Toscana

Emergenza neve: chi ci protegge?

Dall’allarme meteo ai soccorsi ecco come funziona il «sistema» regionaleDI SIMONE PITOSSIIntervenire bene e rapidamente in caso di calamità e disastri naturali, per portare soccorso e prima assistenza. Ma anche lavorare alla prevenzione, per fare in modo che eventi potenzialmente molto distruttivi costino quanto meno possibile in termini di vite e di danni. Questa è la Protezione civile. Certo, la recente modifica alla legge ha tarpato un po’ le ali a questo sistema. Costringendo Franco Gabrielli, l’attuale capo dipartimento nazionale, a concertare ogni atto e ogni spesa col ministro dell’Economia e la Corte dei conti. Anche in caso di emergenza. E di questi casi, anche il Toscana, ce ne sono stati. A partire dalla neve e dal gelo di questi giorni. Andando a ritroso, la grande tragedia del naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio. E poi le alluvioni dell’ottobre scorso in Lunigiana e all’Isola d’Elba, per fermarsi agli ultimi fatti.Da alcuni anni esiste in Toscana un vero e proprio Sistema regionale della protezione civile, a cui partecipano istituzioni e associazioni di volontariato. È organizzato direttamente dalla Regione, in stretto contatto con le strutture nazionali preposte a questo compito, ma anche con tutti i Comuni e le Province in modo che gli interventi siano il più possibile rapidi, tempestivi e capillari. A capo di questo coordinamento regionale c’è Maria Sargentini. «Il nostro – spiega la dirigente regionale – è un pezzo del “sistema” di Protezione civile dove si raccorda tutta l’attività di comuni, province, regione, volontariato, servizi vari». In questi giorni il lavoro non è mancato, tra strade chiuse, tubi di acqua rotti, black out elettrici, case isolate. Tutto passa da una Sala operativa – in via Val di Pesa a Firenze – in funzione 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno. «È in grado di allertare – continua – in tempo reale non solo tutte le forze e le strutture che devono intervenire in caso di alluvioni, terremoti, grandi nevicate o altre situazioni di pericolo legate a particolari condizioni atmosferiche». Una rete capace non solo di intervenire in caso di rischi che avvengono sul territorio regionale, ma anche di essere allertata per andare in aiuto, fuori dai confini della Toscana, in caso di bisogno. «In caso di un’emergenza di protezione civile – sottolinea – il primo livello chiamato in causa è quello comunale: il sindaco è la prima autorità di protezione civile che ha la responsabilità di vigilare e affrontare, con i mezzi di cui dispone, i primi momenti di difficoltà in cui si possono trovare i suoi cittadini. Se il Comune non riesce con le sue risorse ad affrontare l’emergenza intervengono la Provincia, i Vigili del Fuoco per le loro competenze, le Prefetture». La Regione poi può chiedere il riconoscimento dello Stato di emergenza nazionale nel caso il problema abbiamo un’estensione di effetti critici di gran lunga sovra-provinciale o sovra-regionale. Come è stato il caso delle recenti alluvioni. «Sì. In questo caso – continua Sargentini – conta la rilevanza del problema, gli effetti, il tempo che si ha a disposizione, le forze necessarie ad intervenire. Per questo, in caso di calamità grosse, interviene direttamente il livello nazionale a coordinare tutte le forze in campo. Il caso della neve e del gelo di questi giorni è stato affidato da subito al Dipartimento nazionale sotto la responsabilità di Gabrielli che coordina il lavoro delle regioni. Questa scelta è stata fatta soprattutto per andare incontro ad alcune regioni del Sud come il Molise ela Basilicata che sono state messe letteralmente in ginocchio. Non avrebbero avuto le forze per uscire dall’emergenza senza il supporto esterno. È una forma di solidarietà che si attiva in situazione di calamità». Per quanto riguarda la Toscana, in questo specifico caso, non è cambiato il modo di lavorare. «Ci siamo mossi in sostanziale autonomia contando sulle nostre forze, anche se sotto il monitoraggio del livello nazionale. Mentre nel caso dell’alluvione di Aulla alcune regioni ci hanno dato una mano anche per la zona di confine interessata dall’evento».Ma come viene avviato tutto il sistema? Le previsioni arrivano dal Centro funzionale che elabora le previsioni del tempo che arrivano dal Lamma». «Vengono praticamente tradotte – spiega la dirigente – in “effetti attesi al suolo” con eventuali “criticità”. Da qui arriva l’avviso con la cosiddetta allerta meteo che viene diramato in due modi, in base al livello di allerta: via fax (a Province e Comuni) se c’è bisogno di immediatezza, altrimenti viene pubblicato sul sito della protezione civile che gli enti locali sono tenuti a consultare con una certa frequenza. E poi ci può essere il preallertamento anche del volontariato». Il ruolo del volontariato è infatti molto importante. «C’è un comitato di coordinamento regionale di cui fanno parte Misericordie, Anpas, Vab e Croce Rossa».Come è evidente, il sistema è complesso. Talvolta tutto fila liscio, qualche volta la «catena» di interventi mostra una falla. «Sull’alluvione di Aulla – spiega Sargentini – il sistema ha funzionato. Anche se abbiamo avuto un problema: il “black” out delle comunicazioni per due giorni perché l’alluvione aveva interrotto tutti i ponti radio dei cellulari e dei telefoni. Intervenire, senza sapere in quale zona con precisione, rende tutto molto più difficile. Per questo stiamo lavorando per cercare di aggirare questo problema dotando di radio le zone interessate da questo fenomeno alluvionale che, tra l’altro, sono anche a rischio sismico. È chiaro che intervento dopo intervento anche il sistema viene raffinato e reso più efficiente». Nel caso dell’Isola del Giglio però si è visto che qualcosa non ha funzionato. Gabrielli è arrivato molti giorni dopo il tragico naufragio. E, forse, si è sentita la mancanza di un coordinamento delle operazioni. «Quella del Giglio, che è emergenza di livello nazionale, – sottolinea Sargentini – è stata però una cosa molto particolare». Sì, ma il problema della lentezza nell’avvio della macchina a causa delle autorizzazioni per il finanziamento delle operazioni è un punto critico. «Se la Protezione civile – continua la dirigente regionale – in relazione ad una situazione di grande emergenza non può far partire un intervento immediatamente perché deve chiedere troppe autorizzazioni è chiaro che questo non risponde all’emergenza. Ciò, ovviamente, non significa operare senza alcun controllo. Però se la Protezione civile è l’organismo che deve intervenire in situazioni di emergenza – conclude Sargentini – deve avere gli strumenti per poterlo fare in tempi rapidi». LA SCHEDAEra la «migliore al mondo» oggi rischia di affondareLa migliore del mondo così era definita la Protezione civile italiana, grazie all’intervento in soccorso dei terremotati di Haiti nel 2010. Oggi, a distanza di due anni, rischia di «affondare come il Titanic».È pieno di contraddizioni il percorso della Protezione civile. Nonostante le ripetute «calamità» naturali cui è soggetta l’Italia – tra le più gravi l’alluvione in Toscana nel 1966 e il terremoto del Belice due anni dopo – solo nel 1970 arriva tra le polemiche la legge per il soccorso e l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità. Legge disattesa fino al 1980, quando il terremoto in Irpinia che devasta la Basilicata e la Campania – 3 mila morti, 9000 feriti e 280 mila sfollati – richiederà la sua prima applicazione. Le emergenze talvolta diventano merce per la ribalta televisiva. Il 10 giugno 1981, Alfredino Rampi, un bambino di 6 anni, cade in un pozzo a Vermicino alle porte di Roma, vani i tentativi per tirarlo fuori. Morirà tre giorni dopo, la salma sarà recuperata dopo ventotto. Dall’emozione di quei momenti nasce l’esigenza di un’organica struttura di Protezione civile. Solo nel 1992 è approvata una legge che affida ai sindaci il potere di dirigere le operazioni di soccorso: la prima risposta all’emergenza deve partire dalla struttura comunale. Quando un evento non può essere fronteggiato con i mezzi a disposizione del comune, si mobilitano i livelli superiori attraverso un’azione integrata: la provincia, la prefettura, la regione, lo Stato. La vera spina dorsale è rappresentata dal sistema dei volontari, al centro del quale sono le Misericordie e le Pubbliche assistenze. Gli ultimi passaggi sono storia recente. Tra questi la legge 401 del 2001, quella del governo Berlusconi che resuscita il Dipartimento sottoposto alla presidenza del consiglio e che infila subito i «grandi eventi» tra i compiti della Protezione civile guidata dall’allora, e per lungo tempo onnipotente, Guido Bertolaso.È in quella legge il primo grave vulnus, la crepa dei «Grandi eventi» attraverso cui passerà di tutto e che creerà le condizioni per le progressive degenerazioni del «sistema Protezione civile» sconfinate nelle vicende della cricca all’assalto dei lavori del G8 in Sardegna e poi nella ricostruzione nel dopo-terremoto in Abruzzo del 2009. È stato scoperto che in otto anni – dal 2002 al 2009 – sono state emesse più di 600 ordinanze, mentre tra il 1994 e il 2001 erano state una o due l’anno. Secondo alcune stime la spesa si aggirerebbe sui 10,6 miliardi di euro. Lo scalpore destato nell’opinione pubblica è elevato: il decreto per la privatizzazione è abbandonato.Uscito di scena Bertolaso, sostituito dal prefetto Franco Gabrielli, nel febbraio 2011 il ministro Tremonti tenta di arginare le spese vincolando gli interventi al controllo preventivo del ministero dell’Economia e della Corte dei conti.Dopo le polemiche di questi giorni esce un altro provvedimento che dà più potere alla Protezione civile per la copertura finanziaria dei primi interventi, compreso quello dell’esercito. Al centro della storia della Protezione civile sono le donne e degli uomini che hanno affrontato con dedizione le emergenze degli ultimi trent’anni. Per loro non c’è mai stata la ribalta della televisione né le prime pagine dei giornali. In prima linea hanno affrontato ogni tipo di calamità, con l’unico obiettivo di salvare vite umane. Oggi le loro vicende chiedono a gran voce una svolta: non meritano di fare la fine del Titanic.Grandi eventi milionari 2001 – 2009Questi alcuni dei «grandi eventi» (tra parentesi luogo di svolgimento e spesa sostenuta):Louis Vuitton Trophy (La Maddalena, 22/5 – 6/6/2010, € 3.750.000); XVI Giochi del Mediterraneo (Abruzzo 2009, € 52.052.458,91); Mondiali di nuoto “Roma 2009” (2009, € 38.032.627,32); Presidenza Italiana del G8 (2009, La Maddalena € 327.500.000 – L’Aquila 97.860.064): Campionati del Mondo di ciclismo su strada 2008 (Varese, € 23.106.138,55); Pre -regata della 32ª Coppa America (Louis Vuitton Cup acts 8&9) (Trapani 2005, € 67.781.935,97); Vertice NATO – Federazione Russa (Pratica di Mare 2002, € 36.836.247,01): Vertice In.C.E. di Trieste (novembre 2001, € 1.549.370,70)

Ennio Cicali

L’Enel si difende: «Abbiamo fatto tutto il possibile»DI CLAUDIO TURRINIPaesi interi senza energia e al freddo. Il vero disastro lo si è avuto a causa dell’Enel. Anche se non ho competenze dirette faremo un tavolo regionale con i Comuni. Vogliamo mettere l’Enel in un angolo e costringerla a darci risposte». Parole come pietre quelle usate dal presidente della regione, Enrico Rossi, sulla sua pagina facebook il 2 febbraio. Ma l’Enel non ci sta a finire sul banco degli imputati. È orgogliosa del lavoro svolto dai suoi tecnici, in condizioni spesso estreme, per il gelo e la neve. E fin dalle prime ore dell’emergenza ha messo in campo 580 uomini e oltre 500 mezzi, poi aumentati con il passare delle ore, grazie ai rinforzi giunti dalle regioni vicine. Maurizio Della Corte è il responsabile Enel della Rete di Toscana e Umbria. Passata l’emergenza accetta di fare con noi il punto della situazione.

Ci dica la verità: eravate preparati ad un evento del genere?

«Sì, il nostro modus operandi per le situazioni di emergenza è collaudato. Ci muoviamo sempre in maniera preventiva ed abbiamo una precisa procedura per l’emergenza che, tra l’altro, prevede una prima fase di dichiarazione dello stato di allerta, dichiarata per questo evento con 24 ore di anticipo. Questa, attivata sulla base di informazioni sulle condizioni meteorologiche e di rilievi dai nostri sistemi di telecontrollo della rete, comporta, tra l’altro, il rinforzo dei turni di reperibilità del nostro personale, l’allerta delle imprese, nonché il controllo dei gruppi elettrogeni e dei mezzi speciali».

Nei giorni più critici avete utilizzato anche squadre provenienti dalle regioni vicine. Perché?

«L’attivazione di task force in ambito regionale ed extra regionale è un intervento previsto dalle nostre procedure per la gestione delle emergenze, in particolare per quelle di grande impatto, e viene utilizzata per ridurre al minimo i tempi di ripresa del servizio e, di conseguenza, i disagi alla Clientela. In questo caso, è stata attivata considerando la particolarità dei fenomeni atmosferici che hanno portato, tra l’altro, in misura anomala alla formazione di ghiaccio sulle linee e alla caduta di alberi – fuori dalle zone di rispetto Enel – sui cavi, con conseguente interruzione del servizio».

Quindi la criticità è stata maggiore rispetto a quanto previsto?

«Avere rinforzi da altre regioni ha permesso anche di usufruire di più squadre in parallelo per accelerare gli interventi di riparazione rallentati dalla viabilità rallentata o bloccata. Infatti il nostro sistema di telecontrollo ed automazione, all’avanguardia a livello internazionale, ci consente di ripristinare rapidamente il servizio da remoto per la maggior parte dei Clienti ma per la parte restante occorre intervenire in loco e procedere con riparazioni e/o installazione di gruppi elettrogeni. Ciò richiede, in caso di guasti diffusi, un numero di operatori e mezzi molto maggiore rispetto alla normale gestione del servizio, soprattutto se la viabilità è limitata».

Eppure il presidente della giunta regionale, Enrico Rossi, si è lamentato.

«Faccio solo osservare che, oltre a legittime segnalazioni di disagi, ci sono pervenute tantissime testimonianze e attestati di ringraziamento per l’operato dei nostri operai che spesso, pur di raggiungere abitazioni isolate, si sono fatti alcuni chilometri a piedi nella neve. Comunque, come abbiamo già detto al presidente Rossi nell’incontro del 2 febbraio, diamo la massima disponibilità per incontri con la Regione».

Sembra che molti disagi siano stati causati da rami caduti sulle linee. Che tipo di manutenzione fate?

«Effettuiamo ogni anno interventi programmati di taglio piante per migliaia e migliaia di km di rete. I nostri programmi sono molto dettagliati e sono effettuati sulla base della mappatura delle aree boschive regionali ma anche delle periodiche ispezioni effettuate dal personale delle nostre Unità Operative».

È competenza vostra tagliare le piante ovunque o solo nei pressi delle linee elettriche?

«Naturalmente. Ci è possibile effettuare questa attività solo entro la fascia di rispetto delle linee, cioè nella parte che è di nostra proprietà. Le cause di numerosi guasti, verificatisi nei primi giorni del mese, sono riferibili proprio alla caduta di alberi di alto fusto posti al di fuori della fascia di rispetto, la cui manutenzione non è certamente di nostra competenza. Per chiarezza, preciso che la manutenzione preventiva è per noi una priorità e prevede, soprattutto, taglio piante ed ispezioni cabine e linee, queste ultime anche con l’ausilio di elicotteri per le zone più impervie. Nel 2011, in Toscana e Umbria, abbiamo effettuato 100 milioni di euro di nuovi investimenti, 30 milioni di manutenzione e abbiamo effettuato in molte province toscane ispezioni eliportate che proseguiranno nel 2012».

Quali altri guasti ci sono stati?«Altre cause di guasto sono state la formazione di manicotti di ghiaccio sui conduttori e il forte vento, fenomeni che hanno comportato sollecitazioni meccaniche superiori ai limiti di progetto previsti dalle norme».

Facendo tesoro da quanto è successo, cosa si può fare perché la prossima volta i disagi siano minori? Siete disponibili a confrontarvi con la Regione e le Istituzioni?

«Ritengo sia fondamentale consolidare la collaborazione tra tutti gli enti preposti alla gestione di emergenze e le società concessionarie di servizi essenziali; ciò per garantire una sinergica azione nel fronteggiare le difficoltà, nell’esclusivo interesse dei cittadini. È con tale intento che la nostra Azienda ha già dato disponibilità ad incontri con la Regione, con l’obiettivo di ottimizzare i rapporti di collaborazione e di illustrare le nostre attività di controllo e presidio della rete nonché i piani di attività effettuati e da realizzare nei prossimi anni sul territorio toscano».