Toscana

Incidenti sul lavoro, quattro morti al giorno

I dati sugli infortuni sul lavoro 2005, seppur in leggero decremento rispetto agli anni precedenti, rappresentano un costo sociale altissimo (3,2% del PIL circa 41 milioni di euro) soprattutto in termini di vite umane (quasi 4 vittime al giorno). La diminuzione degli infortuni riguarda solamente gli uomini, dato influenzato dall’incremento di occupazione femminile. È interessante notare che il 17% dei casi mortali nel settore delle costruzioni accadono nei primi sette giorni di inizio del rapporto di lavoro, segnale di una regolarizzazione postuma.

In dirittura di arrivo c’è un provvedimento del Governo che dovrebbe rendere obbligatoria la denuncia di assunzione il giorno precedente all’inizio dell’attività. Il calo nel settore manifatturiero è conseguenza della diminuzione delle ore lavorate.

Purtroppo nei primi tre mesi del 2006 si hanno segnali di un incremento del numero degli infortuni legati alla ripresa economica. Infatti in genere si tende a citare i dati riferiti agli eventi infortunistici e non a riportare, confrontandoli, al numero delle ore lavorate. Quindi, nonostante le leggi, i protocolli e quant’altro, gli infortuni non subiscono una diminuzione significativa. Anzi, si assiste all’incremento del lavoro nero ed a fenomeni di abusivismo dilagante, quale quello di mascherare l’infortunio come malattia. Sul fronte del lavoro sommerso c’è una ricerca dell’Inps del 2006 che, incrociando i dati in suo possesso con quelli dell’Inail, dell’anagrafe tributaria e delle Camere di Commercio, ha scoperto che su un campione di 440 mila nuove imprese che si sono iscritte alla Camera di commercio negli anni 2000/2005, il 44% è sconosciuta.

In Toscana su circa 22 mila imprese 8.500 sono sconosciuti sia al fisco, che all’Inps ed all’Inail. E le ispezioni, da parte degli enti preposti (Direzione regionale del lavoro, Inps, Inail), sono in calo del 13,7%. Sul fronte della sicurezza, a fronte di circa 7 mila controlli Inail, 5.600 aziende sono risultate irregolari. I lavoratori risultati irregolari, nei primi tre mesi del 2006, sono passati da 25 mila a 36 mila, mentre quelli in nero da 31 mila a 38 mila. Quindi si preferisce non mettersi in regola, non sfruttando appieno neanche gli incentivi che gli specifici bandi annuali mettono a disposizione, confidando nell’alta probabilità di mancati controlli. Mancati controlli determinati anche dalla diminuzione degli organici ispettivi, a seguito delle misure contrasta–deficit per la pubblica amministrazione.

Morti bianchenon solo statisticaTrentasette: sono i morti in Toscana dall’inizio dell’anno in incidenti sui luoghi di lavoro. Si può cadere da un’impalcatura, rimanere schiacciati da lastre di vetro, da balle di stracci o da una struttura di metallo: un nome da aggiungere alla lista delle morti bianche.

Per alcuni poche righe in cronaca, salvo i casi eccezionali, per altri e sono la maggioranza solo un freddo dato statistico. L’11 luglio l’ultima vittima, in provincia di Massa Carrara. Un operaio di 37 anni, muore sotto un viadotto dell’autostrada A-15, travolto da una struttura di metallo. Una settimana dopo l’ultimo incidente grave, per fortuna non mortale: il 17 luglio un operaio di 35 anni è caduto da un camion mentre lavorava in una piccola azienda florovivaistica a San Donato, nel comune di Orbetello. Trasportato con l’eliambulanza Pegaso all’ospedale di Siena, se la dovrebbe cavare in una quarantina di giorni.

Edilizia, agricoltura, industria metallurgica: sono i settori che occupano i primi gradini della tristissima classifica degli infortuni mortali sul lavoro. Più dell’85% degli infortuni mortali, secondo una recente indagine dell’Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) avvengono in aziende che non superano i nove addetti, imprese che registrano i più bassi di prevenzione introdotti dalla legge 626 e che, a causa del loro numero, più di frequente sfuggono ai controlli degli organi di vigilanza.

Ecco alcuni degli infortuni mortali avvenuti in Toscana nel 2006: 6 febbraio, un boscaiolo a San Gimignano è travolto dal ramo di quercia e un operaio agricolo a Grosseto è fulminato da una scarica elettrica; muore un addetto alla raccolta rifiuti di Pisa (26 febbraio); un ingegnere a Forte dei Marmi caduto da una scala (7 marzo); un operaio caduto da un’impalcatura a Firenze (8 marzo), giovane elettricista cade da una scala (14 marzo), due operai a Siena (20 marzo); imprenditore investito da un camion in manovra a Quarrata (25/3); un operaio rumeno a Firenze caduto da un’impalcatura (25 marzo): un operaio a Siena (27 marzo). uno a Lastra a Signa caduto da un impalcatura (17 maggio); uno travolto dal trattore a Livorno (20 maggio); due operai sull’A1 investiti da un autoarticolato (29 maggio), uno schiacciato da balle di stracci (8 giugno), un operaio a Rosignano Solvay precipitato da una passerella (13 giugno); un camionista a Pisa schiacciato da lastre di vetro (26 giugno); un agricoltore ferito dalla motozappa muore dissanguato (28 giugno), un artigiano caduto dal tetto a Lido di Camaiore (8 luglio).e.c. Ciro Recce: «Regione e impresedevono fare di più»DI SIMONE PITOSSIIn Toscana, «il decentramento e la frammentazione della grandi imprese, l’aumento dei lavoratori extracomunitari nonché il ricorso massiccio ai contratti di lavoro precario, determinano un quadro infortunistico preoccupante».

Ciro Recce, segretario regionale della Cisl con delega alla sicurezza sui luoghi di lavoro, traccia un quadro davvero poco roseo. I tre comparti produttivi con la più alta incidenza infortunistica sono le costruzioni, la lavorazione dei metalli ed il tessile. E soprattutto il settore delle costruzioni è quello falcidiato dalle morti per cadute dall’alto, la maggior parte delle quali per cadute da un’altezza di circa 2 metri. «Tema, questo, – spiega il sindacalista – legato anche al ricorso sistematico al subappalto ed al cottimo, in un meccanismo che scarica sul ribasso i costi della sicurezza, dato anche l’aumento delle microimprese e dalla presenza di lavoratori extracomunitari».

In questo contesto, come in ambito nazionale, bisogna tener conto dell’andamento economico e conseguentemente delle ore lavorate. Quindi anche un calo, considerevole, delle morti passate da 99 nel 2004 a 68 nel 2005, «non possono e debbono giustificare un calo di attenzione per contrastare il fenomeno infortunistico». In Toscana nel 2006 sono morte 37 persone praticamente vanificando il calo del 2005. E gli infortuni nel primo bimestre 2006 sono stati 10.108 contro i 9.800 del 2005. «Tante sono le ragioni di questo –sottolinea Recce –. Alcune risiedono nella inadeguatezza dei controlli, determinati dalla carenza di organico e di risorse economiche degli organi ispettivi (Asl ed ispettorati del lavoro). Altre sono frutto dell’insufficiente raccordo tra gli Enti preposti ai controlli anche in tema di regolarità contributiva e previdenziale. Come dimostrano i dati della ricerca Inps 2006, basterebbe incrociare i dati in possesso dei vari soggetti per contrastare efficacemente l’evasione fiscale, contributiva ed il ricorso al lavoro nero, che in Toscana è stimabile in 150 mila unità».

Le organizzazioni sindacali regionali a fronte di questo quadro preoccupante hanno predisposto nel maggio 2005 una piattaforma su salute e sicurezza rivolte alle imprese ed alla Regione Toscana. Il 22 giugno 2005 c’è stato lo sciopero generale di 8 ore per ribadire il diritto ad un lavoro sicuro. «La piattaforma – spiega il sindacalista – è articolata in più punti, parte dei quali vedono la richiesta, alla Regione, di un coinvolgimento delle parti sociali nella definizione di obiettivi e nella valutazione dei risultati conseguiti dall’attività di enti che esercitano attività di ispezione, controllo e vigilanza. Ma anche l’effettività dell’utilizzazione delle risorse contenute nel piano sanitario regionale per l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro. Alle imprese le richieste si concentrano sull’effettività della formazione ed informazione dei lavoratori, (preventiva ed in lingua per gli extracomunitari), nonché sul coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nella contrattazione riferita all’organizzazione del lavoro, orari».

Punto fondamentale è la reiterata richiesta di una legge sugli appalti che il presidente Martini si era impegnato – il 12 maggio 2005 – a far approvare celermente. «Peccato – sottolinea Recce – che da allora poco o nulla sia stato fatto in questa direzione, infatti occorre svolgere un’attenta attività di monitoraggio del sistema degli appalti pubblici e privati, in modo da evitare che il ribasso d’asta ricada sugli investimenti sulla sicurezza ed ancor di più sul sistema del subappalto, che allenta il sistema delle responsabilità riducendo notevolmente i livelli di sicurezza». Un primo sommario bilancio tra le richiesta avanzate e sulle azioni concordate, alcune delle quali frutto del lavoro a seguito della firma del Patto per lo Sviluppo, firmato dalle parti sociali e Martini nel 2004, risulta «non molto soddisfacente».

«A fronte di alcuni progetti sperimentali – continua –, quali la formazione per operatori dei Dipartimenti di prevenzione e tecnici comunali che operano nel settore dei lavori pubblici, la formazione dei lavoratori delle ditte appaltatrici che operano per la ex Lucchini di Piombino, abbiamo assistito alla nascita della rete regionale dei rappresentanti regionali della sicurezza (Rls), quale strumento idoneo anche a far sentire meno soli gli Rls. Sono in cantiere altre iniziative quali la formazione degli imprenditori che assommano la figura anche di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del coinvolgimento degli studenti degli Istituti tecnici, meglio sarebbe di ogni ordine e grado, mentre mancano le risorse economiche per il progetto di adeguamento delle macchine agricole».

Il segretario generale regionale Maurizio Petriccioli più di una volta ha rimarcato l’esigenza della nuova legge regionale sugli appalti, nonché il fatto che il silenzio da parte delle imprese e la Regione sul tema della salute e sicurezza sul lavoro in base anche agli impegni presi, risulta per così dire «assordante»: praticamente uno «spreco di belle parole ma poi all’atto pratico niente, o poco altro». Petriccioli ha affermato che «se i progetti non si tradurranno in azioni, compresa quindi la legge regionale sugli appalti, sarà sciopero generale».

«Quindi – conclude Ciro Recce – non servono molte nuove leggi, basta far applicare quelle che ci sono, correggere le eventuali storture, rendere funzionali, anche con un’efficace opera di coordinamento degli enti preposti, i controlli. E poi è necessario far decollare un sistema premiante per le imprese virtuose, sviluppare la formazione per renderla veramente efficace nei confronti di tutti i lavoratori tenendo conto delle specificità del mercato del lavoro e dell’andamento infortunistico. Dall’analisi del quale si potrebbe, congiuntamente, adottare misure efficaci di prevenzione».

La battaglia per la sicurezza è una battaglia per la vita (di MAURIZIO PETRICCIOLI)