere stabile il tenore di vita acquisito. Quasi tutte, l’86 per cento, fa molta più attenzione ai prezzi, il 32 rinvia le spese importanti, il 51 ha abbandonato il marchio di fiducia per uno più economico, il 53 perde più tempo nella spesa per cercare di risparmiare.

I compratori in fuga dalle botteghe si orientano verso la grande distribuzione. A maggio Unicoop ha registrato un aumento del 6 per cento di clienti e del 2 nelle vendite, una crescita a cui non corrisponde un aumento di fatturato: «I margini sono diminuiti considerevolmente, per effetto dell’abbassamento dei prezzi del 2,8 per cento rispetto allo scorso anno», rileva Claudio Vanni. Clienti, sottolinea Vanni, particolarmente attenti al risparmio e alla qualità.

Le speranze sono ora rivolte ai prossimi saldi, per consentire a molti negozi di riprendere fiato: «Attendiamo con ansia l’inizio dei saldi di fine stagione – dicono alla Confesercenti di Firenze – Abbiamo lanciato una campagna “saldo amico” proprio per rassicurare i consumatori e aiutare una ripresa dei consumi. La situazione, infatti, non si prospetta facile. A Firenze sulla base del nostro osservatorio il crollo delle vendite nei primi mesi di quest’anno è del 5% rispetto allo stesso periodo del 2004. Nel solo settore dell’abbigliamento la stagione invernale si chiuderà con un -22%. La sensazione è che ormai i consumatori rinviino tutti gli acquisti meno urgenti e taglino anche sulla qualità dei prodotti alimentari. Non è una questione di prezzi: anzi questi sono ormai fermi da mesi, nell’ortofrutta e in altri segmenti dell’alimentare sono addirittura in calo. Si avverte una vera e propria questione di “sfiducia” dei consumatori, aggravata dal costo crescente di servizi che una volta erano considerati voluttuari, ma che ora stanno diventando primari».

In una possibile ripresa spera Franco Scortecci, presidente di Confcommercio Toscana: «A livello regionale, pur in un panorama a tinte scure, i consumi sembrano in minor difficoltà rispetto alla media nazionale – dice – L’andamento generale dà l’impressione di non essere così negativo come in altre regioni d’Italia, soprattutto nel meridione. È un piccolo spiraglio di luce, in un’economia pur sempre in difficoltà, che ci fa ben sperare per il futuro».

All’inizio di ogni mese sul sito www.prezzinvista.it. sarà possibile conoscere l’andamento dei prezzi al consumo e sulle tariffe dei servizi, sulle loro variazioni, sul diverso comportamento nelle città e nelle province della Toscana. I dati saranno forniti dal Sistema regionale dei prezzi al consumo, in collaborazione fra il settore statistica e l’ufficio tutela del consumatore della Regione.

La storia/1: due stipendi e due figlidi Riccardo BigiUna famiglia «normale»: due stipendi (discreti), due figli, una casa di proprietà comprata quando fortunatamente costavano meno di adesso, tre automobili. E la spiacevole sensazione che far quadrare i conti a fine mese diventi sempre più complicato. Leopoldo è impiegato in una grande azienda fiorentina, la moglie Michela è maestra in una scuola materna; circa 1.700 euro di stipendio lui, circa 1.300 lei, in due guadagnano tremila euro al mese o poco più. La figlia più piccola, Federica, fa le medie; Luca, 21 anni, è all’università. «In questo momento – sorride il padre – lui è quello che incide di più sulle spese, ma d’altra parte abbiamo avuto vent’anni anche noi, si sa com’è. Cerchiamo di non fargli mancare niente, e anche lui si arrangia con qualche lavoretto». Nel bilancio familiare pesano anche il telefono (200 e ogni due mesi, tra telefonate e collegamenti a internet) e poi riscaldamento, acqua, elettricità: circa 3.500 e l’anno se ne vanno per pagare le bollette. Poi ci sono le auto: una familiare, per i viaggi e le vacanze, e due utilitarie («comprate usate», precisa Leopoldo). In tutto 1.500 euro l’anno di assicurazioni, e la benzina: «Solo io – sottolinea il capofamiglia – spendo 150 euro al mese per andare da casa al lavoro. Non ho mai avuto la passione per le auto ma per noi, che abitiamo fuori città, purtroppo sono necessarie». Poi, ovviamente, i beni di prima necessità: «Circa 150 e alla settimana – racconta Leopoldo – se ne vanno per fare la spesa, anche se cerchiamo di risparmiare tra supermercati, discount, offerte di ogni tipo; e non mangiamo certo la bistecca tutti i giorni. Per i vestiti non spendiamo molto, fortunatamente non abbiamo mai avuto la passione degli abiti firmati».

E i figli? Danno tante soddisfazioni, ma anche tanti pensieri. E tante spese. «Per Federica spendiamo almeno 350 e l’anno per i libri di scuola; per Luca ci sono 1.200 e l’anno di tasse universitarie. A lui diamo anche 150 euro al mese di paghetta, che riesce ad amministrare molto bene per le sue necessità e per qualche “vizio”». A proposito di «vizi», la famiglia ne ha davvero pochi: «Le cene al ristorante per noi sono un evento raro. Ci piace la musica, c’è il corso di flauto per Federica, Luca ha avuto il computer nuovo dopo la maturità. Ci piace la tecnologia, ma non andiamo certo a inseguire le ultime novità o a cambiare il telefonino tutti i mesi. Diciamo la verità, non ci manca niente, ma dobbiamo anche stare attenti a non fare spese esagerate. E se capita una spesa extra (la lavatrice che si rompe, un guasto alla macchina…) due stipendi non bastano più, bisogna attingere al conto in banca».

E i soldi che restano? «Se fai due conti – dice sorridendo il capofamiglia – vedrai che resta molto poco. E poi ci sono le vacanze, è l’unica cosa su cui siamo disponibili a spendere qualche soldo in più». Quest’anno c’è in progetto una settimana tra Parigi e Eurodisney, tutti insieme; poi Luca andrà a Colonia, alla Giornata mondiale della Gioventù, mentre il resto della famiglia farà una settimana di mare in Sardegna. Viaggiare con i figli costa caro, sottolinea Leopoldo, ma vale la pena: «Tutti gli anni se ne vanno 3-4 mila euro. Ma le vacanze sono un momento importante per la famiglia, sono ricordi che restano. Finché possiamo, a quelle non si rinuncia».

La storia/2: una famiglia di pensionatidi Claudio Turrini«La un mi faccia passa’ pe’ un poveraccio. A noi e un ci manca nulla». Paolo, 68 anni, pensionato da dieci, me lo ripete due o tre volte, anche prima di salutarsi. Ci tiene a non essere ascritto alla categoria di chi si lamenta, perché «basta guardarsi indietro e vedere chi sta davvero peggio». E poi lui non si vuole piegare alle mode consumistiche: «La mi’ nonna l’ha visto i’ mare a 75 anni», aggiunge sorridendo. Lui e sua moglie, Paola, 60 anni, casalinga, vivono a Firenze in una casa in affitto. Quattro stanze diventate forse anche troppe dopo che i due figli si sono sposati. L’affitto gli ha sempre portato via quasi la metà dello stipendio. Nel ’63, quando si sposò, prendeva 70 mila lire e ne pagava 30 mila per quell’appartamento. Oggi ha una pensione di 1.327 euro e ne paga 423, grazie ai contratti convenzionati con il Comune («ma il prossimo anno mi scade… speriamo bene»), ai quali se ne aggiungono 150 di condominio, comprensivi però del riscaldamento centralizzato. A lavorare ha cominciato da ragazzo, arrangiandosi per racimolare qualche soldo. E anche con l’arrivo del posto fisso, alle Poste, si è sempre dato da fare con piccoli lavoretti per portare a casa qualche lira in più. Anche perché la moglie ha sempre fatto la casalinga «ma mai la bambola», precisa subito, anzi «s’è sempre data da fare. Anche ad aiutare il prossimo». La pensione arriva come un fulmine ad appena 58 anni, il giorno in cui raggiunge i 40 anni di contributi. Glielo comunica una collega mentre è a lavoro: «è arrivato un fonogramma… da oggi sei in pensione. Vai a casa». Non gli danno neanche i giorni di ferie avanzati. Ci vorrà qualche anno per vincere una causa di lavoro e veder riconosciuti, sotto forma di indennizzo, i propri diritti. Circa 9 mila euro che in parte gli servono a cambiare la macchina. «Avevo una Panda 30 che la un ne poteva più. E così l’ho cambiata: 5 mila euro chiavi in mano e per tre anni senza bollo».

La liquidazione, 32 mila euro, l’ha messa tutta in banca, investita in Bot. È la sua «polizza» per la vecchiaia. Finora è riuscito a non intaccarla grazie anche a qualche entrata straordinaria, come la causa vinta e una polizza vita (9 mila euro). Quello che rimane della pensione mensile («speravo aumentasse da gennaio, e invece…») tolta la spesa per la casa, e per le bollette (55 euro circa di telefono, più Enel e gas) gli è sufficiente per vivere dignitosamente. «Certo, basta stare attenti – ci spiega –. Io gli zucchini a 7 euro al chilo e un gli compro. Aspetto. Ora li vendono a 50 centesimi».

La spesa – «mangiamo soprattutto frutta e verdura» – la fa al mercato centrale. Ma qualcosa lo compra anche sotto casa «perché poverini, mi fanno pena… devono campare anche loro». Niente cinema o spettacoli, niente cene a ristorante e per muoversi usa la bicicletta. Le medicine a lui le passa il servizio sanitario, alla moglie no. Per vestirsi, compra sulle bancarelle del mercato. «Questi pantaloni – mi spiega – gl’ho pagati 10 euro». E le vacanze? «All’Albereta o alle Cascine», risponde ridendo. «E qualche volta si piglia la Panda e si va a Vallombrosa o al mare, ma sempre dalla mattina alla sera. Ci si porta dietro due panini… Ma il caffé si piglia lì, così s’aiuta anche loro».

Il rapporto Istat sulle vendite del commercio (aprile 2005)

Unioncamere Toscana

L’osservatorio toscano dei prezzi (www.prezzinvista.it)

Il sito «prontoconumatore» della Toscana

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