Toscana

Francigena, si può sperare

DI MARCO LAPIDopo tante chiacchiere ed altrettante delusioni, sembra proprio che per la Via Francigena si possa ipotizzare un futuro non troppo lontano dalla grande realtà oggi rappresentata dal Camino di Santiago. Un itinerario di pellegrinaggio, cioè, percorribile in assoluta sicurezza, con i tratti su asfalto ridotti veramente al minimo e una serie di posti tappa dove sia il pasto serale che il pernottamento non vadano al di là del tetto massimo di 10 euro.

A rendere credibile il progetto promosso dall’Associazione Civita e presentato giovedì 9 novembre a Firenze, nella Sala Verde della Banca Cassa di Risparmio di Firenze, è l’impegno concreto di quest’ultima, unitamente all’Ente CR Firenze e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma. «La quotidianità della fede, la straordinarietà del viaggio», questo il motto scelto per esprimere il senso di un’iniziativa che riguarderà i tratti toscano e laziale dell’antica via di pellegrinaggio e che per ora ha prodotto due interessanti pubblicazioni, «Le soste dei pellegrini lungo la Via Francigena: Toscana e Lazio» – il cui contributo principale è firmato da Renato Stopani – e «La valorizzazione della Via Francigena. I percorsi, l’accoglienza, l’offerta culturale», a cura di Sandro Polci, comprendente proposte tecniche per la realizzazione di camminamenti e punti sosta adeguati. Certamente, un consistente intervento della Francigena nei tratti toscano e laziale darebbe il «la» per la valorizzazione dell’intera via di pellegrinaggio, caratterizzata nel Medioevo non tanto da un’unica arteria quanto piuttosto da un fascio di percorsi che congiungevano i vari punti di sosta. Niente vieta, dunque, discostarsi anche oggi leggermente dalla direttrice principale, generalmente trasformata in un lungo nastro d’asfalto, per andare a riscoprire le valide alternative rappresentate da tranquille strade bianche se non addirittura da mulattiere e sentieri, o costruirle ex novo laddove mancano, come nella fascia maggiormente antropizzata tra Lucca e l’Arno.

C’è poi da ricordare, come ha fatto Antonio Paolucci nel suo intervento, che il famoso itinerario del vescovo Sigerico non è che uno dei percorsi che dalle varie nazioni d’Europa convergevano su Fidenza, allora Borgo San Donnino, per poi raggiungere l’Appennino al Monte Bardone, oggi Passo della Cisa, e Roma attraverso, appunto, la Toscana e il Lazio. A parte queste due regioni e il breve sconfinamento in Liguria, il tratto, per così dire, «unitario» della via (e in gran parte già percorribile su viabilità alternativa) è dunque relativamente breve.

Il progetto coordinato da Civita – associazione nata per far fronte al degrado di Civita di Bagnoregio, da cui prende il nome – va di pari passo con il lavoro di mappatura e il contributo culturale portato avanti dall’Associazione Europea delle Vie Francigene, di cui fanno parte – a livello nazionale – molti degli enti territoriali – comuni e province – attraversati dall’itinerario. Guidata dall’ex sindaco di Fidenza Massimo Tedeschi, ha da parte sua in programma un progetto di segnaletica e allestimento di soste, da portare avanti anche grazie a un recente accordo con la presidenza del Consiglio. Intanto, ha messo in rete (www.viefrancigene.eu) la topografia dell’intero tratto italiano allo stato attuale: un altro prezioso elemento per sperare nel definitivo recupero della via e anche dei luoghi della fede che la interessano. Come la Pieve di Coiano, in provincia di Firenze e diocesi di Volterra, di cui è stato annunciato il restauro. Per la gioia, tra gli altri, del vescovo emerito Vasco Bertelli, che, intervenendo al convegno con un bellissimo contributo sul valore del cammino e dell’incontro nell’esperienza del pellegrino, non ha mancato tra l’altro di sottolineare come di questo grande itinerario cristiano si debba andare giustamente orgogliosi.