Toscana

DISCRIMINAZIONI SESSUALI, CONSIGLIO MINISTRI IMPUGNA LEGGE REGIONALE TOSCANA

Il governo ha deciso di impugnare, su proposta del ministro degli Affari Regionali, Enrico La Loggia, la legge regionale n. 63 del 15 novembre 2004 della Regione Toscana in materia di «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere». Due le motivazioni principali, secondo quanto si è appreso, illustrate nel documento tecnico portato ieri dal ministro La Loggia all’esame del Consiglio dei ministri: la legge della Regione Toscana interviene su diritti e situazioni giuridiche la cui tutela deve realizzarsi da parte dello Stato; il concetto di “orientamento sessuale” non assume una specifica rilevanza nell’ordinamento giuridico corrente.

Nel documento si rileva che la legge n. 63 della Regione Toscana «seppur in materia di legislazione concorrente, collega ad un certo tipo di diversità sessuale diritti e situazioni giuridiche che costituiscono diritti fondamentali per la persona la cui tutela deve realizzarsi dallo Stato in maniera uniforme sul territorio nazionale ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 della Costituzione». Un’altra motivazione alla base dell’impugnazione spiega che “nonostante l’ordinamento statale e comunitario abbiano riconosciuto il diritto all’identità sessuale, la legge regionale in questione introduce anche il concetto di orientamento sessuale che – sottolinea il documento – nell’ordinamento giuridico vigente non assume specifica rilevanza. Infatti, l’ordinamento statale non esprime alcun giudizio di valore nell’ovvio rispetto dei principi di libertà e autonomia individuale”.

«I diritti non hanno nè colore nè genere», ha commentato la decisione del governo il presidente del consiglio regionale toscano, Riccardo Nencini. «È una legge che abbiamo approvato consapevolmente – ha aggiunto Nencini – I diritti sono diritti e basta».

«Difenderemo con determinazione questa legge. Confidiamo in un successo simile a quello conseguito con la sentenza della Consulta sul nuovo Statuto regionale», ha annunciato il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini. «Non conosciamo nel dettaglio le ragioni di questa nuova impugnazione – ha continuato Martini – Le valuteremo, nel merito, appena saranno rese note. Tuttavia fin da ora non possiamo fare a meno di notare che di fronte a tutte le iniziative più innovative approvate dalla Regione Toscana il governo si è sempre messo di traverso. Questo è un brutto segnale sia per le prospettive del federalismo, perché di fatto non si tollerano iniziative originali da parte delle Regioni, sia per la tutela e l’estensione dei diritti civili e di cittadinanza». «Con questa legge – spiega Martini – abbiamo voluto garantire l’effettivo rispetto di diritti sanciti dalla Costituzione, intervenendo su materie di competenza regionale. Ad esempio in tema di sanità, prevedendo che conviventi e compagni, a prescindere dal sesso, possano decidere in caso di necessità le cure mediche per il proprio partner, una possibilità riservata finora solo a genitori e parenti stretti».

Per Marco Filippeschi, segretario regionale dei Ds, «quello del governo è un atto arrogante che non trova alcuna giustificazione, visto che la finalità della legge è battersi contro tutte le discriminazioni». Paolo Cocchi, capogruppo Ds in consiglio regionale ha ricordato che la legge di cui si è dotata la regione Toscana è «una legge contro tutte le discriminazioni, è avanzata e dettata solo dal buonsenso». Contro tendenza va Anna Maria Celsti, consigliere regionale di Fi, che ricorda come «già la Costituzione, all’articolo 3, vieta espressamente le discriminazioni fondate su ‘condizioni personali’. Martini ha la presunzione di insistere ancora sapendo che i poteri e le competenze di una Regione, in realtà, non sono affatto in grado di rimuovere quelli che sono i veri ostacoli che nel quotidiano spesso incontra chi ha un diverso orientamento sessuale».

La legge toscana contro le discriminazioni dovute all’orientamento sessuale disciplina vari ambiti, come quelli professionale e sanitario. La norma regionale prevede, tra l’altro, specifiche politiche del lavoro per i transessuali e multe da 516 a 3 mila euro per quei commercianti che rifiutino di fornire le loro prestazioni agli omosessuali. La legge, dal titolo «Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere” è stata approvata a novembre dal Consiglio regionale con i voti favorevoli del centrosinistra e Prc e il voto contrario dell’Udc. An e Fi non hanno partecipato al voto. Obiettivo della legge è «consentire ad ogni persona la libera espressione e manifestazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere” e promuovere «il superamento delle situazioni di discriminazione”. Fra i punti della legge più apprezzati dall’Arcigay, l’articolo 7, che riconosce il diritto, per chiunque, di indicare chi debba prendere per lui decisioni riguardo i trattamenti terapeutici in caso di malattia grave, e che il designato può anche essere un convivente o il compagno. In base alla legge, un atto discriminatorio nei confronti di gay, lesbiche o transessuali – non accoglierli in un locale o non fornire un servizio garantito ad altri – può costare a commercianti, operatori turistici ed esercenti una multa fino a 3.098 euro. In ambito lavorativo, alle associazioni rappresentative dei diversi orientamenti sessuali è riconosciuto il diritto di verificare il rispetto degli standard etici nelle aziende che abbiano ottenuto la certificazione di Responsabilità sociale (Sa 8000). Sono, inoltre, previste specifiche politiche per i transessuali «quali soggetti esposti al rischio di esclusione sociale”. La legge mira anche a favorire l’offerta di eventi culturali «aperti ai diversi stili di vita».

Legge regionale sulle discriminazioni: intento positivo, messaggio fuorviante