Toscana

Cspo, un buco da 9 milioni

di Simone Pitossi

«Investimenti sbagliati, servizi sottopagati, situazione contabile in stato «confusionale». È questa la versione dei fatti esposta in una lettera da Giancarlo Maltoni, commissario straordinario del Cspo (l’istituto scientifico di prevenzione oncologica di Firenze). La missiva è stata inviata al presidente della giunta Regionale Claudio Martini lunedì 2 luglio. Maltoni spiega così il debito di 9 milioni di euro – circa 18 miliardi di «vecchie lire» – che è arrivato come un fulmine a ciel sereno. E, soprattutto, dice di «non essere stato messo al corrente di alcuna situazione di anomalia nella situazione della gestione finanziaria del Cspo, ricevendo anzi sempre complete rassicurazioni in proposito da quei soggetti (direttero amministrativo e responsabile di ragioneria) che ne erano stati incaricati e ne erano dunque responsabili anche in termini di corretta informativa». Insomma, Maltoni si chiama fuori dalle responsabilità e chiama invece in causa il direttore amministrativo Antonio Genoviva e il responsabile della ragioneria Ruggero Baglioni. «In data 23 febbraio 2007 – continua – mi viene riferito da fonti interne che non erano stati regolarmente versati i contributi Inpdap». Maltoni convoca Genoviva che lo rassicura – «la situazione è regolarissima» – e chiama a supporto Baglioni che conferma i versamenti. Ma il commissario non si fida e incarica una persona di sua fiducia di «verificare presso la sede Inpdap la situazione del Cspo». E qui viene fuori la situazione irregolare per tutto l’anno 2006. Maltoni convoca di nuovo il direttore amministrativo e viene fuori che anche Genoviva era tenuto all’oscuro «della reale situazione finanziaria dallo stesso responsabile di reagioneria». A questo punto parte verso Baglioni un provvedimento disciplinare. A questo punto Maltoni ha incaricato uno studio esterno per verificare la situazione effettiva del Cspo. E dall’analisi viene fuori «una situazione di eccedenza delle spese correnti rispetto agli introiti correnti del Centro». Non sono emersi «sprechi o distrazioni di fondi» ma «semplicemente spese per la resa del servizio verso gli utenti (Asl della Regione Toscana in primis) superiori alle reali possibilità del Centro». Questa situazione non rilevata dagli uffici competenti ha poi portato secondo Maltoni all’aggravamento del deficit «con l’effettuazione di alcuni investimenti o spese incrementative» come l’acquisisizione di Villa delle Rose. Insomma, secondo Maltoni, «lo stato di confusione contabile» era «elevato». Il Commissario conclude ricordando il «piano di rientro» che prevede una «razionalizzazione di tutti i servizi» senza tuttavia «ridurre i servizi assistenziali attualmente erogati dal Cspo» e la vendita dell’immobile del viale Amendola. Il capogruppo Udc Marco Carraresi ha sottolineato che «a parer nostro la Giunta non ha vigilato come doveva e si è lasciato andare le cose troppo avanti senza intervenire» arrivando a «un disavanzo senza precedenti nella sanità toscana». L’importanza del centro è testimoniata dal finanziamento di 4 milioni di euro, arrivati dal ministero della Salute. Quello che preoccupa l’opinione pubblica è il destino del Centro. Il Cspo è una realtà preziosa, una punta di eccellenza in Toscana che va tutelata, alla quale entro il 2007 dovrà essere dato un assetto definitivo, ma che deve comunque rimanere in ambito pubblico. Questo il messaggio comune a tutte le forze politiche. Le ipotesi, secondo l’assessore al diritto alla salute Enrico Rossi, sono due: trasformazione del Centro in Ircs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) negata dal precedente governo, oppure la trasformazione in Fondazione.

La scheda«Vado al Papanicolaou»: questa frase ha rappresentato da decenni per molte donne toscane una garanzia, forse l’unica, contro l’insorgere dei tumori femminili. Poi, negli anni il «Papanicolaou» ha cambiato nome, è diventato Cspo (Centro per lo studio e la prevenzione oncologica), con una gestione commissariale che dura da sette anni. I suoi pullman–laboratorio hanno sostato nelle piazze toscane con un unico scopo: aiutare le donne a sconfiggere terribili malattie. Solo nel 2006 ha assicurato 150 mila prestazioni diagnostiche, 146 mila screening e oltre 3 mila riabilitazioni oncologiche. Del Cspo si è occupata la commissione sanità del Consiglio regionale, con l’audizione dell’assessore Enrico Rossi e del commissario straordinario Giancarlo Maltoni. Da parte dei sindacati sono state formulate sull’origine del disavanzo. Innanzi tutto, hanno spiegato i rappresentanti dei lavoratori, la mancata rivalutazione delle convenzioni, per cui molte prestazioni del Cspo alle Asl sono state pagate ad un prezzo inferiore al giusto. In secondo luogo gli affitti troppo cari, pagati perché il Centro è distribuito in maniera irrazionale su varie sedi. Terzo, ma non ultimo, il fatto che il Cspo abbia dovuto sborsare di tasca propria la corresponsione degli adeguamenti contrattuali al personale (i sindacati parlano di 2 milioni di euro). La Regione, infatti, non avrebbe trasferito i fondi, poiché il personale del Centro non è dipendente dalle Asl, né delle aziende ospedaliere. Fino al 2001 il Cspo era centro inglobato nel complesso di Careggi: ne è stato tirato fuori per farlo crescere in autonomia nel percorso prevenzione – ricerca – riabilitazione. E il centro del viale Volta a Firenze è noto e amato dai toscani, ancor più dalle donne, chiamate per lo screening. Hanno ricevuto la lettera di licenziamento 36 lavoratori delle cooperative addetti ai servizi di accettazione, prenotazione e accoglienza. Provvedimenti, tuttora sospesi, che hanno provocato la dura protesta dei sindacati. (Ennio Cicali)