Toscana

DESERTO DEL SINAI, DRAMMATICO APPELLO DAI 250 PROFUGHI ERITREI NELLE MANI DI UNA BANDA DI PREDONI

”Fate presto, hanno ricominciato a picchiarci, siamo pieni di lividi e qualcuno ha le piaghe per le percosse, con noi ci sono anche donne incinte e bambini”. E’ il nuovo drammatico appello lanciato ieri sera da uno dei 250 profughi eritrei dal 20 novembre nelle mani di una banda di predoni, nel deserto del Sinai. A farsi interprete delle parole di questo uomo è ancora don Mussei Zerai, il sacerdote eritreo che tiene contatti con alcuni degli ostaggi. “Sono in catene – spiega don Zerai, in attesa che qualcuno paghi il riscatto, ora arrivato a 8 mila dollari per ciascuno. 6 di loro sono stati uccisi e ad almeno 4 sembra che stiano per prelevare un rene, come forma di pagamento”. Per alcuni di loro l’odissea è cominciata otto mesi fa, con fuga dall’Eritrea verso l’Italia, la cattura da parte dei soldati libici, la detenzione in Libia poi la fuga attraverso il deserto, per finire nelle mani di trafficanti di esseri umani senza scrupoli. Intanto l’Egitto si muove per la liberazione. I servizi di sicurezza del Cairo stanno trattando già da ieri con i capi tribù della regione al confine con Israele, ma le informazioni raccolte dagli 007 egiziani preoccupano la comunità internazionale. Insieme ai 250 profughi provenienti dall’Asmara, ci sarebbero altri 300 africani. Il gruppo degli eritrei sarebbe in mano ad un solo trafficante in una zona non localizzata, ma gli ostaggi in totale sarebbero circa 1500, provenienti da Sudan, Etiopia, Nigeria e Guinea e detenuti in un’area attorno ad El Hassnah, ma anche a sud di Rafah, pochi chilometri dal confine con Israele. Intanto l’Unhcr punta il dito contro l’Italia e ammonisce: “la situazione è anche frutto della politica italiana dei respingimenti”. E mentre cresce la mobilitazione internazionale per una evacuazione umanitaria e l’asilo ai profughi, dall’Ue i 27 preparano la stretta sui mercanti di uomini, con pene più severe fino a 10 anni di reclusione e la confisca dei beni e più protezione per le vittime. (Fonte: radio Vaticana)