Toscana

GIOVANNI PAOLO II: «FERMATE LE GUERRE AFRICANE»

Per aiutare l’Africa e in particolar modo per mettere fine a due delle guerre più tremende che la insanguinano, quelle in corso in Nord Uganda e in Sudan, il Papa ha chiamato in causa le organizzazioni internazionali, ma anche i responsabili politici dei singoli Paesi. «Durante questi giorni di distensione e riposo – ha detto ieri Giovanni Paolo II durante l’Angelus – il mio pensiero va spesso alle drammatiche condizioni in cui versano diverse regioni del mondo. Quest’oggi, in particolare, vorrei attirare la vostra attenzione sui tragici eventi che segnano ormai da lungo tempo alcuni Paesi dell’amato continente africano». Il Pontefice ha ricordato che «da più di diciotto anni il Nord dell’Uganda è sconvolto da un disumano conflitto, che coinvolge milioni di persone, soprattutto bambini. Molti di essi, presi nella morsa della paura e privati di ogni futuro, si sentono costretti a ‘fare i soldati’».

L’appello è stato rivolto sia alla comunità internazionale che «ai responsabili politici nazionali, perché si ponga fine a questo ormai tragico conflitto e si offra una reale prospettiva di pace all’intera nazione ugandese». «Altrettanto preoccupante – ha detto poi – è la situazione in cui si trovano le care popolazioni del Darfur, la regione occidentale del Sudan confinante con il Ciad. La guerra, intensificatasi nel corso di questi mesi, porta con sé sempre più povertà, disperazione e morte. Un ventennio di duri scontri (tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti del Sud, ndr) ha prodotto in Sudan un numero ingente di morti, di sfollati e di rifugiati. Come restare indifferenti? Rivolgo un accorato appello ai responsabili politici e alle organizzazioni internazionali, perchè non dimentichino questi altri nostri fratelli duramente provati».

Da anni ormai Giovanni Paolo II parla dei drammi africani. Solo quest’anno, tra l’altro, li ha ricordati nel discorso al corpo diplomatico, il 12 gennaio, quando tra i problemi che affliggono il mondo ha indicato le «tensioni e conflitti» in Africa dove «agli effetti della violenza si aggiungono l’impoverimento e deterioramento del tessuto internazionale, gettando popoli interi nella disperazione». Per aiutare il continente a uscire da questo quadro, appena un mese fa il Pontefice aveva chiamato all’impegno la Chiesa stessa. In un saluto ai vescovi africani, riuniti a Roma per la riunione del Consiglio post-sinodale della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi per l’Assemblea speciale per l’Africa, aveva sottolineato che per aiutare il continente africano a superare le ferite provocate da povertà, Aids e guerre, servono «autentica riconciliazione fraterna» e lo «sforzo congiunto di tutte le forze vive della società», in particolare di «quelle della Chiesa».

Dal 1986, in nord Uganda, le bande armate guidate da Joseph Kony seminano morte e distruzione, senza che il governo di Kampala riesca a fermare le violenze sul piano militare né ad avviare alcun tipo di negoziato. Si calcola che finora le vittime di questo conflitto siano oltre 100.000, 25.000 i minori sequestrati e oltre un milione (1.500.000 secondo alcune fonti) gli sfollati. Quello del Darfur, invece, è un conflitto più recente, anche se in pochi mesi è stato capace di causare una delle più gravi crisi umanitarie del Paese. Dal Febbraio del 2003 due gruppi armati nati come forze di autodifesa popolari – il Movimento per la giustizia e l’eguaglianza (Jem) e l’Esercito di liberazione del Sudan (Sla-m) – si sono sollevati in armi contro il governo di Khartoum, accusato di trascurare il Darfur, perché abitato prevalentemente da neri, e di finanziare i ‘Janjaweed’, questo il nome con cui sono conosciuti i predoni arabi che da anni razziano i villaggi e seminano morte. In 17 mesi di combattimenti la guerra del Darfur ha causato oltre un milione di sfollati interni, quasi 160.000 profughi (tutti nel confinante Ciad) e migliaia di morti, dai 10.000 ai 30.000 secondo le stime più accreditate.Misna