Toscana

DROGA: TOSCANA IMPUGNA LEGGE FINI, E’ INCOSTITUZIONALE

La Regione Toscana impugna la legge Fini sulle tossicodipendenze davanti alla Corte costituzionale. Il ricorso riguarda alcune disposizioni della legge che comportano modifiche al testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza. Le norme che secondo la Regione Toscana contrastano con numerosi articoli della Costituzione sono varie. “Prima di tutto – si legge in una nota della Regione – le nuove disposizioni non sono mai state sottoposte all’ esame della Conferenza Stato-Regioni per il parere di competenza”. Riferendosi al titolo V della Costituzione, il riscorso afferma: “Lo Stato avrebbe dovuto acquisire obbligatoriamente l’intesa con le Regioni sui livelli essenziali di assistenza a cui si fa riferimento nella nuova normativa. Le disposizioni interferiscono con materie regionali e, segnatamente con la materia della tutela della salute”.

Il secondo punto contestato riguarda la parità fra strutture pubbliche e private. Le nuove norme affidano a queste ultime compiti che in precedenza erano riservati alle strutture del servizio pubblico, cioé ai Sert, e prevedono l’ingresso diretto delle persone interessate nelle strutture private, autorizzate e accreditate, senza alcun filtro di medici di strutture del servizio sanitario nazionale. Le strutture private vengono abilitate alla diagnosi dello stato di tossicodipendenza, alla programmazione riabilitativa, all’esecuzione del programma, senza verifica da parte della Asl sulle necessità dell’intervento, sulla validità del percorso riabilitativo e di reinserimento. Una scelta legislativa che, secondo il ricorso, “comporta una palese violazione dell’autonomia di spesa delle regioni che si vedono da una parte comprimere l’attività normativa e di programmazione delle attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze e dall’altra vengono chiamate ad accollarsi le spese di prestazioni che vengono decise dalle strutture private senza alcun filtro da parte delle Asl”. Una compressione messa in evidenza dal terzo punto contestato, cioé dal fatto che una volta stabilita la parità tra strutture pubbliche e private abilitate ad operare in questo settore, la legge nazionale “fissa in modo dettagliato i requisiti, soggettivi ed oggettivi che tali soggetti devono possedere” e fissa in modo altrettanto tassativo “le condizioni che possono giustificare il diniego all’autorizzazione. Così facendo alle Regioni non resta che la possibilità di fissare esclusivamente le modalità di accertamento e certificazione dei requisiti indicati dalla legge e le cause che danno luogo alla sospensione o alla revoca dell’ autorizzazione”. In breve “la competenza legislativa delle Regioni è relegata a ruolo di mera esecuzione di una normativa compiutamente definita a livello statale”. Sulla stessa linea l’ultimo punto sollevato, cioé il fatto che la legge prevede che la certificazione per ottenere la sospensione dell’esecuzione della pena e l’affidamento in prova al servizio sociale possa essere rilasciata anche dalle strutture private accreditate e non esclusivamente dai Sert, come previsto in precedenza. (Ansa)