Toscana

Firenze, manifestazione dei commercianti in piazza Duomo: “Non dimenticatevi di noi”

«Siamo qui affinché il governatore Eugenio Giani si faccia portavoce delle richieste espresse dai negozi di vicinato di fronte al Governo e al Presidente del Consiglio» ha dichiarato Santino Cannamela, presidente di Confesercenti Firenze. «Questi modelli di Dpcm sono distonici, bisogna superare i codici Ateco: non è possibile che, tra due negozi che vendono lo stesso prodotto, uno venga chiuso perché possiede un determinato codice Ateco, mentre l’altro rimanga aperto solo perché è stato registrato con un codice Ateco diverso. In secondo luogo, è necessario progettare “ristori” che durino per tutto il 2021 e pensare a un abbattimento degli affitti con un intervento diretto dello Stato, oltre a prevedere un congelamento di tasse e tributi locali e nazionali. Speriamo di ottenere a breve dei risultati – ha continuato Cannamela – perché in questa confusione non solo non è possibile lavorare, investire e pianificare il futuro, ma anche comprendere cosa stia realmente succedendo. Per fare questo all’interno del documento che consegneremo a Giani abbiamo messo la scaletta di tutti i provvedimenti presi dal Governo in questi mesi, per far emergere quanta farraginosità e burocrazia inutile si stia creando. Se invece venissero ascoltati commercianti e associazioni di categoria, si otterrebbero con le stesse spese risultati migliori per salvare il territorio. In discussione c’è il modello della piccola e media impresa, che – insieme all’artigianato – è l’ossatura dell’economia toscana e italiana».

Alla protesta hanno partecipato anche i rappresentanti dei negozi dedicati alla toilettatura per cani, sul piede di guerra per essere stati nuovamente costretti a chiudere. «Il nostro codice Ateco è sbagliato, siamo stati chiusi ingiustamente» ha attaccato Aleandro Lanini, responsabile per la Toscana di Oba (Operatore benessere animale), confederazione che riunisce varie associazioni che fanno capo a Confcommercio. «I nostri servizi non sono rivolti alle persone, ma ai cani. Un esempio della natura errata del nostro Ateco consiste nell’inquadramento dei dogsitter: pur avendo il nostro stesso codice Ateco, possono lavorare in quanto considerati collaboratori familiari, mentre noi non possiamo lavorare nonostante siamo artigiani a tutti gli effetti. Inoltre, molti negozi di toilettatura per cani hanno annessa anche una vendita di articoli e accessori; io, toilettatore, non posso prendere al guinzaglio un cane, portarlo nel retrobottega, “lavorarlo” e restituirlo al cliente, ma ho la facoltà di vendere un sacchetto di cibo. Eppure, la permanenza all’interno del negozio è la stessa. Noi lavoriamo solo per appuntamento, e in periodo Covid abbiamo esteso l’appuntamento anche per la riconsegna del cane, quindi telefoniamo al cliente per dargli un orario di consegna. In questo modo il lavoro si svolge scaglionato, non ci sono file all’esterno del negozio; però è già la seconda volta che ci fanno chiudere. È ingiusto, le autorità dovrebbero ascoltarci: siamo 6 mila partite Iva a livello nazionale».

Giani ha incontrato i manifestanti, ma non è stato latore di buone notizie per i toilettatori: «Io sono per riaprire – ha detto – ed è vero che i codici Ateco sarebbero da rivedere. Purtroppo la risposta alla faq che abbiamo inviato al governo, nella quale abbiamo paragonato la toilettaura canina ai servizi del parrucchiere, è stata negativa. E purtroppo la Regione può intervenire solo in maniera più restrittiva rispetto al Dpcm. Per superare questa situazione si dovrebbe intervenire sull’interpretazione, in nome di una necessità». Insomma, se la situazione si «agganciasse» a una necessità, allora la toilettaura potrebbe venire concessa.

Invece, la delegazione di Confesercenti – di cui hanno fatto parte Cannamela e Claudio Bianchi, presidente di Confesercenti Città Metropolitana – è stata ricevuta da Giani e Leonardo Marras, assessore regionale al commercio, e ha consegnato un documento nel quale erano riportate alcune soluzioni proposte dalla confederazione, con «l’obiettivo di estendere il processo di “congelamento dell’economia nazionale” finora limitato al solo blocco dei licenziamenti».

«Subito – si legge sul documento – un decreto che imponga un equo canone PMI fino al 31/12 2021, in cui si preveda il taglio degli affitti con percentuali variabili a partire dal 50%, a seconda della perdita di fatturato, della tipologia e collocazione attività. A seguire un blocco totale per tutto il 2021 di scadenze fiscali tributi locali gabelle varie e a seguire il loro azzeramento compressivo. Prevedere criteri e modalità per interventi diretti dello Stato nel capitale aziendale anche delle piccole imprese, al fine di garantire la continuità aziendale e la sopravvivenza del tessuto produttivo. Rimborso a fondo perduto pari ad almeno il 20% calcolato sull’intera perdita del fatturato, dal mese di marzo a quello di dicembre 2020 compresi. Revisione del principio che adotta i codici Ateco come metro di misura sia per le chiusure che per i Ristori. Alzare la soglia dell’ammontare al credito garantito dallo Stato al 100%, almeno a 50 mila euro, considerato che l’altro è poco utilizzabile dalle PMI. Tra i soggetti beneficiari delle diverse misure di credito e ristoro attualmente previste, inserire anche le imprese startup e quelle che hanno aperto negli ultimi sei mesi del 2019 e all’inizio del 2020 che sono state assolutamente ignorate. Al di là degli appelli a non comprare su Amazon, non è più rinviabile, soprattutto adesso che può venire meno la rappresaglia commerciale USA, la web tax targata UE».

Cannamela è apparso soddisfatto dopo l’incontro: «Giani e Marras hanno compreso le nostre richieste. Il governatore si è impegnato a portare il nostro documento direttamente a Giuseppe Conte. Dalle nostre richieste, quindi, scaturirà una lettera ufficiale verso il Presidente del Consiglio affinché le nostre istanze vengano prese in considerazione. Un ottimo risultato».