Toscana

FILIPPINE, RAPIMENTO DI PADRE BOSSI: SCELTO UN MEDIATORE UNICO PER TRATTATIVE

 “C’è stato un importante incontro tra i padri del Pime, la polizia locale, esercito, autorità filippine e il personale ambasciata italiana. E’ stato deciso di designare un mediatore unico per le trattative e c’è ottimismo su questa scelta. Si spera che sia il canale giusto per mandare in porto le trattative”: lo dice alla MISNA padre Gian Battista Zanchi, superiore generale del Pontificio Istituto Missione Estere (Pime), a un mese esatto dal rapimento di padre Giancarlo Bossi, sequestrato il 10 giugno nel villaggio costiero di Bulawan, nella provincia di Zamboanga (ovest dell’isola meridionale di Mindanao). “I confratelli insistono sul non dare credito alle voci di un coinvolgimento di Abu Sayyaf. Sembra che il gruppo dei sequestratori sia composto da una decina di persone, forse fuoriusciti del Fronte di liberazione islamico Moro (Milf). Anche il luogo della prigionia di padre Bossi sarebbe stato identificato” aggiunge padre Zanchi. Intanto i giornali filippini riportano oggi quella che viene definita la “terza prova” che padre Bossi è in vita – dopo le fotografie e un messaggio audio – un messaggio di testo (sms) inviato a un cellulare a un non meglio precisato “amico” del missionario che fonti della Farnesina hanno già giudicato “non attendibile”. “La notizia è circolata attraverso la stampa locale, ma non possiamo confermare la sua validità” dice alla MISNA padre Luciano Benedetti, confratello di padre Bossi, contattato presso la casa del Pime a Zamboanga.

Anche oggi padre Benedetti ribadisce che il possibile coinvolgimento del gruppo radicale Abu Sayyaf è da escludere: “In questa zona loro non sono presenti. Fonti militari con cui ci siamo ulteriormente consultati in loco, nella zona di Sibugay, confermano che è impossibile che loro c’entrino in questa vicenda”. Ieri, in una conferenza stampa a Roma, l’ex-sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver, rientrata da una missione nelle Filippine, aveva fatto riferimento al messaggio audio “pare di pochi secondi” e “databile al 2 luglio”; anche l’attuale sottosegretario agli Esteri Gianni Vernetti – presente all’incontro insieme al vice-ministro Franco Danieli – aveva menzionato il messaggio audio, precisando che “si tratta di un breve appello in due lingue, la prima parte in italiano la seconda in dialetto filippino” – nastro che lo stesso missionario sostiene “di aver registrato il 2 luglio” – e aggiungendo che “sono in corso verifiche” sulla registrazione. Intanto, sul blog aperto per seguire il rapimento di padre Giancarlo, i confratelli nel sud delle Filippine ricordano oggi che è trascorso un mese dal sequestro. “Le lancette dell’orologio girano con inesorabile lentezza mentre padre Giancarlo rimane in cattività, mentre i suoi rapitori discutono sul da farsi, mentre la famiglia aspetta con ansia, mentre noi preghiamo e le varie notizie prendono forma sullo schermo televisivo. E’ passato un mese e già invecchiamo” si legge nell’ultimo ‘post’ pubblicato stamattina, che aggiunge: “Può darsi che la vita attorno ad un evento del genere si svolga con altri ritmi e gli eventi si susseguano come in un romanzo dove in poche pagine scorre una vita, ma sostanzialmente nel luogo del rapimento la vita non è cambiata: l’ostaggio rimane ostaggio, i rapitori, rapitori. Il tempo là è un giorno incredibilmente lungo. Per ora inceppato”.

Misna