Toscana

IRAQ, CONDANNA IN TUTTO IL MONDO PER GLI ATTI DI FEROCIA CONTRO CIVILI USA

Condanna unanime è stata espressa da tutto il mondo, anche musulmano, contro gli efferati episodi di ferocia verificatisi a Falluja, roccaforte degli insorti iracheni nel cosiddetto ‘triangolo sunnita’, una zona a nord-ovest di Baghdad, la cui popolazione è apertamente ostile alle forze d’occupazione della coalizione internazionale. Qui ieri sono stati uccisi in un attacco contro i loro fuoristrada quattro civili, tutti imprenditori di nazionalità statunitense che avevano vinto appalti per la ricostruzione in Iraq. Dopo essere stati colpiti a morte, i corpi dei quattro civili hanno dovuto subire anche l’accanimento selvaggio di un centinaio di persone che hanno dato fuoco ad almeno una delle vittime (una delle quali,forse ancora viva, mentre due corpi erano già carbonizzati all’interno di uno dei fuoristrada) trascinando poi i cadaveri per diversi metri, prendendoli a calci e colpendoli con pale e badili, prima di appendere i resti a un ponte, macabri trofei di una delle giornate più buie dalla fine della guerra in Iraq.

Il tragico evento ha fatto quasi passare in sordina altre due notizie. La prima riguarda l’uccisione di altri cinque soldati statunitensi, che fa arrivare a 597 il conteggio dei militari Usa caduti in Iraq, ai quali vanno ad aggiungersi 59 britannici, 17 italiani, nove spagnoli, cinque bulgari, tre ucraini, due polacchi, due thailandesi, un danese e un estone. Ieri sera, tra l’altro, l’esplosione di un ordigno ha provocato il ferimento di tre soldati britannici a Bassora, nel sud del Paese. La seconda notizia, senz’altro più politica, è quella che più preoccupa.

Fra tre mesi esatti dovrebbe verificarsi il passaggio di consegne dall’amministrazione statunitense a quella temporanea irachena, in attesa che possano essere convocate le elezioni, rinviate, per ora, sine die. Gli episodi di ieri, sommati a un clima che, nelle ultime settimane, sembra essere andato scaldandosi sempre di più, non fa ben sperare per una rapida fine delle ostilità e per un rapido incamminamento dell’Iraq sulla strada della democrazia e della pace. A proposito di quello che accadrà tra 90 giorni, ieri il quotidiano statunitense New York Times pubblicava un articolo nel quale si provava a immaginare chi prenderà il posto di Paul Bremer III, l’amministratore americano a Baghdad in carica dal maggio dello 2003. Secondo l’autorevole quotidiano statunitense, il presidente George W. Bush non avrebbe al momento ancora scelto l’uomo che avrà l’onere di guidare la più grande ambasciata americana del mondo, con uno staff di tremila persone. I nomi che circolano sono quelli di Paul Wolfowitz, il numero due del Pentagono e grande regista della guerra in Iraq, del generale in pensione George A. Joulwan, ex-comandante della Nato, di Robert Blackwill, ex-ambasciatore in India attualmente a capo del ‘desk Iraq’ della Casa Bianca, e di due ex-diplomatici, Thomas Pickering e Frank G. Wisner. Chiunque sia il nuovo rappresentante di Washington in Iraq, secondo il New York Times sarà sempre il Pentagono a comandare.Misna