Toscana

Incidente mortale di Castellina Marittima: Coldiretti, «cinghiali sono un pericolo pubblico»

Coldiretti Toscana nterviene dopo la tragica morte del trentanovenne in seguito allo scontro tra la sua auto ed un cinghiale di oltre 100 chili e che gli ha improvvisamente tagliato la strada mentre stava percorrendo la provinciale di Castellina Marittima, al confine tra le province di Pisa e Livorno, per chiedere una accelerazione degli interventi di riduzione della popolazione concordati con la Regione Toscana.

Secondo la principale organizzazione agricola che nelle scorse settimane aveva ridato vigore alla sua azione di protesta raccogliendo la disponibilità dalla Regione Toscana a risolvere l’emergenza ungulati ed attuare un piano di contenimento, sono 450 mila gli esemplari a piede libero che devastano campi, azzerano le produzioni, sterminano gli allevamenti, mettono a repentaglio la sicurezza stessa dei cittadini e creano conseguenze devastanti anche sull’ambiente contribuendo all’impoverimento della fauna e della flora del bosco e del sottobosco.

Insufficienti gli abbattimenti da parte del mondo venatorio: appena 90 mila circa. 100 milioni di euro i danni prodotti in cinque anni ad un ritmo di 20 milioni all’anno. “Il numero di cinghiali – spiega Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana – è raddoppiato nonostante gli abbattimenti che continuano ad essere insufficienti per affrontare un’emergenza di queste proporzioni e di questo impatto. Abbiamo fiducia nel piano che la Regione Toscana ma serve dare immediatamente corpo agli interventi: i cinghiali sono ormai un pericolo pubblico”.

Sono centinaia, ogni anno, gli incidenti provocati dagli ungulati (4mila dal 2001 al 2008 secondo l’ultimo dato ufficiale). “I cinghiali – spiega – si spingono fino ai centri cittadini, invadono le carreggiate costituendo un pericolo per tutti i cittadini. I cinghiali non devono più essere un pericolo pubblico”. Coldiretti chiede infine la revoca delle zone di rispetto venatorio e nei Parchi che rappresentano solo “un rifugio” per gli ungulati: “siamo arrivati al punto di non ritorno: bisogna ritrovare la sostenibilità anche catturando all’interno di quelle aree che fino ad oggi sono off-limits per i cacciatori come zone di ripopolamento e parchi o rischiano di non risolvere il problema fino in fondo”.