Toscana
Coop, dalla Toscana una risposta alle critiche: «Uniamoci»
Cosa rappresenta la cooperazione in Toscana?
Doddoli. È un fenomeno sociale ed economico di grande rilevanza. Rappresenta il 10% del PIL toscano, ma soprattutto è in continua crescita, e cresce più di quanto cresca l’economia della nostra regione. Inoltre è bene dire subito che la Costituzione Italiana, nell’articolo 45, riconosce il valore della cooperazione. Chi non ha capitali, può e deve poter mettere a frutto le sue qualità, le sue idee e realizzare un’impresa.
Tilli. In Toscana la cooperazione ha una lunga e bella storia alle spalle. Questo è stato recepito in una legge regionale, che mette fortemente in rilievo i valori della solidarietà. In Toscana abbiamo realtà importanti nel settore dell’agricoltura, delle Banche e del sociale. Con particolare attenzione a tutte le realtà di servizio alle persone.
In questi mesi, quasi quotidianamente, il mondo cooperativo viene accusato di tutto. Non pagate le tasse, siete collaterali ai partiti del centrosinistra….
Tilli. I valori su cui si fondano le cooperative nascono dal mondo socialista e cattolico democratico. Certo noi con la disgregazione della Democrazia Cristiana abbiamo rafforzato la nostra autonomia. Ma anche, per quello che conosco, la Lega si muove negli interessi dei suoi soci e non dei partiti politici della sinistra. Possiamo riflettere fino a che punto oggi sia arrivata questa autonomia. Certamente le cooperative si muovono, come un sindacato, scegliendo di volta in volta, con chi stare nell’interesse esclusivo dei propri associati. E spesso siamo insieme per ottenere i migliori risultati.
Doddoli. Per parlare di cooperazione e politica ci vorrebbe molto tempo, anche perché ci sono state diverse fasi storiche. Talvolta, come nel primo dopo guerra la cooperazione ha aiutato in modo determinante lo Stato, pensiamo alla ricostruzione; negli anni ’70, per esempio, è lo Stato che aiuta il movimento cooperativo, pensiamo alla legge Marcora. La cooperazione nasce e si sviluppa in mercati deboli e con la politica ha un rapporto di simbiosi. Quando lo Stato si ritrae, perché non ce la fa più, nasce la cooperazione sociale. Quando la cooperazione garantisce i prezzi, pensiamo a quello che ha fatto Unicoop Firenze, fa supplenza allo Stato. Dalla metà degli anni ’90, direi, che non c’è più alcun collateralismo con i partiti del centro sinistra. Oggi c’è una nuova cultura di impresa. Le cooperative partecipano alle gare di appalto come tutte le altre aziende. Non chiediamo e non abbiamo mai chiesto trattamenti di favore.
Tilli. Riconosco che in voi è forte il senso di autonomia. Oggi tutti noi dobbiamo stare sul mercato. Forse in altre regioni ci può essere ancora qualche forma di collateralismo.
Doddoli. Da noi, no. Anzi in Toscana vedo spesso momenti di conflittualità fra la Lega e le Pubbliche Amministrazioni, per esempio nel settore della cooperazione sociale. Dove talvolta si pensa che utilizzare le cooperative debba coincidere con prezzi più bassi. Talvolta nella nomina di persone in rappresentanza delle Pubbliche Amministrazioni nelle Società sarebbe opportuno che si valutasse sempre la loro professionalità, e quindi si potrebbe anche attingere dai dirigenti del mondo cooperativo. Autonomia non significa emarginazione.
Quale tipo di cooperativa dobbiamo immaginare per il futuro, a quali valori si deve ispirare?
Tilli. Con una punta di «invidia» devo dire che il modello dell’aggregazione scelto dalla Lega si è dimostrato vincente, basti pensare alla Unicoop Firenze, che è riuscita accorpando diverse piccole realtà a diventare, oggi, la più grande cooperativa di consumo in Italia. Dobbiamo aggregarci, per fare economia di scala, per far fronte ai nuovi servizi, soprattutto nel sociale, che ci vengono chiesti. Vogliamo essere presenti con servizi alla persona, con personale qualificato e adeguatamente retribuito. Le nostre Banche cooperative devono, per esempio, fare passi avanti per allearsi. Se rimangono piccoli poteri locali, come spesso accade, possono dare poco impulso allo sviluppo. Mentre tutti sappiamo quanto bisogno c’è di un loro intervento. Le nostre 33 banche con 288 sportelli devono puntare più sul servizio che sul guadagno. Questo può essere determinante per sviluppare la democrazia economica in Toscana.
Doddoli. La cooperazione è chiamata a svolgere un ruolo nuovo, attualizzando la nostra storia e i nostri valori. Ci sono dei settori della vita economica, dove le nostre scelte diventano strategiche. Pensiamo alla casa: non può essere tutto lasciato alla sola politica pubblica. Ma anche la grande distribuzione cambierà. Oggi la quota destinata alla spesa alimentare è del 15-16% del reddito, mentre i servizi assorbono il 21% della spesa di una famiglia. Se ci sono richieste di servizi sull’assistenza, sull’infanzia la cooperazione deve dare delle risposte. Pensiamo a quello che Tilli diceva sulle Banche. Noi abbiamo il dovere e la responsabilità di intercettare queste sfide. E queste sfide non le vinceremo se non mettiamo insieme le nostre storie, che in larga parte sono comuni. Già adesso, è bene ricordare, che le nostre aziende sono mediamente 4 volte più grandi dell’azienda media toscana: con una media di 19 addetti, contro 3,9.
Vanni. La forma cooperativa, credo, garantisce di più la Toscana. Se abbiamo prezzi più bassi, questo garantisce che tutti abbassino i loro prezzi. È importante che recuperiamo, arricchiamo il nostro sistema di valori, ora che anche altre imprese si rendono conto dell’importanza dell’interesse collettivo dell’economia. Non possiamo correre il rischio dell’omologazione. Dobbiamo rimarcare la nostra diversità. Il nostro essere cooperatori deve vivere nelle scelte che facciamo quotidianamente.
Cacioli. È importante sottolineare che le nostre imprese hanno una vita media più lunga di altre aziende. Le nostre cooperative, riescono a selezionare una classe dirigente, che le fa crescere e progredire più agevolmente e lungamente delle aziende «familiari». Inoltre, non dimentichiamo mai, che nelle cooperative gli utili vengono reinvestiti, creando un valore sociale che in altre realtà non c’è. Spesso, anche nella nostra regione si hanno imprese povere con imprenditori ricchi, questo non avviene nel mondo della cooperazione, perché si crea una ricchezza più diffusa.
Il mondo cooperativo è il vero motore della nostra economia?
Tilli. Certamente sì. Innanzi tutto esso rappresenta un vero futuro per i nostri giovani. Senza capitali, ma solo con le proprie capacità imprenditoriali, si può mettere in piedi un’azienda. Inoltre le nostre assemblee per l’approvazione dei bilanci sono partecipate, sono esempi concreti di democrazia sociale. Alle scelte della cooperativa, di qualunque cooperativa, partecipano tutti. E questo non si trova da nessun’altra parte. Le cooperative sono veramente un laboratorio di democrazia. Qualche volta mi domando perché non si mettano insieme. Anche perché sulle questioni importanti, già lavoriamo uniti. Con obiettivi comuni, fianco a fianco.
Doddoli. Io faccio una proposta. Creiamo a livello toscano un organismo fra la Lega e Confcooperative è chiamiamo te a presiederlo. Sono sicuro che una scelta di questa natura sia matura fra i nostri dirigenti, e potrebbe rispondere alle sfide che ci attendono. Difendere meglio i nostri soci.
«La nostra attenzione sottolinea il presidente di Confcooperative è puntata ora verso il regolamento di attuazione che darà operatività ai Caic, i Centri di assistenza per imprese cooperative che sono la grande novità della legge». Non solo. In questa legge, secondo Doddoli, «si dice che la promozione di nuova cooperazione è una delle necessità della Regione e a tale scopo si da vita a questi centri di servizi ai quali chiunque che voglia creare cooperazione possa accedere». «Questi centri di assistenza conclude Doddoli dovrebbero essere unici e non soltanto unitari perché altrimenti anche la promozione rischia di produrre divisione a seconda se un gruppo di giovani si rivolga alla Legacoop o a Confcooperative. Questo lo dobbiamo superare».
I dati, contenuti nel secondo «Rapporto» dell’Osservatorio regionale toscano sulla cooperazione, pubblicato nel 2004 («Le imprese cooperative nel sistema economico della Toscana») ci dicono che il 23% è concentrato nella provincia di Firenze e impiega il 33% degli addetti; seguono Lucca e Pisa dove l’incidenza delle imprese è di circa l’11%. Ma sul piano occupazionale la seconda provincia per importanza è Livorno, con il 13%.
Complessivamente gli addetti alle cooperative in Toscana sono circa 63 mila corrispondenti al 5,6% dei lavoratori, con il comparto sociosanitario ed educativo che ne assorbe da solo il 20%, mentre il commercio ne occupa il 14,6%. La dimensione media, 17 addetti per impresa, è significativamente maggiore rispetto alla media delle imprese non cooperative, inferiore a 4 addetti. Inoltre, il settore dell’intermediazione finanziaria (ovvero le Banche di Credito cooperativo) registra una media di 48 unità; il settore dei trasporti di 35; quello delle attività estrattive 32; infine, il settore delle attività professionali e imprenditoriali registra una dimensione media di 20 unità. Le «microcooperative» quelle fino a 5 addetti sono l’87,2% sono prevalentemente presenti nel settore delle costruzioni, nelle attività immobiliari e in campo agricolo.
Solo il 52,9% delle cooperative toscane aderisce alle centrali riconosciute (Legacoop, Confcooperative, AGCI, UNCI). Si tratta di 2.094 imprese presenti in tutto il territorio regionale e in tutti i settori produttivi, che impiegano 52.211 addetti di cui 14.680 nei servizi sociali, sanitari ed educativi (il 28%), circa 9.000 nel commercio e anche nei servizi professionali, 7.800 nel settore dei trasporti e della logistica.
Nel complesso le persone associate alle cooperative sono 1,65 milioni ovvero il 47% della popolazione toscana; il fenomeno è riconducibile principalmente alla grande distribuzione delle cooperative di consumo che raccolgono 1,47 milioni di soci (il 42% della popolazione regionale). I soci lavoratori sono 28 mila, di cui 16 mila maschi e 12 mila femmine. Il fatturato di queste imprese raggiunge i 5 miliardi di euro, di cui circa 3 miliardi sono riconducibili alla grande distribuzione.
Le cooperative non associate sono attorno alle 1.900 unità (47,1%) e occupano circa 16 mila lavoratori. Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio regionale, se non ci si associa è nel 19,5% dei casi per mancanza di informazioni e nel 34% perché non si crede che da tale adesione derivino dei vantaggi. Un 28% ha però dichiarato di voler aderire in futuro ad una centrale.
Osservatorio regionale sulla cooperazione