Toscana

La Toscana al «Vinitaly» oltre la bufera Brunello

dall’inviato Andrea Fagioli

Inaugurazione al veleno per le aziende viticole toscane: la quarantaduesima edizione del «Vinitaly» si è aperta con la bufera Brunello e le anticipazioni dell’inchiesta dell’Espresso sui vini a basso costo.

La principale rassegna internazionale del vino, ospitata alla Fiera di Verona dal 3 al 7 aprile, ha vissuto momenti di tensione e di preoccupazione già al momento del taglio del nastro la mattina del 3 aprile. Una situazione precipitata nel pomeriggio e soprattutto il giorno dopo quando le edicole del quartiere Veronafiere sono state prese d’assalto per una copia del settimanale che sparava in copertina «Velenitaly», un’inchiesta sulla pericolosità di 70 milioni di litri di vino venduti in tutta Italia all’interno dei quali sarebbero state individuate tracce di concimi, sostanze cancerogene, acqua, zucchero, acido muriatico e solo un quinto di mosto. Per questo i magistrati hanno contestato il reato di sofisticazione alimentare, che punisce chi produce sostanze pericolose per la salute. A corredo un servizio sul Brunello col «tranello».

«Abbinare le due vicende è semplicemente scandaloso», sbotta l’assessore regionale all’agricoltura, Susanna Cenni (nella foto piccola), a Verona per presentare le iniziative della Toscana.

Anche il ministro per le Politiche agricole, Paolo De Castro, si dice «attonito» mentre improvvisa presso lo stand della Regione Toscana un vertice con l’assessore Cenni, un gruppo di produttori del Brunello e il presidente del Consorzio di tutela, Francesco Marone Cinzano. «Mi auguro che la magistratura vada avanti, ma c’è una sproporzione – spiega il ministro – tra questo caso e altri come quello sollevato dall’Espresso dove, anche grazie all’azione di controllo dello Stato, sono emerse vicende di contraffazione e di malfattori». Il caso Brunello riguarda invece l’ipotesi che il Sangiovese, padre del prestigioso vino di Montalcino, sia stato mescolato ad altri vitigni per venire incontro soprattutto ai gusti del mercato americano, che rappresenta il 25% dell’export.

C’è poca voglia di parlare d’altro, ma la Regione vuole andare avanti e il «Vinitaly» rappresenta una vetrina importante per il «Made in Tuscany». Ecco allora in passerella 12 giovani produttori: hanno tutti meno di 40 anni e rappresentano i 2.500 giovani che in Toscana gestiscono direttamente le aziende viticole.

C’è anche la «stilista del vino», Simonetta Doni, perché «l’abito fa… il vino» e l’etichetta è diventata fondamentale per veicolare il prodotto. A lei e all’enologo Riccardo Gosi (inventore di Enomatic, un sistema innovativo per mantenere il vino nelle bottiglie aperte) è stato assegnato il «Premio Vino di Toscana 2007».

Mentre il presidente regionale dei sommeliers, Osvaldo Baroncelli, ricorda che ai corsi promossi dall’Ais Toscana il 40% degli iscritti ha dai 18 ai 30 anni. Tra gli stand si aggira anche Giorgio Panariello. A Verona per preparare lo spettacolo che lo attende in Arena il 14 luglio, il popolare comico toscano non rinuncia ad una visita e a qualche foto con gli operatori del settore.

Fanno tappa allo stand allestito da «Toscana promozione» anche il presidente del Senato, Franco Marini, e il ministro Rosy Bindi.

Alla ribalta salgono i vitigni toscani autoctoni: sono i fratelli minori del Sangiovese, si chiamano pugnitello, abrusco, ciliegiolo, foglia tonda, barsaglina…, fanno parte di un progetto di valorizzazione promosso dall’Arsia, che sull’argomento ha realizzato anche due pubblicazioni. Fa da madrina la campionessa mondiale e olimpica di surf Alessandra Sensini, mentre l’enologo Stefano Chioccioli guida la degustazione.

L’eventoIl «Vinitaly» (Salone internazionale del vino e dei distillati), la più importante fiera del settore, ha chiuso i battenti della 42ma edizione con oltre 4.300 espositori e 150 mila operatori di cui 45 mila esteri. Al «Vinitaly» la Toscana è una delle regioni che gode di maggiore attenzione e anche di spazi: un padiglione (il numero 8 con 1.200 metri quadri di estensione) e una tensostruttura a cui si aggiungono altri stand in altri padiglioni come quello dei Castelli del Grevepesa (nella foto a destra), la Cooperativa costituita da 185 produttori diretti, che in questa edizione ha puntato sul Monteregio 2005 e sul Vermentino, una novità che va ad aggiungersi ai prodotti tradizionali della cantina grevigiana tra cui spicca il Clemente VII. Su questa edizione ha pesato ovviamente la vicenda Brunello, il vino prodotto nella zona di Montalcino e di cui nell’infografica qui sopra forniamo i dati essenziali. I numeri toscani– 61.924 gli ettari di territorio coltivati a vite in Toscana– 31.100 le aziende interessate alla coltivazione della vite– 6.700 le aziende che producono vini a denominazione di origine– 2,7 milioni di ettolitri la produzione complessiva di vino nel 2007– 62 la percentuale di Chianti e Chianti classico sull’intera produzione di vino toscano a denominazione di origine (seguono: 4,5 Brunello; 4,4 Morellino di Scansano; 2,9 Nobile di Montepulciano; 2,2 Vernaccia di San Gimignano)– 66 la percentuale della superficie complessiva a vigneto coltivata con Sangiovese, il re dei vitigni toscani (seguono: 6,9 Trebbiano Toscano; 5,6 Merlot; 5,5 Cabernet Sauvignon; 2,4 Canaiolo; 1,4 Vernaccia di San Gimignano e Syrah; 1,3 Malvasia; 1,1 Chardonnay) La storiaMinore quantità, maggiore qualità» è stato un po’ il motto del «Vinitaly» appena concluso a Verona. Un motto che ha lo scopo di spingere gli acquirenti a diffidare dei vini a basso costo, ma anche di insegnare a bere bene, con gusto e moderazione, rendendo così abbordabili, almeno a bicchieri, quelle etichette non sempre alla portata delle tasche di tutti. «Minore quantità, maggiore qualità» sembra essere anche il motto di Francesco Carfagna (foto sopra), un «Benemerito della vitivinicoltura», premiato al «Vinitaly» per «aver recato un determinante contributo allo sviluppo della viticoltura e alla valorizzazione dell’enologia italiana». L’eroicità di Carfagna, accompagnato a Verona dell’intera famiglia, sta nell’avere strappato all’abbandono, addomesticandole, le impervie terre dell’Isola del Giglio realizzando, con perseveranza e sudore, un vigneto «fortissimamente terrazzato», con migliaia di metri di muri a secco e canalizzazione delle acque per impiantarvi un vitigno locale, l’Ansonico, la cui assoluta specificità è maturata nel corso dei secoli attraverso la selezione naturale e l’esperienza dei vecchi maestri coltivatori che hanno portato all’affermazione delle varietà più adatte a questo territorio unico, bello e terribile.

Di origini molisane, appassionato dell’arcipelago toscano da quando ci andava in vacanza con i genitori dalla fine degli anni Cinquanta, Carfagna ha rinunciato all’insegnamento e si è trasferito al Giglio per aprire un ristorante, l’«Arcobalena» («Vini vivi e cucina»). Poi, otto anni fa, l’inzio della «follia», un’«impresa ideale e non economica», l’acquisto di 4 ettari di vigneto abbandonato nella parte meridionale dell’isola, subito prima del faro che domina la punta di Capel Rosso. Otto anni di duro lavoro, quasi tutto a mano, per arrivare alla nascita di «Altura», l’azienda a conduzione familiare che per ora produce 4 mila bottiglie di Ansonaco e lo commercializza nei migliori ristoranti d’Italia a partire dai toscani «Lorenzo» di Forte dei Marmi e «Il Pellicano» di Porto Ercole.