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INDIA, PRESIDENTE VESCOVI INDIANI CONDANNA LEGGI ANTICONVERSIONE DEL CHATTISGARTH

La Chiesa cattolica indiana condanna l’ultima iniziativa dei fondamentalisti di legalizzare la persecuzione dei missionari cristiani nel Paese. Intervistato da AsiaNews, mons. Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale dell’India (Cbci), si scaglia contro il governo del Chattisgarh, che da poco ha approvato una nuova legge anticonversione, che “riduce la libertà di pensiero e credo di ogni cittadino”.

Il 3 agosto il Chattisgarh – retto dal partito nazional-fondamentalista del Bharatiya Janata Party (Bjp) – ha dato il via libera a una legge che obbliga chiunque voglia cambiare religione a comunicarlo un mese prima al magistrato distrettuale, che concederà o meno il permesso. Chi viola questa regola viene punito con una multa che oscilla fra le 50 e le 100 mila rupie, oltre alla detenzione fino a tre anni. Stessa pena per coloro che operano “conversioni forzate”. Da aprile scorso, dopo Rajasthan e Madhya Pradesh, il Chattisgarh è il terzo Stato guidato dal Bjp ad adottare una simile legislazione.

Secondo mons. Gracias, si tratta di una legge “incostituzionale, che va contro la libertà religiosa garantita dalla Costituzione”. Essa “viola la libertà personale di ogni individuo, invadendo lo spazio più intimo e sacro di una persona: la sua libertà di coscienza”. Il presule avverte quindi che la legge anti-conversione, “ridurrà la libertà di pensiero e credo” di ogni indiano.

In India la libertà di religione è garantita dall’art. 25 della Costituzione, che permette ad ogni cittadino di professare e propagare in piena libertà il proprio credo. Secondo il governo del Chattisgarh, il decreto “non si scontra in alcun modo con la Carta costituzionale, ma anzi la difende”.

Mons. Gracias vede in questa iniziativa politica del Bjp il “segno di un regime totalitario”. “La Chiesa – ricorda – è totalmente contraria alle conversioni forzate e questa legge dà ad alcune persone il potere di perseguitare cristiani e leader religiosi”. Il presidente della Cbci fa notare poi come la recente norma non contempla tra le conversioni anche quelle all’induismo, ritenute semplicemente un “ritorno alla religione degli antenati o alla religione originaria”. (Nirmala Carvalho)Asianews