Toscana

La famiglia è rimasta sola

DI RICCARDO BIGIIl ragionamento del vescovo di Pistoia, Simone Scatizzi, delegato della Conferenza episcopale toscana per la famiglia, parte da un dato di fatto. «Se noi non diamo la possibilità, a una famiglia normale, di avere una casa più grande di 60 metri quadri, come possiamo chiederle di avere più figli o di tenere in casa i genitori anziani?».I vescovi toscani hanno parlato, nell’assemblea che si è volta lunedì e martedì scorsi all’eremo di Lecceto, sulle colline fiorentine, di famiglia e parrocchia e di come le attività parrocchiali debbano ruotare intorno alla famiglia. Ma la loro riflessione si è inevitabilmente allargata alla necessità di difendere la famiglia, sottoposta a pressioni sociali, culturali, economiche sempre più forti che ne provocano la disgregazione.

«Questa società – sottolinea il vescovo Scatizzi – dovrebbe essere grata alla famiglia: se l’Italia non è al fallimento, lo deve in gran parte alla rete di solidarietà familiare che interviene in tantissime situazioni. E invece la famiglia viene sempre più lasciata sola, le istituzioni non l’aiutano a svolgere questa sua funzione preziosa».

Ma la questione non è solo sociale: c’è anche un problema di modelli culturali oggi dominanti, basati sul singolo individuo. «Le persone – spiega Scatizzi – vogliono essere amate, ma non sono più capaci di amare. In questo la Chiesa ha un grande compito: offrire quella formazione all’amore, all’affettività, al dialogo, alla relazione interpersonale tra uomo e donna che oggi nessuno offre più. Dietro la rovina di tante famiglie, che al contrario di quanto si pensa viene vissuta sempre con sofferenza, c’è questa incapacità di offrirsi all’altro». In questa battaglia per tutelare e valorizzare la famiglia, la Chiesa è spesso isolata e rischia di restare marginale: «Sarebbe importante che non fossero solo preti e vescovi a far sentire la loro voce ma che anche i laici, le associazioni, i movimenti si facessero carico di portare questi temi nella vita civile, nei mass media, nella politica».

Nel momento in cui lancia questi appelli, la Chiesa però deve fare anche autocritica: «Anche le attività ecclesiali, la vita della parrocchie, la preparazione ai sacramenti per troppo tempo sono state incentrate sulla singola persona. Dobbiamo coinvolgere di più la famiglia in quanto tale». Ci sono interessanti esperimenti, in questo senso, che affidano ad esempio direttamente ai genitori l’educazione cristiana dei figli. Altri strumenti, che la Chiesa italiana indica come prioritari, sono i gruppi di spiritualità familiare, i percorsi articolati di preparazione al matrimonio, i corsi di formazione all’amore e alla sessualità. Ma servono anche altri piccoli accorgimenti, ad esempio ricordare i problemi della famiglia nelle preghiere e nell’omelia domenicale.

Un ultimo capitolo riguarda le famiglie in situazioni particolari, le cosiddette «coppie irregolari»: persone conviventi, sposate solo civilmente, separate, divorziate. Sono sempre più le persone in situazioni simili che bussano alla porta della Chiesa. «In questi casi – afferma Scatizzi – è fondamentale il discernimento del sacerdote, la sua capacità di leggere nel cuore delle singole persone. Bisogna esercitare la verità nella carità: trattare le persone con grande umanità, pur senza fare sconti sui principi fondamentali. Molto spesso, il prete ha il compito di curare ferite profonde».