Toscana

Donne, giovani e «scoraggiati» le vittime della disoccupazione

di Ennio Cicali

Donne e giovani sono i più colpiti dalla disoccupazione. Il mercato del lavoro in Toscana mostra una debolezza per certi versi superiore a quella osservata nel pieno della recessione. La disoccupazione, se ufficialmente si attesta al 6,8%, sale al 10% considerando anche i cassaintegrati e gli scoraggiati. In deciso aumento anche i giovani  che non lavorano, non studiano né stanno facendo formazione di alcun tipo, saliti al 16% nella nostra regione, un dato destinato ad aumentare in futuro se non si attueranno provvedimenti. Altrettanto preoccupante l’aumento degli scoraggiati, collegato alla difficoltà di trovare lavoro: un fenomeno che colpisce persone che hanno perso l’occupazione, spesso tra i 40 – 50 anni, troppo giovani per la pensione, «vecchi« per un nuovo lavoro.

I dati dell’ultimo trimestre fanno sperare in una ripresa più solida, ma non mettono il mercato del lavoro toscano al riparo dai pesanti colpi di coda della crisi. È quanto emerge dal rapporto «Il mercato del lavoro in Toscana 2010» presentato dall’Irpet (l’istituto regionale di programmazione) curato da Nicola Sciclone.

Nel 2010 si è arrestata la dinamica della forza lavoro. Ne hanno fatto le spese circa 14mila lavoratori. Il calo riguarda la componente più giovane della popolazione (meno di 35 anni) e le donne, ma è trasversale sia rispetto al genere, che alla nazionalità, al titolo di studio e alle classi di età.

Nel primo semestre del 2010 gli occupati erano 1.541.000. Rispetto all’anno precedente si è avuta una riduzione di 33 mila occupati. Giovani e donne – molti dei quali con contratti temporanei – sono stati i primi a perdere il lavoro, spesso senza il ricorso a licenziamenti collettivi.

Il calo occupazionale è stato particolarmente consistente nell’industria (–9.400 occupati), con 6.400 unità in meno nel manifatturiero. Nell’industria  è stato più marcato che altrove, ha tenuto solo l’occupazione nei servizi.

Occupati e tassi di occupazione segnalano una marcata flessione nelle province di Arezzo, Siena, Pisa ed anche Firenze, sebbene qui la riduzione sia stata minore. Situazione stazionaria a Grosseto, lieve calo a Livorno e Pistoia; variazioni positive a Massa Carrara, Lucca, Prato.Alcuni settori hanno attenuato le conseguenze delle perdite e delle sospensioni dal lavoro. Mentre a Lucca e Massa Carrara si è registrato un numero stabile di occupati industriali – risultando almeno formalmente occupati i lavoratori in cassa integrazione – sono stati i servizi a sostenere la crescita. Differente è invece il caso di Prato, dove la forte flessione di occupati nell’industria è stata compensata dalla nascita di un grande centro commerciale. In tutte le province, eccetto Lucca, l’industria ha ridotto gli addetti; nel caso lucchese è derivato dalla buona tenuta del settore cartario.

Nonostante il pesante ridimensionamento degli ultimi anni, l’occupazione industriale resta sui livelli più alti a Prato e Arezzo, seguiti a distanza da Lucca (25%). Le altre province interne di Firenze e, soprattutto, Siena sono ampiamente terziarizzate, a fronte di una posizione intermedia di Pistoia. Quote consistenti di occupazione nei servizi si riscontrano anche nelle province di Massa Carrara e Livorno. Bassa presenza di industria, media incidenza del turismo e una rilevante presenza dell’agricoltura, sono i riferimenti settoriali dell’occupazione a Grosseto, maggiormente resistente alla crisi economica. Segnali meno positivi per la provincia di Siena che sembra uscire indebolita nella importante e storica componente terziaria dell’occupazione.

E domani? Le stime Irpet prevedono un tasso di disoccupazione per fine anno intorno al 7%. Nel 2011  dovrebbe scendere al 6,6%, quindi ancora su livelli superiori precedente alla crisi.

Più in generale, gli effetti della caduta del prodotto sul mercato del lavoro sarebbero stati più intensi se non si fossero verificati alcuni fattori tra i quali l’ampio ricorso alla cassa integrazione, una caduta della produttività e delle ore lavorate pro capite. Tre elementi che hanno salvato  molti posti di lavoro, riducendo i margini di profitto delle imprese. Ne deriva il rischio che l’aggiustamento del mercato del lavoro non sia terminato, sebbene alcuni segnali potrebbero indurre a pensare che il peggio sia passato.

Manifatturiero, rallenta la crescitaRallenta la crescita del comparto manifatturiero regionale nel terzo trimestre 2010, secondo l’indagine condotta da Unioncamere Toscana e Confindustria Toscana.

Dopo essere tornato in terreno positivo all’inizio del 2010, l’indicatore tendenziale della produzione si è infatti fermato a +3,5% nel periodo luglio-settembre, al di sotto del dato nazionale (+5,8%) e dei risultati regionali registrati nei primi sei mesi dell’anno. In linea con la produzione, anche il fatturato è cresciuto del +4,6% rispetto al corrispondente periodo del 2009, riducendo tuttavia – anche in questo caso – l’intensità della crescita dopo il +6,7% registrato nel secondo trimestre. Decisivo sembra essere stato – ancora una volta – il calo della domanda internazionale: gli ordinativi dei mercati esteri sono cresciuti del +3,8%, con una flessione del proprio tasso di crescita rispetto al +5,4% dei primi sei mesi dell’anno. Ancora molto fiacca  la domanda interna. Le grandi unità produttive (oltre 250 addetti) hanno registrato lo slancio maggiore.

La maggior vivacità della componente interna di alcune grandi imprese, assicura una ripresa degli ordinativi. Positivi i risultati anche per le medie imprese (50-249 addetti), che rispetto al 2009 salgono del 7,9% in termini produttivi e del 10,0% in termini di fatturato.

Buoni anche i dati relativi agli ordinativi, con la componente estera che conferma la spinta alla ripresa. Difficoltà ancora per le piccole imprese (10-49 addetti) che stentano ad agganciarsi alla ripresa.

Gli ordinativi interni flettono addirittura del 2,2% mentre quelli esteri segnano un modesto 1,4%. Il rallentamento del ritmo di crescita porta a tre i settori manifatturieri che registrano andamenti produttivi negativi. Si tratta del comparto alimentare, della farmaceutica,  dell’abbigliamento che, contrariamente alle altre specializzazioni del sistema moda, flette del 3,0%. Sono in ulteriore ripresa il tessile,  pelli e cuoio, mentre più contenuta è la crescita delle calzature.

Fra gli altri comparti, variazioni positive in crescita si registrano per l’elettronica, per le riparazioni e installazioni , mentre sempre positive, seppur in rallentamento rispetto ai trimestri precedenti, risultano la meccanica, la chimica e il legno e mobilio. Stazionari, infine, i minerali non metalliferi e i mezzi di trasporto.