Toscana

Firenze: addio Provincia, arriva la Città metropolitana

Oramai è un classico: il Governo a luglio, prima di andare in vacanza, pensa di abolire le province e istituire le città metropolitane. Lo fa questa volta con un metodo nuovo, dopo la bocciatura per incostituzionalità della analoga manovra del precedente governo Monti. Affronta il problema da due lati: con un disegno di legge costituzionale che semplicemente cancella la parola «Province» dalla Costituzione, e nell’attesa dell’approvazione, invece di ridisegnarne i confini con accorpamenti vari, operazione che si rivelò lo scorso anno di una incredibile difficoltà politica, lascia momentaneamente le attuali province ma riduce i loro poteri con un disegno di legge ordinario detto appunto «Svuota province» approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 26 luglio.

Così facendo consegue due obiettivi. Da un lato accantona il problema della riorganizzazione degli apparati periferici dello Stato (prefetture etc.) che con la precedente manovra governativa avrebbero seguito il destino delle province accorpandosi, e dall’altra riduce le province a gusci vuoti che testimoniano la loro presenza facendo quindi bella figura costituzionale ma nient’altro. Ovviamente l’Unione delle province italiane (Upi) non ci sta e con il suo presidente Antonio Saitta già proclama la incostituzionalità del disegno di legge ed annuncia ricorsi.

Inoltre con lo «Svuota province» si istituiscono dieci città metropolitane al posto di altrettante province, tra le quali quella di Firenze. La città metropolitana è guidata da un sindaco corrispondente col sindaco della città capoluogo, da un consiglio metropolitano e da una conferenza metropolitana. Alla città metropolitana vengono assegnate funzioni importanti che comprendono la pianificazione strategica, la pianificazione territoriale generale con la possibilità di fissare vincoli ed obiettivi ai piani dei comuni, il coordinamento, la promozione e la gestione integrata dei servizi, e la promozione dello sviluppo economico. L’effettiva incidenza dell’esercizio di queste funzioni dipenderà dai finanziamenti a disposizione del nuovo ente la cui  istituzione è prevista per il primo gennaio 2014. Dopo sei mesi, durante i quali lo statuto dovrebbe essere approvato, esso subentrerà alla relativa provincia. 

La riforma così proposta si discosta da quella precedente per il maggior peso dato ai comuni rispetto alla provincia. Alcuni rilevano in questo la chiara matrice «comunale» del ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, renziano, cui si deve la presentazione del disegno di legge, già presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani. Anche in fase di costituzione della città metropolitana il ruolo della provincia è marginale e si limita alla partecipazione del presidente al consiglio metropolitano durante la fase di approvazione dello statuto. 

Le reazioni dei presidenti delle province toscane non si sono fatte attendere. Giorgio Kutufà, presidente della Provincia di Livorno parla di novità devastante riferendosi alla città metropolitana; Andrea Pieroni, presidente della Provincia di Pisa e di Upi Toscana, paventa il rischio che «si vada verso un assetto istituzionale nel quale le città  e le aree urbane la facciano da padrone, lasciando senza rappresentanza politica e istituzionale il resto del territorio». 

In effetti, se il disegno di legge fosse approvato, due sarebbero le conseguenze politico-istituzionali in Toscana: primo, la Città metropolitana di Firenze diverrebbe un potere forte, forse antagonista a quello regionale, capace di esaltare la centralità di Firenze a scapito di altre aree come quelle della costa, turbando così un equilibrio sapientemente costruito in tanti anni di governo regionale. Secondo sparirebbe la Provincia di Firenze. Si tratta dell’azzeramento del personale politico rappresentato dal suo presidente Andrea Barducci, da 36 consiglieri provinciali e dieci assessori che dovrebbero trovare altri spazi politici (ovviamente non Carla Fracci, assessore alla cultura). Una operazione non indolore e che muterebbe il panorama politico locale eliminando una istituzione che, negli ultimi tempi, si è mostrata in opposizione alle scelte politiche del Comune.

Del nuovo soggetto politico metropolitano gli organi essenziali sono quelli del sindaco, del consiglio e della conferenza. Poiché il sindaco del comune capoluogo e quello metropolitano coincidono, quest’ultimo verrà eletto dagli elettori fiorentini che sono il 37% di quelli della città metropolitana, quindi una minoranza. E’ il risultato di una legge pensata per città metropolitane nelle quali la popolazione del capoluogo è una quota maggioritaria, mentre nell’area fiorentina i rapporti sono capovolti. 

Nel Consiglio metropolitano che ha compiti di indirizzo, siederanno i rappresentanti dei 17 comuni con più di 15 mila abitanti: Firenze, Scandicci, Sesto Fiorentino, Empoli, Campi Bisenzio, Bagno a Ripoli, Fucecchio, Pontassieve, Lastra a Signa, Signa, Borgo San Lorenzo, Castelfiorentino, San Casciano, Figline Valdarno e Incisa, Calenzano, Reggello e Certaldo. A questi vanno aggiunti i presidenti delle attuali cinque unioni (di comuni) con più di 10mila abitanti: Circondario Empolese, Mugello, Valdarno-Valdisieve, Chianti fiorentino e Fiesole-Vaglia. In totale quindi un consiglio di 22 membri. Poiché si superano le 20 unità si potrà costituire un comitato esecutivo, cioè una sorta di giunta. 

La maggioranza Pd è assicurata nel Consiglio, e gli eventuali contrasti avranno come origine gli interessi locali dei comuni. Considerando le aree, avremo: i comuni della Piana con 4 rappresentanti, il Circondario empolese con 5 rappresentanti (4 sindaci più un presidente), il Chianti fiorentino con 2 (un sindaco più un presidente), il Mugello con 2 (un sindaco più un presidente), e Fiesole-Vaglia con un presidente. Una situazione abbastanza frammentata nella quale alleanze anti-Firenze saranno difficili, anche se in questo consesso i 366mila abitanti di Firenze saranno rappresentati da un solo voto, seppure importante come quello del sindaco metropolitano.

Differente la situazione nella Conferenza metropolitana, che ha il compito di approvare lo statuto e i bilanci annuali proposti dal Consiglio metropolitano. Di questa faranno parte i 44 sindaci dei comuni dell’attuale Provincia, ma il loro voto sarà ponderato con il numero dei residenti del comune rappresentato. Ad esempio il voto del Sindaco di Firenze peserà circa 312, mentre quello di Palazzuolo sul Senio, il comune più piccolo peserà 1. I comuni della Piana messi insieme peseranno circa 108. Facile quindi per Firenze costruire alleanze.

Quali le ricadute sui problemi locali? Sicuramente il ruolo dei sindaci della Piana verrebbe ridimensionato. Nella questione più scottante, l’aeroporto, oltre alla Regione avremmo un altro importante attore, la Città metropolitana, presumibilmente a favore, mentre scomparendo la Provincia mancherebbe un attore contrario ed un alleato dei sindaci della Piana e di Prato. 

Sul futuro della manovra gravano vari livelli di incertezza. Primo fra tutti la tenuta del governo. Poi, ammesso che il governo tenga, ci sarà l’esame del Parlamento, che potrebbe modificare la legge. Infine la variabile temporale: quando si arriverà all’approvazione della legge ordinaria e poi di quella costituzionale. Barducci punta sul fattore inerziale ed afferma che le province potranno comodamente concludere il mandato amministrativo, a maggio 2014, nelle stesse condizioni nelle quali l’hanno iniziato.

* Ricercatore, Dipartimento di Architettura Università di Firenze