Toscana

Immigrazione, invece che come accogliere ci si chiede come respingere

di Giuseppe Anzani

Quando le cose nascono storte, pensare di raddrizzarle può diventare un’impresa disperata. La legge sul «pacchetto sicurezza» (testo) è nata storta, tirata fuori a forza dai forcipi dei voti di fiducia, con le sue deformità volute. Fate conto di questo bollettino diagnostico: esce dal Quirinale, con un allarme fatto di «perplessità e preoccupazioni», di fronte alla mancanza di «sistematicità e organicità» che mette in gioco la qualità stessa del modo di legiferare. Questo preludio sul metodo, per chi guarda con spiccia traduzione il buon garbo delle parole del presidente, persona educata, è né più  né meno che la bocciatura di una somaraggine. Ma dopo l’esame di stile, ecco la matita blu sui punti critici, sulle incoerenze della legge con i principi generali dell’ordinamento, sui paradossi, sui controsensi; e in cima alle preoccupazioni c’è la denuncia di quella trasformazione fulminea in  reato della «presenza senza permesso» degli stranieri fra noi, situazione in cui versa una massa grandissima di persone per il loro esser qui. E poi le ronde, e poi l’oltraggio, e poi e poi (testo lettera di Napolitano).

Il capo della Stato non ha voluto respingere la legge, e l’ha promulgata; ma ha scritto al governo richiamandolo alla responsabilità, non potendo restare indifferente «di fronte ai dubbi di irragionevolezza e insostenibilità» del provvedimento. Forse ha valutato le possibili ripercussioni di uno scontro, e il significato politico giuridico di un successivo irrigidimento del governo sulla stessa trincea. Ha tenuto acceso un dialogo cauto. Ma le esigenze di un ripensamento sui contenuti della legge sono subito apparse evidenti, e adesso sentiamo tutti che urgono concreti rimedi rispetto al precipitare degli eventi. È una priorità, un’emergenza persino, se i dispositivi delle nuove norme cominceranno a far girare i loro ingranaggi come un’arancia meccanica. Non è solo un problema di censimento di badanti, per le quali si va escogitando una sanatoria farisea, con la furbizia di tenerci quanto ci fa comodo, e di cacciar via quanto non ci preme, perché è vita d’altri, pura e semplice e «inutile» vita d’altri.

L’atteggiamento del governo, mentre fa mostra di dire al Presidente della Repubblica che apprezza il suo intervento e che si darà da fare, sembra per certi versi cercare spazio e fare il vuoto intorno al proprio raggio d’azione. Quasi a levarsi di torno gli importuni che di fronte al fenomeno migratorio si interrogano su  «come accogliere» invece che su «come respingere». Ne è esempio l’iniziativa di denunciare alla Corte Costituzionale la legge della Regione Toscana n. 29/2009 (Testo legge), in materia di sostegno e integrazione dei cittadini stranieri. Si può capire che in astratto il governo fa questione di competenza fra Stato e Regioni (i confini che decidono l’immigrazione, cioè l’ingresso nel territorio, sono quelli statuali e non regionali), ma in concreto è la sollecitudine normativa regionale quella che dà sui nervi; la sollecitudine che affronta i problemi assistenziali, socio-sanitari, che investe la condizione umana dei migranti che si trovano sul territorio della regione, che spiega le ragioni del soccorso e dell’accoglienza, che ha uno stile totalmente diverso dalla brutalità del «pacchetto sicurezza».

Diciamo le cose schiette: è questo che scava il solco profondo degli umori. Di per sé, la legge toscana si indirizza primariamente agli stranieri «in regola con le disposizioni sull’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale» e si ispira alla «realizzazione del primato della persona», il riconoscimento dei diritti inviolabili, la coesione sociale, la partecipazione, il contrasto al razzismo e alla discriminazione. Tutti valori fortemente radicati nella Costituzione.

Sta di fatto che la legge toscana guarda anche ad alcuni bisogni umani specifici di chi si trova comunque sul territorio, e non può essere abbandonato alla malattia, allo stento, alla fame, all’emarginazione. Queste provvidenze sociali minime per i soggetti «vulnerabili», sono forse un’offesa ai principi costituzionali, alla maestà dello Stato, alla gerarchia delle fonti giuridiche?A me pare di no. A me pare che lo Stato, rispettoso della Costituzione e dei suoi principi, non possa imporre alle Regioni, nell’ambito assistenziale, la misura della sua insipiente durezza. Non può comandare la crudeltà, non può vietare la giustizia del soccorso umano. LA SCHEDAUn testo di 3 articoli ma con 128 commiConosciuta come «pacchetto sicurezza», la legge «Disposizioni in materia di pubblica sicurezza» (testo Pacchetto sicurezza) è stata approvata con voto di fiducia alla Camera, il 14 maggio e in via definitiva dal Senato, sempre con voto di fiducia, il 2 luglio scorso. All’origine era un disegno di legge del governo composto da 20 articoli, poi diventati 66 nel corso della discussione al senato e infine ridotti a 3 soli attraverso dei «maxi-emendamenti» del governo. Tre articoli che – come ha osservato il presidente Napolitano nella lettera inviata al governo – «si compongono ora, rispettivamente, di 32, 30 e 66 commi. Con essi si apportano modifiche o integrazioni a 43 disposizioni del codice penale, a 38 disposizioni del testo unico sulla immigrazione, a 16 disposizioni dell’ordinamento penitenziario e ad oltre circa 100 disposizioni inserite nel codice di procedura penale, nel codice civile e in 30 testi normativi complementari o speciali». Il testo è ancora in attesa di pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale», è disponibile sul nostro sito. I «rilievi» del Presidente della RepubblicaIl 15 luglio Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato la legge sulla sicurezza, «ritenendo di non poter sospendere in modo particolare la entrata in vigore di norme, ampiamente condivise in sede parlamentare, volte ad assicurare un più efficace contrasto – anche sul piano patrimoniale e delle infiltrazioni nel sistema economico – delle diverse forme di criminalità organizzata». Ma, come recita un comunicato del Quirinale, «ha ritenuto di richiamare l’attenzione del presidente del Consiglio e dei ministri dell’Interno e della Giustizia (e per conoscenza ai presidenti di Camera e Senato, ndr) per le iniziative che riterranno di assumere anche alla luce dei problemi che può comportare l’applicazione del provvedimento in alcune sue parti» (testo lettera di Napolitano). In particolare, il capo dello Stato rileva «la presenza nel testo di specifiche disposizioni di dubbia coerenza con i principi generali dell’ordinamento e del sistema penale vigente». Come ha poi spiegato nel corso di colloqui a giornalisti, non si tratta di un’approvazione «con riserva», cosa non prevista dall’ordinamento. Il Presidente ha solo fatto notare – anche se non usa questo termine –  che così com’è scritta non è una «buona legge». La normativa regionale sull’immigrazioneLa legge regionale n. 29 («Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri»), approvata dal Consiglio l’ 8 giugno 2009 è stata pubblicata sul Burt n. 19, parte prima, del 15 giugno (Testo legge). L’approvazione (con 39 voti a favore e 4 contrari su 43 presenti) non è stata facile per l’ostruzionismo del centrodestra, aggirato alla fine grazie ad un maxiemendamento. La legge, che si compone di 9 capi e 37 articoli, prevede tra l’altro l’accesso degli extracomunitari irregolari al servizio sanitario, interventi sociali urgenti, come garantire a tutti un tetto e un pasto caldo, l’estensione del diritto di voto agli stranieri, accesso al servizio civile regionale, l’insegnamento della lingua italiana, il rafforzamento della rete regionale di sportelli informativi, l’attenzione particolare ai soggetti «deboli»: richiedenti asilo e rifugiati, minori e donne in stato di gravidanza, vittime di tratta e sfruttamento, detenuti, la garanzia di assistenza religiosa in carcere e in ospedale. Il governo, nella seduta del 15 luglio ha impugnato la legge toscana, assieme ad una analoga delle Marche ritenendo, come ha dichiarato il ministro per i rapporti con le Regioni Raffele Fitto che ci fosse la «volontà da parte delle due regioni di eccedere le proprie competenze legislative anche con uno spirito di polemica nei confronti di leggi e norme decise dal Parlamento e quindi leggi dello Stato». Contro la legge regionale il Pdl toscano ha anche iniziato una raccolta di firme per indire un referendum abrogativo.