Toscana

Il suono del Natale: un invito a riscoprire la tradizione delle campane

«La gioia del Natale ha il suo culmine dopo la novena dell’Avvento con il Gloria della Messa della Notte quando le campane si sciolgono a festa per annunciare la nascita del Signore: Gesù che si fa bambino si cala nella storia. La mezzanotte di solito era l’orario in cui si dava inizio a questo evento. Grande era l’emozione nel sentire l’eco di tutti i campanili che, come un coro, riecheggiavano nel silenzio della notte in tutta la piana». Giuseppe Bernini, presidente dell’Associazione Campanari Lucchesi, è certamente una delle voci più qualificate per parlare di una delle tradizioni natalizie più significative, oggi certamente un po’ sfumata rispetto al passato nella percezione comune. Perché le campane suonano ancora, certo, ma non è più come quando Giuseppe era giovane: «Alla fine della Messa – ricorda infatti – ancora doppi a festa. La gioia dei cuori per la nascita del Signore dava voce alle campane per trasportarla al mondo. Non c’erano contestazioni: tutti, credenti e non credenti, erano partecipi di questo evento. In tutto il periodo di Natale i campanari erano sempre presenti fino all’Epifania per compiere il loro servizio nel chiamare i fedeli alla chiesa». Altro che i campanellini della slitta di Babbo Natale celebrati dall’arcinota Jingle Bells…Ma se il Natale può essere comunque ancora considerato il tempo delle campane per eccellenza, esse non mancano di risuonare anche durante il resto dell’anno per eventi lieti o tristi. «Hanno ancora un senso per la comunità dei credenti – continua Bernini – esprimendo, con la tradizione plurisecolare dei diversi suoni, messaggi che la gente ancora comprende, nei paesi più che nelle città. Nascite, vite, morti, liturgie solenni, feste: tutto era ed è ancora compreso, laddove è stato trasmesso e continua a essere trasmesso alle nuove generazioni». Un vero e proprio codice linguistico di una certa complessità, come ci spiega bene il presidente: «Le nascite per esempio venivano annunciate con festosi scampanii, mentre il suono a morto era il più dettagliato fra tutti perché a seconda della sequenza dei rintocchi si riusciva a capire se si trattava di un uomo o di una donna o addirittura di un bambino. Il suono delle campane per la liturgia solenne era caratterizzato da un maggior numero di campane suonate in armonia, diversamente da una messa feriale dove il suono era ridotto a una o due campane».Una tradizione che in Lucchesia, terra dove è ancora sentita più che altrove, ha portato cinque anni fa alla costituzione dell’Associazione Campanari Lucchesi, con sede presso la parrocchia di Sant’Anna, una pagina Facebook e un sito internet (www.campanarilucchesi.altervista.org) per chi volesse saperne di più. La presidenza di Giuseppe Bernini è impreziosita dalla ricca tradizione familiare da cui proviene: «Mio padre – rivela – da giovane è stato campanaro, ma è la mia famiglia materna che ha espresso un gran numero di campanari provenienti da Fosciandora, in Garfagnana, dove forte è la tradizione e dove nelle parrocchie vi erano diversi gruppi che spesso si contendevano il suono delle campane. Nel 1941 si stabilirono a Lucca; mia madre ricordava che da bambina mio nonno la portava sempre con sé quando per le feste patronali salivano sui campanili. Nel 1948 si trasferirono nel podere della parrocchia di Ripoli nel comune di Cascina a due passi da Pisa e lì ridettero vita alla tradizione. È in questo clima che arrivo io: sono nato si può dire sotto il campanile e ho vissuto da sempre le emozioni che trasmettevano i campanari, ma sarà un prete, don Mario Stefanini, che mi insegnerà a suonare le campane a sette anni».Dopo i suoi studi all’Accademia d’arte di Carrara, nel 1996 fu chiesto a Giuseppe da monsignor Waldo Dolfi – parroco di Ripoli per 18 mesi – di far parte della Commissione di Arte sacra della diocesi di Pisa, di cui il sacerdote era direttore e nel tempo gli fu anche chiesto di occuparsi della tutela delle campane, della loro valorizzazione ed eventuale musealizzazione. «La soprintendenza delle Belle arti di Pisa – ricorda Bernini – chiese la mia collaborazione e nel 2005 mi fecero Ispettore onorario per le campane e campanili, ma per errore invece che a Pisa mi assegnarono alle province di Lucca e Massa Carrara.Uno sbaglio con un risvolto positivo, perché a Lucca ho trovato una realtà ancora viva, campanari ancora attivi, campanili rimasti a suono manuale». Per di più, un ritorno alle origini territoriali della famiglia, come un cerchio che in qualche modo si è chiuso.Prima della costituzione dell’Associazione Campanari Lucchesi, in provincia c’erano già due associazioni registrate all’Associazione nazionale suonatori di campane, quelle di Barga e di Bargecchia. La nuova è nata nel 2016 con il concorso di 58 soci fondatori e comprende i territori della piana di Lucca e della collina lucchese, più la Valle del Serchio, la Garfagnana e la Versilia.«L’Associazione Campanari Lucchesi come tutte le altre sparse nel territorio lucchese – precisa il presidente – ha come scopo prioritario di divulgare l’arte campanaria secondo le regole del culto cattolico e della tradizione. Nella diocesi di Lucca siamo inoltre parte attiva nel consigliare interventi straordinari e spesso fattiva nell’intervenire su quelli di ordinaria manutenzione, a tutela del grande patrimonio culturale che abbiamo sul nostro territorio». Bernini aggiunge anche una notizia che fa ben sperare: «La passione per il suono delle campane si trasmette nelle parrocchie e contagia anche i giovani. È un fatto positivo, c’è una rinascita che ha e avrà un ruolo attivo nelle comunità. Ci sarà sicuramente un ritorno al suono manuale per amor di forza: dico questo perché ci sono unità pastorali che uniscono più parrocchie e sarà sempre più difficile sostenere ancora in tutte il dispendioso utilizzo delle campane con l’elettrificazione. In più i campanari nell’assolvere il loro servizio che non è un hobby, nel chiamare la gente al Signore, in qualche modo sono voce e parte attiva nella comunità».