Toscana

Immgrazione clandestina, la nuova strategia non convince

Il Dossier statistico della Caritas e Fondazione Migrantes segnalava il pericolo che il Governo italiano per stroncare il fenomeno dell’immigrazione clandestina potesse sfidare la comunità internazionale rinunciando a principi umanitari e restringendo l’ambito dei diritti civili. Purtroppo nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un cambiamento nell’atteggiamento del governo per il contrasto all’immigrazione clandestina, dalla vicenda vergognosa di rimpallo di responsabilità tra il governo italiano e maltese sulla vicenda della Pinaar, al respingimento di 227 immigrati riportati sulle coste libiche.

Savino Pezzotta, presidente del Cir, Consiglio italiano per i rifugiati, ha fornito dettagli sulle persone a bordo: «C’erano 41 donne, di cui 3 in stato di gravidanza. Una è stata ricoverata subito a Tripoli. Tutti i migranti provengono da vari Paesi dell’Africa subsahariana, nessuno dal Maghreb. La maggioranza proviene dalla Nigeria, nazionalità che nel 2008 ha rappresentato il gruppo più numeroso di richiedenti asilo in Italia, altri provengono da Somalia, Costa d’Avorio, Ghana e Mali», inoltre dobbiamo ricordare che fino ad oggi il 75% delle persone sbarcate ha fatto richiesta di asilo politico e il 50% di questi hanno ottenuto il riconoscimento di rifugiato politico. La nuova strategia ha sollevato polemiche e critiche da parte delle principali organizzazioni umanitarie dalla Caritas alla Fondazione Migrantes, Centro Astalli, Medici senza frontiere, Save the children, Arci, e lo stesso Commissariato per i rifugiati.

Le organizzazioni umanitarie hanno richiamato il Governo al rispetto del diritto di asilo. «Grave preoccupazione» è stata espressa dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Antonio Gutierres, con «profondo rammarico per la mancanza di trasparenza che ha caratterizzato questo episodio» e per il «radicale mutamento» delle nostre politiche migratorie.

Tutte le organizzazioni intervenute hanno sottolineato la non adesione della Libia alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Anche la Caritas italiana, per bocca del responsabile dell’immigrazione Oliviero Forti, ha chiesto il rispetto della Convenzione di Ginevra sui rifugiati: «Questa azione del governo può sembrare efficace sul breve periodo, alleggerendo l’Italia di circa 200 persone. Ma sul lungo termine, rischia di venir meno l’impegno tradizionale del nostro Paese verso chi soffre».

Don Giandomenico Gnesotto, direttore della Fondazione Migrantes ha espresso le sue riserve: «La Libia è uno dei pochi Paesi che non ha sottoscritto la Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Va verificato l’effettivo trattamento di chi viene mandato lì» e ha aggiunto: «Ricordiamoci, pensando al tragitto di ritorno di questi immigrati verso i loro Paesi di origine, che la Libia ha una frontiera a sud, che significa deserto, e muoiono più persone in questi viaggi della speranza nel deserto che lungo le rotte del Mediterraneo per raggiungere le nostre coste». Sulla stessa linea è intervenuto padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati e da Loris de Filippi di Medici senza Frontiere.

Infine l’ASGI ha espresso estrema preoccupazione sia per l’accordo richiamato dal Ministro, di cui non si conosce il contenuto come invece richiesto dalla costituzione: «L’accordo italo-libico, mancherebbe di ogni effettivo elemento di controllo e di garanzia sulla sorte dei migranti che verranno intercettati e rinviati in Libia. In tal modo, al di là delle dichiarazioni espresse dal Governo italiano relative alle finalità meritorie del contrasto del tragico traffico degli esseri umani, l’accordo pone oggettivamente l’Italia in un pericolosissimo vortice di gravi responsabilità dirette per le violazioni dei diritti fondamentali della persona che in territorio libico potranno essere commesse a danno dei migranti che saranno respinti o arrestati in quel paese».

L’ASGI SULL’ACCORDO ITALO-LIBICO

L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) esprime estrema preoccupazione per l’accordo raggiunto, dopo trattative coperte dal più stretto riserbo, tra il Governo italiano ed il Governo libico in materia di contrasto all’immigrazione irregolare, accordo di cui il Ministero dell’Interno ha dato notizia con un laconico comunicato emanato il 29 dicembre 2007.

L’Asgi ricorda che gli accordi bilaterali di riammissione dei migranti irregolari non possono limitarsi ad intese operative a livello di forze di polizia o di rappresentanze diplomatiche, sottratte come tali alla verifica del Parlamento, né possono risultare in contrasto con il diritto internazionale del mare universalmente riconosciuto o con le norme di diritto interno ed internazionale relative alla protezione dei rifugiati. In particolare nel caso di interventi di pattugliamento in alto mare o nelle acque territoriali dei paesi di transito dei migranti occorre sempre dare scrupolosa attuazione alle norme che garantiscano l’accesso effettivo dei potenziali richiedenti asilo al territorio dei paesi che aderiscono alla Convenzione di Ginevra.

La Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974 (Convenzione Solas impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare «senza distinguere a seconda della nazionalità o dello stato giuridico», stabilendo altresì, oltre l’obbligo della prima assistenza anche il dovere di sbarcare i naufraghi in un «luogo sicuro». In base al diritto internazionale marittimo un luogo sicuro è non solo una località dove la sicurezza dei sopravvissuti e le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possano essere soddisfatte, ma è anche un luogo nel quale i richiedenti asilo presenti tra i migranti irregolari possano godere di un accesso pieno alla procedura di asilo prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951, nel rispetto rigoroso del principio di non refoulement sancito all’art. 33 della stessa Convenzione.

L’ASGI ricorda che la Libia è un paese che non ha neppure ratificato la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e che pertanto l’esercizio del diritto d’asilo in Libia è impossibile. Per questo è necessario che il Governo italiano renda pubblico il testo dell’accordo, ivi comprese le modalità operative e l’impegno di spesa a carico dell’Erario, e comunque di rinviare con immediatezza la intera tematica al Parlamento, come sarebbe peraltro richiesto dall’art. 80 della Costituzione per i trattati internazionali «che sono di natura politica» o che importano «oneri alle finanze», al fine di potere individuare nelle opportune sedi, e con la dovuta trasparenza, le iniziative da attuare sul piano internazionale rivolte al contrasto del traffico degli esseri umani nel pieno rispetto dell’insieme delle norme internazionali sui diritti dell’uomo e del diritto d’asilo in particolare.