Toscana

Gli italiani e la Chiesa, una ricerca che fa discutere

Ma le domande erano tutte corrette?In Italia il 68,7% dei cattolici è favorevole ai Pacs; il 65,6% difende la legge sul divorzio e il 77,8% è contrario al divieto dell’eucarestia ai divorziati». Iniziava così il lancio dell’agenzia Ansa che lo scorso 17 gennaio dava conto della ricerca «Gli italiani e la Chiesa: tra fedeltà e disobbedienza», contenuta nel «Rapporto Italia 2006» di Eurispes. Ce n’era abbastanza per farsi spazio sui giornali. E infatti il giorno dopo i principali quotidiani italiani dedicavano pagine intere alla ricerca, leggendola tutti come un «via libera» dei cattolici ai Pacs, cioè a quel «matrimonio di serie B», che si vorrebbe estendere alle cosiddette «coppie di fatto». Sconcerto e imbarazzo nel mondo cattolico, colto di sorpresa da una lettura molto disinvolta dei dati. L’Agenzia Sir, dopo aver correttamente riferito sull’inchiesta, l’ha subito affiancata da un commento del teologo genovese Marco Doldi, che pur senza mettere «in discussione la serietà dell’elaborazione dei dati» avanzava «qualche comprensibile perplessità, a motivo della specificità del sondaggio che richiederebbe qualche attenzione in più, rispetto ad una semplice indagine di mercato». La ricerca, secondo Doldi, dava l’impressione «di dover dimostrare una tesi: gli italiani vivono nei confronti della Chiesa la loro religiosità tra fedeltà e disobbedienza. E, di conseguenza, si profilerebbe l’immagine di una religione vacillante». Ancora più esplicito il quotidiano cattolico «Avvenire» che all’inchiesta non ha dato spazio. A pagina 11 un corrosivo commento ironizza sulla «spedizione dei mille» (il campione degli intervistati) «inconsapevolmente spediti a suffragare una ardita tesi: la presunta adesione di larga parte del vastissimo mondo cattolico italiano alle parole d’ordine radicaleggianti di certa mobilitazione laicista e anti-clericale».

Intervistato dal sito cattolico www.korazym.org, il direttore di Eurispes, Italo Saverio Trento, ha difeso la ricerca: «Abbiamo posto le domande seguendo criteri logico razionali e rispettando i canoni metodologici della ricerca sociale – ha spiegato – Non abbiamo forzato la mano, anche perché non ne avremmo avuto motivo». E replicando alle accuse del Sir che si tratti di un’indagine «fedele e obbediente ad una tesi precostituita», Trento aggiunge: «Sottolineo che l’indagine evidenzia una maggioranza di italiani che rifugge alle tentazioni laiciste, a riprova che accanto ad una diversificazione di opinioni, non abbiamo svolto uno studio di parte, ma soltanto colto la realtà nelle sue sfaccettature. Non credo che ai radicali abbia fatto piacere il dato che vede favorevole la maggioranza degli italiani alla presenza di volontari pro life nei consultori».

In effetti la lettura dell’intera anticipazione diffusa da Eurispes mostra un ritratto più articolato di quello che le sintesi di agenzie hanno poi rilanciato. Ben l’80% degli intervistati si è dichiarato totalmente d’accordo sull’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. E una percentuale analoga ritiene giusto il meccanismo dell’8 per mille. Ma c’è qualcosa che non quadra in questa indagine, pur concedendo che il campione sia stato scelto in modo corretto. Tutti i report sulle opinioni – dai sacramenti ritenuti più importanti, ai temi caldi dell’aborto e dei pacs – non distinguono tra cattolici praticanti e non. Constatare che l’87,8% degli italiani (cioè quasi 9 persone su 10) non segue compattamente l’insegnamento morale e sociale della Chiesa è quasi lapalissiano, basti pensare all’esito del referendum sull’aborto nel maggio del 1981 (67, 9% di no). I lanci di agenzia poggiavano su questo equivoco.

Anche sul modo di porre le domande sorgono diversi dubbi. È stato chiesto al campione: «È stato da poco approvato il decreto fiscale che prevede l’esenzione dell’Ici per gli immobili e gli esercizi commerciali di proprietà della Chiesa. Ritiene giusto questo provvedimento?» Va da sè che ad una simile domanda il risultato è scontato: i «no» sono infatti il 63,9%. Il problema è che non è vero che sia stato approvato un provvedimento del genere. È stata una campagna faziosa ad accreditare questa versione dei fatti. Gli italiani possono anche cascarci, ma i ricercatori dell’Eurispes no. Forse giova ripeterlo anche a loro. Il parlamento ha introdotto una norma interpretativa che ribadisce quanto già stabilito dall’art. 7, comma 1, lettera i del decreto legislativo n. 504 del 1992 che prevedeva l’esenzione dall’imposta Ici per gli immobili destinati allo svolgimento delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, culturali e ricreative utilizzati da enti pubblici e privati non esercenti attività commerciali in via esclusiva. E di questi, solo il 4% appartengono alla Chiesa cattolica che giustamente continuerà a pagare l’Ici per gli immobili affittati o adibiti ad attività commerciali.

La ricerca

Negli ultimi 15 anni gli italiani che si definiscono «cattolici» sono aumentati di 8 punti pewrcentuali, attestandosi all’87,8%. È quanto emerge dal rapporto Eurispes su «gli italiani e la fede». La ricerca è contenuta nel Rapporto Italia 2006, condotto su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 1.070 intervistati e realizzato nel periodo tra il 22 dicembre 2005 e il 5 gennaio 2006. Eccone una sintesi.

• LE TIPOLOGIE DEL CATTOLICO ITALIANO. La prima è quella dei cattolici a «corrente continua»: una tipologia che interessa quel 36,8% «in regola» con il precetto cristiano e che afferma di partecipare alla Messa ogni domenica (30,6%) o anche più volte alla settimana (6,2%). Della seconda tipologia fanno parte i «cattolici a corrente alternata», quelli cioè che si recano in Chiesa a domeniche alterne (23,7%). Ci sono poi i «precettati del Natale e della Pasqua»: si tratta di quel 29,8% di intervistati che segue la Messa soltanto in occasione delle principali festività religiose. Infine trovano posto i «cattolici delle quattro ruote» (8,1%), quelli cioè che vanno in Chiesa tre volte durante tutta la vita: in occasione del battesimo, del matrimonio e del funerale e sempre… in automobile.

• LA RELIGIOSITÀ DEI GIOVANI. Contrariamente a quel che si può pensare i giovani esprimono un forte desiderio di religiosità: la percentuale dei ragazzi che affermano di partecipare alla messa domenicale è superiore a quella dei soggetti più grandi d’età: si reca alla messa tutte le domeniche il 30,8% degli intervistati che hanno tra i 18 e i 24 anni d’età, a fronte del 22,4% e del 28,5% dei soggetti intervistati appartenenti rispettivamente alle fascia d’età 25-34 e 35-44 anni. La quota più alta (37,7%) dei soggetti che si recano in Chiesa appartiene invece alla fascia d’età 65 anni ed oltre; essi rientrerebbero inoltre nella fascia dei maggiori frequentatori delle messe infrasettimanali (12,3%).

• IL SACRAMENTO PREFERITO È IL BATTESIMO. I sacramenti più sentiti dai cattolici sono quelli del battesimo: abbastanza (27%) e molto (59,8%), importante complessivamente per l’86,8% del campione e quello del matrimonio per l’85,3% degli intervistati. Seguono i sacramenti dell’Eucaristia e della Cresima. Alla confessione viene attribuito un livello di importanza decisamente inferiore rispetto agli altri sacramenti (abbastanza e molto importante rispettivamente per il 25,6% ed il 39,4% del campione).

• IL VALORE DELLA PREGHIERA. Per tre intervistati su quattro la motivazione principale che spinge gli italiani a recarsi in Chiesa è la preghiera. Il 16,4% del campione, invece, va in Chiesa solamente in ossequio alla tradizione familiare e un 14% ne avverte la necessità per trovare la «forza» nei momenti più difficili della vita. Molto più basse le percentuali dei credenti che frequentano la Chiesa per chiedere una grazia (1,7%), per socializzare (1,8%) o per ringraziare di un dono ricevuto da Dio (5,9%).

Eurispes, una ricerca «fedele e obbediente» a una tesi precostituita? (di MARCO DOLDI)

Perché non possiamo dirci tutti… cattolici (di ANDREA DRIGANI)

Minoranza di obbedienti in un paese «cattolico» (di PIETRO DE MARCO)