Toscana

Famiglie e unioni di fatto, troppe ambiguità

di Alberto Migone

Le polemiche suscitate dalle dichiarazioni di Romano Prodi a proposito dei Pacs, cioè delle forme di riconoscimento civile delle coppie di fatto, si sono ormai attenuate, anche se hanno evidenziato un ulteriore tentativo laicista di mettere all’angolo i cattolici in quanto tali, quasi fossero ormai portatori… di minestre riscaldate!

Eppure, al di là delle strumentalizzazioni, la posta in gioco è alta, perché ogni eventuale decisione in ordine a tematiche così importanti segna e caratterizza, in un senso o in un altro, una società. C’è quindi bisogno, anche nel nostro mondo, di chiarire e precisare con pacatezza e serietà: problemi di questa portata in nessun caso e da nessuno possono essere gettati nell’arena elettorale, dove ormai lo strumento privilegiato è l’arma bianca. La necessità previa per un discorso serio in ordine ad ogni eventuale legiferare sulla famiglia è – a mio parere – il diradare l’equivoco delle parole onnicomprensive, seguendo invece il criterio, certo più difficile, delle necessarie distinzioni. È quello che del resto fa il Documento, elaborato da un apposito gruppo di lavoro, nominato dalla Conferenza episcopale Toscana e presieduto da mons. Gastone Simoni, vescovo delegato per la pastorale sociale, che fu presentato il 9 ottobre 2003 all’apposita Commissione incaricata di stilare il nuovo Statuto della Regione Toscana (testo integrale). «Le considerazioni dei Vescovi e il sentire delle comunità ecclesiali» in ordine alla famiglia sono espresse appunto distinguendo e precisando. La famiglia, «società naturale fondata sul matrimonio» deve essere adeguatamente valorizzata, sostenuta, favorita dalle Istituzioni ad ogni livello sul piano culturale, sociale, economico, in quanto è ordinariamente la primaria esperienza della socialità umana, il luogo naturale per la procreazione e educazione dei figli, esperienza privilegiata di solidarietà tra le generazioni. Per queste caratteristiche, che le sono proprie, non può mai essere equiparata ad altre forme di convivenza. Le motivazioni che postulano questo favor legis sono sanamente laiche, umane, largamente condivisibili e, direi, anche esperienziali: una famiglia salda porta un primo e fondamentale contributo alla società. Valorizzarla e rafforzarla è anche un modo per incoraggiare i giovani ad assumersi la gioiosa fatica di metter su famiglia. Altre forme di convivenza non fondate sul matrimonio. Secondo i dati Istat le coppie di fatto nel 2003 ammontano a 550 mila, e risultano raddoppiate nell’arco di 10 anni. È un fenomeno sicuramente in crescita, ma ancora abbastanza marginale, rispetto alla quota complessiva di 22 milioni di famiglie in Italia. Tali convivenze esprimono una tipologia molto varia e non hanno nei fatti natura omogenea. «Altro, ad esempio, è l’unione tra un uomo e una donna, tanto più se hanno figli, altro è l’unione di persone omosessuali». Ciò rende logicamente impossibile una loro disciplina unitaria, come avverrebbe con i Pacs, e ogni eventuale presa in considerazione da parte delle Istituzioni di tali forme di convivenza dovrebbe sempre essere vincolata a imprescindibili e simultanee condizioni. Il documento citato ne indica alcune: • abbiano il carattere di un impegno stabile e che l’estensione di misure di favore sia accompagnata dalla previsione di corrispondenti atti a favorire l’assunzione di responsabilità interpersonale e sociale. • questa considerazione non deve risultare penalizzante nei confronti della famiglia fondata sul matrimonio. Le unioni tra persone omosessuali non possono essere in alcun modo omologate né alla famiglia fondata sul matrimonio né ad altre forme di convivenza, «fermi restando i diritti-doveri inalienabili e costituzionali di ogni persona» e il rispetto dovuto a situazioni che in alcuni casi possono essere soggettivamente dolorose. Tutte queste forme restano, comunque, di «convivenza privata» che vanno certamente considerate, ma nell’ottica dei diritti personali e lasciate – come scrive l’agenzia Sir – al diritto civile e alla creatività dei giuristi. Ci sembrano queste alcune linee che possono aiutare, sia per un approfondimento personale che per un impegno da cristiani in ambito socio-politico. Certo non hanno – come del resto altri interventi o prese di posizione – un carattere normativo, hanno però per noi un valore orientativo, in quanto indicano principi e piste per possibili soluzioni, che però poi in una società pluralista si misurano, spesso si scontrano, con altre visioni, oggi soprattutto col principio frutto del relativismo culturale, presente in forti gruppi di pressione – non so quanto tra la gente – che ogni forma di convivenza è famiglia. Il nocciolo della questione è qui e su questo i cattolici non possono transigere. La scheda Cosa sono i CCS Il CONTRATTO DI CONVIVENZA SOLIDALE proposto da Rutelli è un accordo di natura privatistica accessibile «a tutte le persone che intendono vivere insieme prestandosi mutua assistenza, con beni e abitazione in comune». Accordo da codificare tra quelli previsti nel Codice civile. Cosa sono i PACS PATTO CIVILE DI SOLIDARIETÀ, definizione presa a prestito dalla legge francese il «Pacte civil de solidarieté». Le proposte sono molto diverse ma sostanzialmente estende ai contraenti gli stessi diritti dei coniugi in materia di successione ereditaria, assistenza sanitaria e penitenziaria, fisco e previdenza e gli stessi poteri di interdizione e inabilitazione. Così in Europa COSÌ IN EUROPA • DANIMARCA Dal 1989 le coppie di fatto hanno gli stessi diritti in materia di alloggi, pensioni, immigrazione e adozione. • SVEZIA Parità di diritti e doveri dal 1994. Dal 2002 le coppie gay registrate possono anche adottare bambini provenienti da altri paesi. • OLANDA Dall’aprile 2001 le coppie omosessuali possono sposarsi civilmente e adottare figli. • SPAGNA Il progetto di legge approvato dalla Camera bassa riconosce alle coppie omosessuali i diritti di adozione, eredità, pensione, divorzio, accesso alla nazionalità del coniuge. • FRANCIA Il «Pacs» è stato approvato il 13 ottobre 1999. Prevede l’inserimento nel codice civile di una definizione di convivenza che riguarda le coppie omosessuali, norme fiscali per consentire la denuncia dei redditi in comune, sconti sulla tassa di successione, facilitazioni per mantenere l’appartamento in affitto in caso di morte dell’intestatario, congedi in caso di eventi gravi al partner, facilitazioni per la previdenza sociale. Il Pacs regola anche la fine del rapporto. • GRAN BRETAGNA Dal novembre 2000 la legge prevede una serie di diritti-doveri per i coniugi, dall’eredità, alla previdenza, all’assicurazione. • BELGIO Dal gennaio 2000 è consentita la registrazione legale delle unioni gay. Il 30 gennaio 2005 il governo ha approvato il progetto di legge che intende stabilire, attraverso il matrimonio, l’eguaglianza di trattamento giuridico tra coppie eterosessuali e omosessuali. • ITALIA Non esiste una legge. Alcuni comuni (come Firenze, Pisa e Pistoia) hanno istituito un registro per le «unioni civili». Le proposte La lettera di Prodi a Grillini (Arcigay) Il dibattito sui Pacs (Patti civili di solidarietà) è stato innescato l’11 settembre dalla divulgazione di una lettera inviata dal leader dell’Unione Romano Prodi al deputato Ds e presidente onorario di Arcigay Franco Grillini. Eccone il testo integrale. Carissimo Franco, apprendo dalle colonne di un quotidiano nazionale di aver provocato «delusione» tra quanti, nell’Arcigay, si attendevano uno specifico riferimento ai PACS già nel breve testo che riassume solo le linee generali del mio programma per le primarie. Voglio perciò rassicurare te e quanti, eventualmente, avessero condiviso un sentimento di tal genere. Da parte mia, come tu stesso ricordi il problema non è stato affatto cestinato. Ma al contrario, troverà certamente soluzione nel programma finale dell’Unione. Come ho detto più volte nei mesi scorsi,e come sai, condivido con gli altri leader dei partiti dell’Unione l’ipotesi di una proposta universalistica che affronti, regolamenti e risolva il tema dei diritti delle coppie di fatto basate su un vincolo diverso da quello del matrimonio. Una proposta avanzata già in Parlamento da 161 parlamentari dell’ Unione e che trova la mia condivisione. Con molta amicizia, Romano ProdiLa proposta di Rutelli: Ccs di diritto privato Il 17 settembre sul sito della Margherita appare un intervento di Francesco Rutelli, con la proposta di regolamentare le «unioni civili» attraverso i «Contratti di convivenza solidale» (Ccs). Ecco il testo integrale della proposta. Il dibattito sulle «unioni civili» deve servire a fronteggiare e migliorare alcune difficili situazioni sociali e umane, ma non deve diventare un tormentone estraneo alle attese fondamentali degli italiani. Altrimenti, chi intendesse farne una bandiera della campagna elettorale si misurerebbe con un consenso ancora inferiore ai referendum sulla procreazione assistita, come confermano i risultati del sondaggio pubblicato oggi da «Repubblica», secondo il quale 2 italiani su 3 sono favorevoli a regolamentare le convivenze, mentre 7 italiani su 10 sono contrari ad istituire forme matrimoniali o para-matrimoniali per le coppie omosessuali. La mia opinione personale è nota da tempo e la riassumo in tre punti. 1) Occorre assicurare la protezione dei diritti civili degli omosessuali, anche perché inaccettabili aree di discriminazione persistono nella società italiana. 2) Nella prossima legislatura sarà possibile definire una normativa che regoli i Contratti di Convivenza Solidale per tutte le persone che intendono vivere insieme, prestandosi mutua assistenza, con beni e abitazione in comune. Si possono codificare simili contratti di diritto privato nel codice civile, in modo da precisare diritti e doveri delle persone che convivono, a vario titolo, incluse le persone omosessuali. 3) È da escludere, per l’indicazione tassativa dell’art. 29 della Costituzione, il «matrimonio gay», così come altre figure giuridiche che possano introdurre forme simil-matrimoniali. Su queste basi credo si possa trovare una larga convergenza nell’Unione, e soprattutto presso l’opinione pubblica, risolvendo così alcuni problemi significativi. Oggi consiglierei di riportare subito l’attenzione di tutto il centrosinistra sulle questioni che vengono molto prima nella scala delle preoccupazioni del popolo italiano. Innanzitutto l’economia: ripresa della crescita e della competitività; difesa del potere d’acquisto, poiché milioni di persone faticano ad arrivare a fine mese; miglioramenti dei servizi pubblici; politiche per la famiglia, anche per contrastare la crisi delle nascite che minaccia il futuro del nostro paese. Francesco RutelliLa condanna dell’Osservatore Romano «Alla ricerca di voti lacerando la famiglia», ha titolato così «l’Osservatore Romano» (lunedì-martedì 12-13 settembre in ultima pagina) un articolo nel quale dava conto delle dichiarazioni del leader dell’Unione Romano sulle coppie di fatto. «Una dichiarazione – commentava il quotidiano vaticano, dopo aver riportato la lettera di Prodi a Grillini – che chiama direttamente in causa nella competizione politica la famiglia, la realtà naturale alla quale sono naturalmente inclini l’uomo e la donna. Una realtà fondata, come la stessa Costituzione italiana ammonisce, sul matrimonio. Un tentativo, dunque, di relativizzare e ideologizzare la realtà della famiglia. Una lacerazione inaccettabile». Rispetto alle dichiarazioni fatte dai politici in questa fine estate, «l’Osservatore Romano» sottolineava come «alcuni di questi pronunciamenti sono, occorre credere, frutto di riflessioni articolate e complesse che hanno costituito la base per preparare quella che si preannuncia come una campagna elettorale orientata al procacciamento di tutti i voti rastrellabili sul territorio». Tra i progetti di legge anche uno della Toscana Sono 14 i progetti di legge attualmente all’esame del Parlamento (II Commissione, Giustizia, della Camera dei deputati), di cui 13 d’iniziativa parlamentare e uno d’iniziativa del Consiglio regionale della Toscana. Quest’ultimo (il n. 4588, del 29 dicembre 2003) propone una «Disciplina delle unioni di fatto» tra persone maggiorenni, non unite in matrimonio tra loro o con altri (quindi anche omosessuali). Lo scopo, si dice, è quello di «superare quegli ostacoli che impediscono attualmente alle coppie di fatto alcuni elementari diritti come quello di subentrare nell’affitto della casa comune in caso di morte del partner o quello di lasciare in eredità, fatti salvi i diritti degli eredi legittimi, il proprio patrimonio alla persona con la quale si è condivisa l’esistenza». Nella seduta del 27 luglio 2004 la Commissione ha deciso di proseguire l’esame delle 6 proposte in materia di «patto civile di solidarietà» e di dis-abbinare dalla discussione le restanti 8 in quanto «volte a estendere l’istituto del matrimonio anche alle coppie omosessuali o, comunque sia, a modificare sostanzialmente il diritto di famiglia in relazione al fenomeno delle coppie di fatto». Per approfondire la problematica, si è deciso di procedere ad una indagine conoscitiva, mediante l’audizione di esperti indicati dai diversi gruppi politici. Fino ad oggi si sono svolte le audizioni del prof. Torino (Università Roma Tre), del prof. Busnelli (Scuola superiore S. Anna di Pisa), dell’avv. Marina Marino, presidente dell’Associazione nazionale avvocati matrimonialisti, e del prof.Stefano Rodotà («La Sapienza» Roma). Secondo il relatore dei provvedimenti, «tutte le proposte, oltre a sostenere l’invito europeo a legiferare in tal senso, partono dall’assunto che sono sempre più numerose le coppie di fatto e sottolineano che l’articolo 29 della Costituzione – che riconosce i diritti della famiglia come società basata sul vincolo del matrimonio – non esclude una legge per la regolarizzazione delle coppie di fatto». In altri termini, secondo il relatore il nostro ordinamento, pur riconoscendo la rilevanza costituzionale della famiglia fondata sul matrimonio, non esclude il riconoscimento e la tutela di diverse «formazioni sociali», quali, ad esempio, la convivenza, anche se non organizzata nella forma della famiglia unita dal vincolo matrimoniale. La relazione introduttiva ha posto in evidenza che le situazioni rispetto alle quali si prevedono, nelle varie proposte, interventi legislativi, sono sostanzialmente tre: la prima riguarda le coppie eterosessuali che, per libera scelta o per necessità, non possono o non intendono legarsi da un vincolo quale quello matrimoniale (le cosiddette convivenze more uxorio); il secondo caso riguarda le persone che, per ragioni di età o di salute o di indigenza, decidono di vivere insieme al fine di limitare i disagi derivanti dalla solitudine o dalle ristrettezze economiche, prestandosi mutua assistenza; la terza situazione considera il caso delle coppie omosessuali, che convivono in quanto legate da vincoli affettivi. Evidenzia come sin dal 1986 la Corte costituzionale ha affermato che «un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare, anche a sommaria indagine, costituzionalmente irrilevante quando si abbia riguardo al rilievo offerto al riconoscimento delle formazioni sociali e alle conseguenti intrinseche manifestazioni solidaristiche». Come appena accennato, alcune proposte di legge sono dirette a disciplinare il patto comune di convivenza (cosiddetto Pacs, dalla legge francese n.99-944 del 15 novembre 1999 volta a istituire il «Pacte civil de solidarieté»). Il ricorso allo strumento negoziale se, da un lato, evita un’indiscriminata omologazione da parte del legislatore delle unioni non matrimoniali alla famiglia legittima, dall’altro, non esclude il rischio che i conviventi, invocando i valori di libertà e autonomia, si sottraggano agli impegni e alle responsabilità che il rapporto di coppia implica, determinando in tal modo un ingiusto svantaggio per la famiglia legittima i cui doveri sono costituzionalmente stabiliti e pertanto insopprimibili. In sostanza, l’affidamento all’autonomia dei privati della regolamentazione del rapporto non coniugale potrebbe dar vita a un’unione caratterizzata dagli stessi diritti della famiglia legittima, ma senza i doveri o con doveri minori. L’intervista Il costituzionalista: Ma nello Statuto toscano c’è solo un «manifesto» di Claudio TurriniSui Pacs si prenda esempio dalla Toscana, che nel suo Statuto (art. 4, comma h) riconosce «le altre forme di convivenza». Questo l’appello trasversale di alcuni consiglieri regionali, dopo la lettera di Prodi. Un appello che ha visto sulla stessa sponda sia consiglieri della maggioranza, come il diessino Filippo Fossati e l’esponente della Margherita Erasmo D’Angelis, che dell’opposizione, come il capogruppo di An Maurizio Bianconi e il suo compagno di partito Achille Totaro. Ma davvero quanto fatto in Toscana anticipa un’eventuale legge sui Pacs? È giustificato tutto questo «entusiasmo»? «Non entro sul piano politico – commenta Giovanni Tarli Barbieri, docente di diritto costituzionale all’Università di Firenze –, ma dal punto di vista giuridico la sentenza della Corte Costituzionale (n. 372 del 2004 ) non avvalora molto questa lettura. È vero che la Corte ha dichiarato inammissibile la questione di illegittimità sollevata dal Governo, ma sulla base del presupposto che l’art. 4 dello Statuto toscano è privo di efficacia giuridica. È una mera enunciazione, una sorta di manifesto politico inserito in un atto normativo». E, secondo lei, chi può legiferare? «Non la Regione. Questa è materia che rientra in quelle esclusive dello Stato, cioè del Parlamento. Anche perché si tratta di una questione che non può essere disciplinata in modo diverso sul territorio nazionale. Altro discorso è se la Regione, nell’esercizio delle proprie prerogative, estende alcuni diritti anche alle convivenze more uxorio, ma questo non c’entra nulla con quel comma dello Statuto». Ma anche il Parlamento è totalmente libero di legiferare? «È competente, ma non può farlo come vuole, perché la giurisprudenza della Corte Costituzionale, che si è formata ormai da anni, ritiene che l’art. 29 della Costituzione non consenta una assimilazione tout court della famiglia di fatto alla famiglia fondata sul matrimonio. E infatti, quando la Corte ha esteso alcuni diritti, lo ha fatto con un approccio casistico, andando a vedere situazione per situazione se c’era un motivo perché la famiglia legittima e quella di fatto avessero regolamentazione diverse». Ad esempio per cosa? «Ad esempio, se muore l’affittuario di un appartamento, il proprietario può buttar fuori di casa il convivente? La Corte ha detto no, perché in questo caso c’è un diritto all’abitazione che non si può negare anche in presenza di un rapporto more uxorio». Il «paletto» dell’art. 29 dunque è forte. Ma c’è spazio per un «patto di solidarietà»? «Da questo punto di vista ostacoli probabilmente non ce ne sono: si tratta di vedere poi come viene costruita questa legislazione. Comunque il matrimonio è fonte di diritti, ma anche di obblighi. Quando si parla di estendere i diritti delle famiglie di fatto bisognerebbe dire che si vogliono estendere anche i loro doveri.» Il leader della Margherita Francesco Rutelli ha ipotizzato di imboccare una strada diversa, quella dei «Csc»… «È una strada che non porta alcunché di pubblico. Darebbe vita ad una sorta di negozio giuridico tra due persone che vincola l’uno verso l’altro ma che non ha alcuna proiezione esterna». Ma gli effetti sarebbero simili a quelli introdotti dal Pacs? «No. Ad esempio, se uno si trova ricoverato all’ospedale in una situazione di incoscienza, può il convivente esibire il contratto e dire: “decido io che tipo di cure fare al mio compagno”? No, perché quel contratto non avrebbe nessuna proiezione esterna. C’è anche chi giustamente osserva che molto di quello che propone Rutelli sarebbe già possibile oggi: nulla ci proibisce di andare da un notaio e fare una scrittura privata…». Allora secondo lei qual è la strada migliore? «Bisognerebbe mettersi prima d’accordo su cosa è “famiglia di fatto”. A Pistoia è stato recentemente introdotto un registro comunale dove possono iscriversi – cito dalla delibera – “due persone maggiorenni, non legate da vincolo di matrimonio, parentela, affinità, adozione e tutela ma da vincoli affettivi, coabitanti da almeno un anno e aventi dimora abituale nel Comune di Pistoia”, ma anche “due persone maggiorenni coabitanti da almeno un anno per motivi di reciproca assistenza morale e o materiale…”. Così avremmo, in base al primo punto, due conviventi eterosessuali o omosessuali, e in base al secondo, per esempio, due anziani che vanno a vivere insieme perché soli, due colleghi di lavoro o un sacerdote con la perpetua. A monte di queste proposte dovrebbe esserci un’indagine seria di che cosa si tratta. Allineare queste forme diverse di convivenza è assurdo». Che validità hanno questi «registri» comunali? «Qui non si esce da due alternative: o si ritiene che siano una sorta di grande manifesto politico che vuol sollecitare il legislatore oppure se il Comune pretende di legiferare, allora l’atto è illegittimo, anzi, è incostituzionale». Forum, documento sulla famiglia La prolusione del card. Ruini al Consiglio permanente Cei (19 settembre 2005) Statuto regionale: Convivenze e immigrati, questi articoli non esistono più Proposta di legge di iniziativa del Consiglio regionale Toscano sulle unioni civili Statuto regione Toscana «Unioni civili», lettera di mons. Scatizzi al Consiglio comunale di Pistoia