Toscana

Delitti e informazione/3: Padri violenti e serial killer: la galleria degli errori

DI STEFANO ANDRETTI

La drammatica ipotesi, fatta trapelare da giornali e tv, che dietro l’omicidio di Cogne possa esserci la mano di un parente, ha riportato alla memoria altri casi in cui «l’azzardo» di giornalisti e magistrati ha messo alla gogna persone rivelatesi poi del tutto estranee ai fatti.

Tragicamente clamorosa fu la vicenda di Lanfranco Schillaci, tranquillo professore di matematica, a Limbiate, in provincia di Milano. Il 23 aprile 1989 il suo nome finì su tutti i giornali con l’accusa di avere abusato della figlia di appena due anni. La prova contraria arrivò il 5 maggio: le analisi stabilirono che la piccola aveva un tumore a causa del quale sarebbe poi morta l’anno dopo.

Schillaci accettò di riparlare della vicenda in un paio di interviste, ad «Avvenire» e a «Sette», il settimanale del «Corriere della Sera», nel 1994: «Ho perdonato tutti. Mi sono rifatto una vita – spiegò –. Anche se oggi dico: per fortuna che in quei momenti non avevo in mano un kalashnikov». E i giornali? «L’errore che hanno fatto con me – rispose Schillaci – non ha cambiato niente, non ha insegnato nulla ai giornalisti. Vedo, leggo che continuano a sbagliare, alla ricerca di facili notizie». «Certe volte mi chiedo – aggiunse l’insegnante – se devo ringraziare il Padreterno perché mia figlia è morta: se fosse ancora viva a quest’ora io sarei in galera con una terribile infamia».

Dagli anni Novanta al recente 2001 quando la Cassazione scagiona definitivamente un quarantenne, abitante nell’hinterland milanese, arrestato nel 1996 con l’accusa infamante di aver violentato la figlia. Nonostante la riabilitazione, né lui né la moglie, che nessuno ha mai sospettato di nulla, sono più riusciti a riabbracciare la bambina, tolta ai genitori quando aveva 6 anni e rinchiusa in orfanotrofio. Anzi, nei giorni scorsi il Tribunale ha confermato l’adottabilità della bambina.

Non riguarda più un minore, ma solo per pochi mesi, il caso della diciottenne Serena Mollicone, trovata uccisa nei pressi di Sora, in provincia di Frosinone, all’inizio di giugno dell’anno scorso. Il caso non è stato ancoro risolto, ma i primi sospetti ricaddero sul fidanzato e poi sul padre della ragazza. Quest’ultimo fu addirittura costretto a chiedere «protezione ai carabinieri e ai giudici contro questo autentico linciaggio».

Allargando la casistica oltre i parenti, non sono pochi gli errori giudiziari collegati ad omicidi. Uno tra i più noti riguarda Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile di via Poma, a Roma, a lungo inquisito per l’omicidio di Simonetta Cesaroni e poi scagionato.

Molto più recente il caso del maresciallo dei Carabinieri Antonino Costanzo accusato di essere il «serial killer dei casinò» e poi scarcerato per l’intervento del Tribunale della libertà. L’ipotesi inquietante era che il carabiniere avesse ucciso cinque persone tra il 1998 e il 2001, tutte appartenenti al giro delle scommesse e del gioco d’azzardo.A.F. IL COMMENTO:Delitti e informazione, quella ferita originaria – di Alberto MigoneGLI ALTRI SERVIZI:Delitti e informazione/1:Quando il magistrato cede alle tentazioniDelitti e informazione/2: Cronaca, anche la «nera» ha bisogno di regoleDelitti e informazione/4: E gli omicidi di Firenze valgono pur sempre un titoloDelitti e informazione/5:stampa e magistratura sul banco degli imputati