Toscana

La Toscana in aiuto di Betlemme

Il francescano Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa, è proprio un «personaggio». È uno dei pochi in Israele e in Palestina che sappia muoversi con disinvoltura tra i soldati di Sharon o le guardie di Arafat, che sappia affrontare i posti di blocco israeliani o accompagnarti al quartier generale palestinese. E sempre con l’immancabile saio.

Nei giorni scorsi, l’immagine di padre Ibrahim seduto dietro alla seggiola vuota di Arafat ha fatto il giro del mondo. Lui, direttore della Terra Sancta school di Betlemme e responsabile dello «statu quo» della Basilica della Natività, è molto conosciuto anche in Toscana, dove più volte è stato ospite della diocesi di Fiesole o di quella di Montepulciano, del Comune di Pratovecchio o di quello di Montevarchi. Come in passato, anche in questi giorni, sta lavorando intensamente per organizzare il «pellegrinaggio della solidarietà» in partenza da Firenze il 18 gennaio prossimo.

Raggiungiamo Ibrahim sul cellulare, che come quello di tutte le persone importanti squilla spesso. «In questo momento la situazione è tranquilla, almeno qui a Betlemme. Un po’ meno altrove», si affretta a farci sapere riferendosi agli ultimi attentati. Ma poi non rinuncia ad un apprezzamento per i toscani: «Siete gli unici sempre venuti in Terra Santa, magari con piccoli gruppi, anche in questi tempi difficili. La Toscana è stata accanto a noi e al popolo palestinese anche nel corso di questa intifada che ormai dura da più di quindici mesi».

Sul versante toscano, il «motore» di questa iniziativa è Angiolo Rossi, sindaco di Pratovecchio, comune gemellato con Betlemme. «Saremo una sessantina: ci saranno – spiega Rossi – imprenditori, sindacalisti, rappresentanti di fondazioni, di associazioni di categoria, della Caritas, oltre ad un gruppo vero e proprio di pellegrini. Avremo incontri con gli artigiani e con tutte le realtà locali con quali instaurare rapporti commerciali. Ma avremo anche un incontro con il presidente Arafat. Saremo la prima delegazione ad incontrarlo da quando è confinato a Ramallah».

«La situazione economica è veramente difficile – conferma padre Ibrahim –, soprattutto qui a Betlemme dove la maggioranza della popolazione vive sul turismo religioso. Vedere un gruppo di sessanta persone sarà una cosa bella e un incoraggiamento per il popolo palestinese». All’inizio di gennaio era anche prevalsa la fiducia: «C’erano stati segnali positivi – dice padre Ibrahim –: israeliani e palestinesi erano tornati ad incontrarsi».

Anche il ritorno del mediatore statunitense Anthony Zinni, come ha rilevato il Custode di Terra Santa, padre Giovanni Battistelli, in un’intervista all’agenzia «Sir», aveva fatto sperare nella ripresa del dialogo. A giudizio di padre Battistelli resta comunque molto utile la ripresa dei pellegrinaggi: «Aspettiamo i pellegrini: alcuni stanno già arrivando. Sono il segno di una rinnovata voglia di pace e di speranza nel futuro».

Padre Peter Madras, sacerdote palestinese e docente di Sacre Scritture a Betlemme, ha spiegato, sempre al «Sir», che la tensione non è tra le popolazioni, ma tra i leader politici: «La resistenza palestinese non è più di popolo, ma sembra essere solo di gruppi e individui armati. Il popolo palestinese vuole una pace che abbia come fondamento la giustizia. Anche il popolo israeliano, o meglio una buona parte di esso, vuole la pace ma senza troppe concessioni ai palestinesi. La vera vittima di questa crisi è il popolo. Mi attendo dalla diplomazia – conclude padre Madras – maggiore attenzione al cittadino palestinese ed israeliano. La nostra umanità si perde quando entra in gioco la violenza, sia quella dell’oppressore che quella dell’oppresso».

A.F