Toscana

La Toscana e la crisi/7: intervista a Fornasari

di Antonio Lovascio

Credito o morte. Non ci sono altre vie di scampo per le imprese imbrigliate nei tentacoli di una crisi che al momento non lascia intravedere spiragli. Governo e Regione hanno tardato a mettere a punto ricette per rilanciare la crescita, ma sono le Banche, qui in Toscana, ad essere nel mirino di industriali, artigiani e commercianti per aver rallentato i finanziamenti alle categorie produttive. Non hanno più soldi liquidi e alcune triplicano addirittura i tassi sui fidi a breve termine che servono alle aziende in ginocchio per investire nell’innovazione e ripartire. «Così ci uccidono», sentenzia Vincenzo Cangioli, imprenditore tessile vicepresidente dell’Unione industriale pratese, invocando questioni di etica ma anche di interesse per il territorio. Un grido d’allarme – fatto proprio da Confindustria – che corre sull’asse Firenze- Prato- Pistoia, rimbalza a Siena ed Arezzo, e si proietta poi con le stesse apprensioni nelle province della costa tirrenica.

Sos raccolto dal Governatore regionale: Enrico Rossi avrebbe già strappato alle banche l’impegno a mantenere lo spread a un livello inferiore agli aumenti registrati sui mercati finanziari; ed allo stesso tempo ha siglato un’intesa per anticipare alle imprese i soldi che devono riscuotere dalla pubblica amministrazione, finora bloccati dal patto di stabilità. Ma l’emergenza resta. E visto che la soluzione di questo intrigato rebus passa attraverso lo stato di salute, gli «umori» di chi eroga finanziamenti ed ha il polso della vitalità delle economie locali, la nostra inchiesta fa oggi tappa ad Arezzo, per analizzare il quadro della crisi toscana insieme al presidente del Gruppo Banca Etruria, uno degli Istituti più rapidi nel segnare un svolta positiva nella politica del credito. L’intervista all’ingegner Giuseppe Fornasari – professionista di spessore internazionale con alle spalle una lunga esperienza parlamentare e di governo – fa seguito a quelle, già pubblicate nelle scorse settimane da «Toscana Oggi», realizzate con il presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Gabriello Mancini (clicca qui), il direttore dell’Irpet professor Stefano Casini Benvenuti (clicca qui), la presidente di Confindustria Toscana Antonella Mansi (clicca qui), l’economista professor Ivano Paci (clicca qui), presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, il segretario regionale della Cisl Toscana, Riccardo Cerza (clicca qui), il Rettore dell’Università di Firenze professor Alberto Tesi (clicca qui).

Presidente Fornasari, la Toscana non è purtroppo un’isola felice nel panorama economico nazionale. La congiuntura si fa sentire anche nella sua provincia, Arezzo, nonostante abbia fiori all’occhiello come Prada ed Inghirami ed una produzione orafa di primordine. Il rallentamento economico si misura anche dalla diminuita propensione al risparmio. La nostra regione risulta, insieme ad altre otto, tra quelle in cui i depositi bancari delle famiglie, dal 2007 al maggio scorso, si sono ridotti del 4 per cento. Nella provincia aretina sono addirittura diminuiti dell’11 per cento in valore assoluto, quasi mille euro a famiglia. Arezzo è novantasettesima in questa eloquente classifica. Come se lo spiega?

«A causa dell’attuale momento congiunturale, il potere d’acquisto delle famiglie è cambiato, e in combinazione con il rialzo dei prezzi è quasi necessario utilizzare per le spese correnti parte dei risparmi accantonati nel tempo. Purtroppo la crisi si sta facendo sentire in questo momento in maniera pragmatica e il risultato è un abbassamento del normale tenore di vita a cui le famiglie erano abituate prima del 2008. Abbiamo come comunità investito probabilmente troppo poco sul nostro futuro, illudendoci forse che il benessere e la qualità della vita acquisita fossero fattori permanenti».

Il sistema bancario italiano  ha resistito meglio di altri all’impatto della crisi. Ora anche nelle nostre province l’aumento delle sofferenze dei crediti suggerisce prudenza nei finanziamenti alle imprese? Secondo Confindustria Toscana, Sindacati ed  alcuni economisti non si giustifica però il  brusco passaggio a criteri automaticamente selettivi…

«Il problema dell’accesso al credito è sicuramente di primaria importanza per le aziende italiane e per le Banche stesse. Basilea 3 da una parte impone criteri di liquidità e patrimonializzazione che non possiamo permetterci di disattendere, dall’altro lato richiede un’analisi attenta dei rating delle imprese a cui erogare credito. Su questo tema, in linea con i principi di sostenibilità dei territori in cui operiamo, nell’ultimo periodo abbiamo istituito un gruppo di lavoro dedicato in collaborazione con le Associazioni di Categoria, che analizza in maniera puntuale e qualitativa lo stato di salute delle aziende in momentaneo stato di difficoltà, ma che sono traghettabili oltre l’attuale momento congiunturale. In alcuni casi è stato necessario solo allungare i temi di rientro delle rate del credito, visto che si trattava di aziende sane con qualche problema di rientro dei pagamenti. Partendo dal presupposto che siamo anche noi un’azienda, stiamo facendo tutto il possibile per sostenere il territorio a partire dalle imprese che lo compongono e sentono nel vivo la stretta della crisi, e a ricaduta per tutte le famiglie ad esse collegate».Molti Istituti stanno restringendo pure il  credito alle famiglie, sia nel settore dei consumi sia in quello dei mutui per l’acquisto di abitazioni?

«Per le famiglie abbiamo aderito ai vari protocolli d’intesa come per esempio quello istituito per allungare le rate del mutuo per l’acquisto di immobili. Abbiamo anche frazionato il credito con un abbassamento dell’importo medio erogato, che consente in linea a quanto deve fare una banca del territorio di sostenere il maggiore numero possibile di persone. Ciò ha anche favorito di ampliare la base clienti dell’Istituto che è cresciuta nel solo secondo semestre del 2001 di quasi 5.000 unità».

Banca Etruria ha lanciato qui in Toscana, partendo da Arezzo e Siena, un nuovo progetto di politica creditizia: vuole traghettare fuori dall’attuale congiuntura  le aziende meritevoli di un sostegno straordinario. È sufficiente per mettere in moto un ciclo di ripresa? Come stanno rispondendo le categorie economiche?

«Si, come accennato si tratta di un progetto rilevante, che è partito da Arezzo e si sta allargando ad altre province della Toscana in cui siamo presenti. Progetto avviato nel marzo scorso e che ha già portato all’identificazione dell’impianto creditizio più consono per oltre 200 aziende toscane. Un risultato importante se si considera il momento che stiamo vivendo. È evidente che non basta il solo operato di una Banca locale per mettere in moto un ciclo virtuoso. La risposta deve essere rapida e riguardare contemporaneamente tutti coloro che, a vari livelli, rappresentano l’economia, l’amministrazione e la politica».

Con la Banca Federico Del Vecchio  state puntando anche su Firenze, dove c’è un affollamento di sportelli, ma il credito non è mai troppo in questi momenti. Questa «piazza» vi proietta verso un più marcato ruolo nazionale?

«Banca Federico del Vecchio rappresenta un tassello significativo per il nostro Gruppo, in una piazza altrettanto importante. È un Istituto che lavora prevalentemente con il comparto Private e che rappresenta una sorta di istituzione nel capoluogo toscano. Dall’anno scorso è stato inoltre istituito nella sede di via Gramsci a Firenze un Polo di Wealth Management che opera per tutto il Gruppo in materia di investimenti. Iniziativa che qualifica per ruolo e professionalità acquisite il ruolo della Banca e al contempo la centralità di una città come Firenze che da sola rappresenta il quarto centro italiano per il private banking».

In Toscana per sostenere l’economia servono infrastrutture. Dove si trovano i soldi con questi chiari di luna? La Regione non ha più risorse, oberata com’è dalla Sanità; le Banche non rischiano.

«È necessario selezionare gli interventi e agire sulle priorità. In questa fase epocale della nostra storia niente è più importante dell’idea di futuro che qualsivoglia classe dirigente, tenendo conto delle aspettative della comunità che rappresenta, deve dimostrare di individuare e perseguire con velocità e determinazione.

Nel nostro Paese la crisi è aggravata da una «questione morale» che riguarda la politica. Allo stesso tempo si parla poco di etica nelle banche e nelle imprese, un tema a Lei caro essendo uno studioso della dottrina sociale della Chiesa…

«Questa crisi economica è evidentemente prima una crisi di valori. Il prevalere di logiche individualistiche travalica talvolta anche ciò che è direttamente correlabile all’interesse collettivo. Auspico sinceramente che nei prossimi mesi e nei prossimi anni ritorni a prevalere il senso di responsabilità a favore della collettività e del bene comune».

Anche le Banche devono essere virtuose e frenare le spese. I tagli penalizzeranno la Cultura? Non vedremo più i Grandi Eventi che negli ultimi anni avete sponsorizzato in Toscana? O ci riserverete qualche piacevole sorpresa?

«Le Banche sono prima di tutto delle aziende che obbediscono alle aspettative di soci, azionisti, clienti e alle diverse tipologie di stakeholder. Sono anche aziende che hanno dimostrato in questi anni di fare molto a favore della cultura e del patrimonio artistico e ciò vale in particolar modo per le banche territoriali e di credito popolare e cooperativo. Intervenire a favore della cultura, dell’arte e dell’ambiente oggi rappresenta sempre più un investimento per il futuro che un atto di mero mecenatismo. Questo perché si va ad incidere sulla qualità sociale e culturale di una comunità che quando più si dimostra fertile da tale punto di vista riesce ad esprimere qualità vera, anche di tipo economico. Sulla base di questi principi e in una logica di sostenibilità ci concentreremo su quei progetti possibili che abbiano i requisiti d’eccellenza e che rilascino un’utilità sociale di lungo periodo».

La schedaBanca Etruria è stata tra i primi Istituti in Italia a lanciare un nuovo progetto di politica creditizia, offrendo alle famiglie ma soprattutto alle piccole e medie aziende meritevoli un sostegno supplementare per uscire dall’attuale momento congiunturale. Se ne è fatto interprete, insieme al direttore generale dottor Luca Bronchi, il Presidente ingegner Giuseppe Fornasari, riconfermato nella primavera scorsa alla guida del Gruppo finanziario per altri tre anni, dopo aver rilevato nel 2009 la trentennale eredità dell’era Faralli. Un programma ambizioso, quello tracciato dal nuovo consiglio di amministrazione, che punta a consolidare la piena autonomia dell’Istituto – nato nel 1882 – a mantenerne il cuore e la testa ad Arezzo (in virtù dei 18 mila soci sui 62 mila complessivi) pur sviluppando la sua attività in tutto il Centro Italia ed ora in forma più incisiva anche a Firenze, dopo l’acquisizione di una Banca storica come la «Federico Del Vecchio».

Fornasari ha sicuramente tutta l’esperienza e la preparazione per far crescere ulteriormente Banca Etruria e farla diventare una delle «Popolari» più moderne e più legate al territorio: aretino doc, classe 1949, ingegnere civile, ex deputato della Dc dal 1976 per quattro legislature, già sottosegretario all’Industria nel sesto e nel settimo governo Andreotti. Attualmente svolge attività di libero professionista, occupandosi di progettazione internazionale, nell’ambito delle costruzioni, in Polonia, Croazia, Romania, Ucraina e Russia. Perciò la globalizzazione è per lui è un esercizio quotidiano. Di solida formazione cattolica, si è nutrito della Dottrina sociale della Chiesa, confrontandosi negli anni giovanili con il suo concittadino Amintore Fanfani (poi con Moro e Zaccagnini) e a Firenze con Giorgio La Pira, durante gli studi universitari, quando alloggiava allo «Stensen», il Pensionato dei Gesuiti. È quindi consapevole che le banche non dovrebbero occuparsi solo di credito e finanza.

Ecco perché Banca Etruria, nonostante le difficoltà e la sua linea di rigore,  si sta impegnando con rinnovato slancio nel campo sociale ed in quello dell’Arte e della Cultura. Dopo i memorabili restauri degli affreschi di Piero della Francesca (realizzati con le tecniche più avanzate in Italia e nel mondo, poi ammirati in splendide esposizioni), del Crocifisso di Cimabue ritornato in San Domenico, l’Istituto ha sostenuto il progetto di valorizzazione del sottochiesa della Basilica di San Francesco e quello di allestimento del nuovo Museo diocesano, che offrirà opportunità di lavoro ai giovani, nella veste di storici dell’arte e negli annessi laboratori di restauro. Proprio l’intervento della Banca per la sistemazione della parte sotterranea della Basilica ha consentito di ospitare la bella mostra (aperta fino al 9 gennaio) su «Il primato dei toscani nelle vite del Vasari», uno degli eventi che Arezzo ha promosso per celebrare il quinto centenario della nascita del grande artista.

Tra le altre iniziative sponsorizzate nell’ultimo anno da Banca Etruria da ricordare i convegni e le rassegne rievocative dei 150 anni dell’Unità d’Italia; il cofanetto celebrativo della collana «Le città ritrovate».