Toscana
DARFUR (SUDAN), DIPLOMAZIA AL LAVORO, INTANTO UE MINACCIA SANZIONI CONTRO KHARTOUM
L’accorata implorazione di due giorni fa da parte di Giovanni Paolo II a “non dimenticare” il conflitto nella regione sudanese del Darfur coincide con un’apparente accelerazione delle pressioni diplomatiche sulle autorità di Khartoum. Ieri l’Unione Europea per voce di Ben Bot, ministro degli Esteri dell’Olanda, presidente di turno ha ipotizzato una serie di “sanzioni imminenti” contro il Sudan nel caso in cui il governo islamico non rispetterà i propri impegni. Da Addis Abeba, in Etiopia, sede dell’Unione Africna (Ua), arriva la notizia che l’ex leader militare nigeriano Abdulsalam Abubakar è stato nominato inviato speciale per il Sudan e il Ciad, su decisione del presidente di turno dell’Ua, il capo di Stato nigeriano Olusegun Obasanjo. Già oggi Abubakar potrebbe partire per la capitale sudanese dove dovrebbe incontrare le autorità di Khartoum, per discutere soprattutto della grave situazione umanitaria in Darfur, dove ci sono secondo l’Onu almeno un milione di sfollati, mentre circa 160.000 rifugiati hanno cercato riparo nel confinante Ciad, ormai incapace di assorbire il flusso incessante di sudanesi in fuga dalla guerra.
Per verificare questa grave situazione, oggi arriverà nella regione occidentale sudanese anche il ministro degli Esteri francese Michel Barnier, con l’obiettivo di valutare le condizioni dei civili. La stessa Ue ha ribadito che prima di qualsiasi provvedimento come sanzioni contro il governo di Khartoum intende verificare “sul terreno” la situazione. Il Consiglio degli Affari generali e relazioni esterne’ di Bruxelles ha anche approvato un testo, nel quale si chiede al Consiglio di sicurezza dell’Onu di adottare una risoluzione nel caso in cui il governo islamico di Khartoum non faccia nulla per facilitare le milizie Janjaweed’, i predoni di originale islamica che saccheggiano e distruggono i villaggi del Sudan occidentale. In attesa che la delegazione diplomatica francese si rechi sul posto, dal fronte arriva ancora un no’ a nuovi colloqui di pace da parte di uno dei due movimenti armati insorti nel febbraio 2003 contro il governo del Sudan: il Movimento per la liberazione del Sudan (Sla-m) ha escluso un nuovo negoziato, ponendo invece come condizione di base il rispetto del primo cessate-il-fuoco’, firmato lo scorso 8 aprile dai ribelli e del governo, ma abbondantemente disatteso con scambi di accuse reciproche.