Toscana

Dalla Toscana la stampa cattolica riparte a testa alta

«Se gli uomini avessero dato ascolto al Papa oggi non saremmo qui a piangere tanti morti». Lo ha detto il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, inaugurando in Palazzo Vecchio a Firenze il convegno nazionale dei settimanali cattolici nel ventennale di Toscanaoggi. L’eco della strage di Nassiriya non poteva infatti non risuonare nel Salone dei Cinquecento di fronte ai convegnisti della Fisc arrivati nel capoluogo toscano all’indomani del tragico attentato.

Martino ha anche aggiunto che «c’è un mondo dell’informazione che, per pregiudizio ideologico o per supponenza culturale, di fatto, ignora la Santa Sede e la Chiesa. C’è anche un mondo che, con continuo impegno e con organica militanza, si accanisce contro la Santa Sede e la Chiesa. C’è anche un mondo che è attento osservatore della vita della Santa Sede e della Chiesa ed è desideroso di proporsi come interlocutore credibile e interprete veritiero».

Nella stessa circostanza il cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, ha espresso il «profondo dolore per l’ennesimo drammatico segnale di come le vicende dei popoli siano ormai strettamente legate e interdipendenti nel bene e nel male. Tuttavia voi – ha proseguito Antonelli riferendosi ai convegnisti – vi caratterizzate soprattutto per il vostro radicamento nel territorio».

«Un anno fa abbiamo accolto qui – ha ricordato nel suo saluto iniziale il vicesindaco di Firenze, Giuseppe Matulli – un evento dentro al quale c’era una provocazione forte: gente diversa, proveniente da continenti e culture diverse, che si unisce per affrontare le sfide di oggi. Le guerre, i problemi ambientali, le nuove conoscenze che possono comportare benefici ma anche rischi. Anche quella di un convegno sul pluralismo nell’informazione è una provocazione di cui c’è bisogno».

Da parte sua, il vicepresidente della Giunta regionale toscana, Angelo Passaleva, ha definito i settimanali cattolici una «scialuppa di salvataggio» per l’informazione in quanto capaci di recuperare «il legame con le comunità reali e il gusto per le inchieste sul terreno». Nel panorama editoriale, questi giornali «sono una luce di speranza: per la loro giusta periodicità, non costretta dentro l’ansia del tempo immediato, e per la trasparenza visto l’editore di riferimento molto chiaro».

Il ruolo dei settimanali cattolici e il senso del convegno dedicato a «Il pluralismo nell’informazione oggi» è stao spiegato dal presidente della Fisc, don Vincenzo Rini, mentre il direttore di Toscanaoggi, Alberto Migone, ha ripercorso i vent’anni del settimanale e indicato le prospettive future. Toscanaoggi, a giudizio del suo direttore, deve diventare «sempre più una presenza significativa nel panorama giornalistico toscano dando concretamente voce e stimoli al mondo cattolico, ma senza confinarsi nelle sacrestie e neppure nel solo ambito del volontariato».

«Nel dicembre 1983 demmo vita a questa esperienza giornalistica, vent’anni dopo ripartiamo – ha concluso Migone – con maggiore consapevolezza delle difficoltà ma con la stessa determinazione perché crediamo che la nostra fatica settimanale abbia un valore».

Confronto sulla «Gasparri»Un dibattito a distanza sulla legge Gasparri ha invece caratterizzato la seconda giornata del Convegno.Il segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita, ha detto che la normativa in discussione «non farà altro che accentuare i problemi di un sistema dell’informazione da anni bloccato e in balia della ciclicità degli investimenti pubblicitari».

Opinione sostanzialmente condivisa dal massmediologo dell’Università Cattolica Fausto Colombo, che ha definito la legge Gasparri «un progetto segnato dal neoliberismo strisciante».

In difesa della legge è invece intervenuto il sottosegretario alle comunicazioni, Massimo Baldini, garantendo che la normativa «contribuirà ad un rafforzamento del pluralismo in campo radiotelevisivo». Baldini ha spiegato che «l’ampliamento del pluralismo passa anche attraverso l’evoluzione tecnologica: la moltiplicazione dei canali indotta dalla tecnologia digitale equivale a moltiplicare le possibilità di accesso a nuove voci nell’informazione e nella cultura».

«L’attenzione del Governo nei confronti della stampa “minore”, ma che riveste un importante ruolo sociale dimostrata da tutti i provvedimenti da noi adottati che riguardano l’editoria», è stata sottolineata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, in una lettera indirizzata a don Rini.Contro la legge Gasparri è di nuovo intervenuto il presidente della Commissione di vigilanza per i servizi radiotelevisi, Claudio Petruccioli, a giudizio del quale la «Gasparri», che «deve ancora nascere, ha già fatto una grande quantità di danni» e «non sarà capace di risolvere nemmeno il problema della mancanza di pluralismo nell’informazione dovuto alla convergenze tra potere politico e potere della proprieta». L’unico intervento per risolvere questo problema, secondo Petruccioli, «è quello di porre limiti alla concentrazione editoriale nelle mani di una sola persona: questi limiti, invece, vengono addirittura accresciuti dalla legge». Le debolezze dei giornaliSulla crisi del mercato dell’editoria è intervenuto Enzo Cheli, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ricordando, tra le difficoltà che la carta stampata incontra in Italia, «la rigidità nella distribuzione dei giornali, quasi esclusivamente concentrata nelle edicole». Sta andando bene, invece, la vendita nei supermercati e male invece la distribuzione postale, «caratterizzata da ritardi e arretratezze del servizio postale che scoraggiano gli abbonamenti». Malissimo le entrate pubblicitarie per la carta stampata che hanno subito un calo superiore al 6% sia nel 2001 che nel 2002, e un calo del 3,8% nei primi mesi del 2003. «Il fenomeno più nuovo – ha concluso Cheli – è quello della free press, i quotidiani distribuiti gratuitamente, 14 testate che rappresentano il 10% dei giornali diffusi ogni giorno in Italia».

Le difficoltà in cui si dibatte il mondo dell’informazione sono state affrontate anche dal presidente della Fisc e dal presidente del Consis, il Consorzio dei settimanali cattolici, Roberto Massimo, che ha parlato di «debolezze interne» ed «esterne», individuando le prime nella «scarsa propensione alla imprenditorialità lucrativa» e alla «scarsità di risorse umane» e le seconde negli «interventi legislativi, istituzionali e di mercato» con sullo sfondo la «scarsa considerazione per la stampa periodica cosiddetta “minore”». A titolo esemplificativo, il presidente del Consis ha parlato delle tariffe e delle condizioni postali, della pubblicità che trascura i periodici locali ed anche della legge Gasparri che «permette, se approvata in questa stesura, un’indiscriminata concorrenza di grossi editori proprio nell’ambito locale»: in definitiva un’invasione dei singoli territori da parte dei grandi giornali con proprie edizioni locali.

Uniti per fare opinioneMa la stampa cattolica prova ad unire le forze per fare opinione ed essere protagonista nel Paese. I direttori di Avvenire, Dino Boffo, di Famiglia Cristiana, Antonio Sciortino, dell’agenzia Sir, Paolo Bustaffa, dell’Eco di Bergamo, Ettore Ongis, e il presidente della commissione cultura della Federazione italiana dei settimanali cattolici, don Giorgio Zucchelli, sono intervenuti in questa senso a Pisa alla giornata conclusiva del convegno.«In un paese a forte tradizione cattolica ma stretto nella morsa del secolarismo – ha detto Boffo – i giornali cattolici possono fare opinione, a patto di saper osservare la realtà con i propri occhi, riuscendo a veder quello che non è rilevato dagli altri. Niente ci deve essere estraneo, dobbiamo tenere una posizione rasoterra, essere credibili e autorevoli avendo il realismo come religione».«Un buon giornale cattolico – ha aggiunto Sciortino – deve essere non clericale, e non deve essere al servizio di nessun partito; deve unire e costruire, non dividere e abbattere. Non deve avere argomenti tabù: parlare di tutto, ma parlarne cristianamente». Per Bustaffa, «il mondo cattolico non è solo il Papa o i vescovi: c’è una Chiesa nascosta, un pensiero cristiano che noi dobbiamo raccontare e far conoscere». «La stampa cattolica – ha sottolineato Ongis – deve essere libera dai pregiudizi, avere più coraggio, parlare non solo con i cattolici ma con tutti e saper interpretare gli interessi, le attese, le domande della società».Da Zucchelli, infine, la proposta di un tavolo di incontro e di riflessione periodica tra le varie realtà della stampa cattolica.