Toscana

La riforma Moratti finisce in piazza

di Claudio TurriniLa scuola italiana scende di nuovo in piazza. Mentre prosegue la protesta di docenti e ricercatori universitari contro la legge delega per il riordino dello stato giuridico dei professori, non accenna a placarsi neppure il dissenso contro la riforma della scuola targata Letizia Moratti. Nel pistoiese sono scesi in campo anche sindaci e assessori alla pubblica istruzione di diciannove comuni (da Pistoia a Monsummano, da Cutigliano a Quarrata) per denunciare «i guasti di una riforma annunciata e per fortuna per il momento poco attuata, che manca della necessaria copertura finanziaria e riduce la qualità dell’offerta formativa». Ma sono soprattutto gli insegnanti ad aver sotterrato l’ascia di guerra, spalleggiati da alcune associazioni di genitori e dai partiti del centro-sinistra. Qualcuno l’ha già definita una «guerra ideologica» lanciata dalla sinistra contro una riforma che ha per ispiratore il pedagogista cattolico Giuseppe Bertagna. O una sorta di boicottaggio al governo Berlusconi. «In Toscana siamo di fronte al pericolo di secessionismo, quando si mette in discussione il valore delle leggi approvate dal parlamento italiano. Altro che Bossi», ha dichiarato proprio da Firenze il coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi.

«Sia chiaro che la riforma Berlinguer-De Mauro ci faceva schifo altrettanto, anzi forse di più», precisa subito Paolo Mazzoni, dirigente scolastico di un istituto comprensivo (dalla materna alle medie) a S. Miniato e segretario regionale di Cisl-scuola, il maggior sindacato con 13 mila scritti su 45 mila insegnanti circa. «Contro quella riforma siamo scesi in piazza l’11 febbraio del 2000 ed avevamo chiesto il referendum abrogativo. Perché anche quella era una riforma senz’anima, una pura opera di ingegneria. Riforme di questo genere non si fanno in un anno a colpi di maggioranza… richiedono un dibattito approfondito anche per quattro o cinque anni».

Per Mazzoni il giudizio sul decreto legislativo del 23 gennaio scorso «non può che essere negativo perché si va a distruggere un sistema che funzionava assolutamente bene». Si tratta, prosegue il segretario Cisl, di «una riforma di facciata, uno spot pubblicitario, una riforma senz’anima, che non tiene conto per niente dell’alunno, della sua formazione integrale della persona». E ci tiene a precisare che il suo sindacato, a differenza di altre organizzazioni, non ne fa un problema ideologico, non «si impicca al totem del tempo pieno», ma deve riconoscere che «garantiva qualità del servizio, tempi più distesi, possibilità più ampie di apprendimento e di recupero». E non si parli di esigenze di «flessibilità di orario», perché questa c’era già con l’autonomia: «il vero scopo è quello di ridurre il personale. Contrarre il tempo scuola e il tempo di lezione porta ad un abbassamento della qualità. Mi devono spiegare questi comitati di saggi – aggiunge con ironia – come si fa ad aumentare il numero delle discipline, diminuendo quello delle ore e aumentando il rendimento del sistema scolastico».

Anche sul tutor il giudizio della Cisl è negativo: «Chi glielo fa fare ad un povero disgraziato di fare da punto di riferimento unico di tutta una materna? – si chiede Mazzoni –. È un grosso aggravio di lavoro. Se a questa figura corrisponde un vantaggio economico o di carriera può darsi che si impegni, faccia i corsi di aggiornamento, altrimenti nessuno lo vorrà fare e ricadrà sui più giovani, sui precari, sulla fascia più debole». La Cisl scende in piazza non solo contro questa riforma ma anche contro il rischio di un «regionalismo strisciante», perché «non possiamo accettare che in Italia ci siano 20 sistemi scolastici diversi». Ma «non rifiutiuta il confronto». La speranza di costringere il ministro ad una marcia indietro c’è, ma realisticamente, ci spiega il segretario regionale della Cisl, «puntiamo ad incidere in modo positivo sulle normative di applicazione che poi sono quelle che valgono di più».

Scuola cattolica, da sempre flessibilità e attenzione agli alunniChi guarda con un certo ottimismo alla riforma sono le scuole cattoliche. «Ci sono molti aspetti della riforma che le nostre scuole vivono da anni, come il tutor, l’insegnamento dell’inglese e dell’informatica fin dalle materne», precisa subito Nicoletta Binini, dirigente scolastico dell’Istituto S. Cuore di Firenze (con classi dalla materna al liceo) e segretaria regionale della Fidae (Federazione italiana attività educative) che raccoglie le cattoliche. Anche se ammette che «per le medie c’è un po’ di caos, soprattutto per la diminuzione di orario di alcune materie come geografia, storia, educazione tecnica. Ci sono queste sei ore in più che la scuola si può giostrare, ma l’offerta sarà per l’inglese o l’informatica…».

All’Istituto S. Cuore, uno dei più noti a Firenze, la riforma la conoscono già. Lo scorso anno è stata infatti una delle quattro scuole del capoluogo toscano scelte dal ministero per una sperimentazione. Della riforma piace soprattutto la «filosofia» che le sta dietro, perché «punta molto sull’alunno come protagonista del suo percorso educativo, un principio che le nostre scuole hanno nel loro dna».

Anche la possibilità di anticipo a 5 anni e mezzo non sembra creare problemi particolari: «In questi anni – spiga Benini – si accettavano già, dopo un piccolo esame, e si è visto che su alcuni bambini l’anticipo risultava positivo». Le scuole cattoliche vivono la fine del «tempo pieno» senza particolari drammi. Loro hanno sempre fatto della flessibilità di orario un punto di forza. Mentre una novità anche per loro è il «portfolio», che raccoglie «tutta la documentazione valutativa, accompagnata da prove significative del percorso scolastico, scelte assieme all’alunno e alla famiglia e che accompagna l’alunno fino all’Università». A favore della riforma:Il tempo pieno era ormai snaturato«Gli insegnanti per loro formazione e per il lavoro che fanno dovrebbero esser tesi a cogliere il nuovo… Invece l’atteggiamento di fronte a questa riforma è stato un po’ di chiusura a priori. Dovremmo confrontarci e poi dire: “queste cose non vanno, possiamo modificarle”, oppure “queste vanno bene continuiamo a farle”». Paola Carradori, 41 anni, membro dell’associazione nazionale Diesse (Centro per la formazione e l’aggiornamento, 5 mila insegnanti in tutta Italia, sede centrale a Milano, tel. 02 67020055), guarda con un certo ottimismo alla riforma e non condivide i toni accesi della protesta. Maestra nel Circolo didattico di Campi Bisenzio (Fi), da venti anni lavora nel «tempo pieno» e non si sente di difenderlo a spada tratta. Riconosce che quando nacque «era qualcosa di originale, rispetto all’insegnante unico, perché si lavorava davvero insieme, mentre adesso era diventato molto settoriale: ciascun insegnante si preoccupava dei propri ambiti disciplinari, in un ritmo forsennato… Era diventato un po’ simile alle medie».

Non è un gran danno se viene smantellato…

«Non viene smantellato come quantità oraria, perché le 40 ore rimangono. La differenza è nell’organizzazione: viene lasciata la flessibilità alle famiglie che potranno scegliere un orario più breve o uno più lungo. Specie nei primi anni della scuola elementare ci sono dei bambini per i quali il tempo pieno è davvero pesante».

Cosa cambia con la figura del tutor?

«Intravedo nella figura del tutor, un insegnante, che ha come funzione specifica quella di preoccuparsi dell’unitarietà dell’insegnamento e dell’attenzione al ragazzo, una possibilità di tornare all’attenzione al ragazzo».

Ma non c’è il rischio che si creino insegnanti di serie A e di serie B?

«Siamo abituati da anni a lavorare insieme e questo metodo continuerà. Il fatto che ci sia il tutor, non vuol dire che diventi il padrone del gruppo di insegnanti».

Quali altri elementi positivi vede?

«Un altro aspetto interessante è quello dei laboratori, con la possibilità di lavorare a gruppi più piccoli e di svolgere attività molto concrete».

E dell’anticipo a cinque anni e mezzo per l’ingresso in prima elementare cosa pensa?

«Porterà qualche bisogno di assestamento, anche se è vero che la possibilità di anticipo dovrà essere mediata dalle insegnanti della materna che dovranno valutarla assieme ai genitori. Spero che venga fatto in modo ponderato, non per la volontà del genitore di accelerare la carriera scolastica del figlio».

Ma i suoi colleghi sono preoccupati?

«L’atteggiamento da parte di molti colleghi è quello di dire “cerchiamo di fare il meglio possibile”. Una delle preoccupazioni è il mantenimento del posto di lavoro perché si teme una riduzione degli organici. Per il prossimo anno non ci sarà, perché il decreto prevede lo stesso organico, ma dopo è un’incognita».C.T. Contraria alla riforma: Ma così perdiamo il lavoro condivisoDi riforme ne ha viste e di promesse ne ha sentite. Silvia Marradi, insegnante elementare, festeggia i trent’anni di scuola e il cinquantesimo compleanno. Lavora a Firenze, alla Vittorio Veneto, all’ombra del campanile di Santa Croce, in pieno centro storico, difende a spada tratta il tempo pieno, contesta il «tutor» e l’«ingresso anticipato» e non esita a definire «pura demagogia» il sostenere che la riforma Moratti coinvolge di più le famiglie, anzi: «Posso usare un’espressione colorita», chiede l’insegnante? Prego: «E allora dico che è un’infinocchiatura clamorosa».

Ma perché difendere così tenacemente il tempo pieno?

«Perché si tratta di un sistema attraverso il quale l’apprendimento avviene in maniera distesa, affrontando a tutto tondo non solo le singole discipline, ma anche la socializzazione, il lavoro condiviso, la convivenza in gruppo… Attraverso il tempo pieno, difendo questa possibilità di apprendimento particolarmente favorevole nell’età evolutiva in cui invece è prematuro l’incasellamento».

Da qui nasce anche la contestazione al ritorno dell’insegnante unico?

«Il rifiuto del cosiddetto tutor deriva in primo luogo da questo, ma anche dal fatto che si cancellano di punto in bianco trent’anni di lavoro condiviso, di programmazione, di corresponsabilità nell’insegnamento. Nello stare con i ragazzi, ognuno mette se stesso, ma un conto è mettere se stesso senza condividere con nessuno il proprio operato, un conto è mettersi a confronto per programmare un percorso comune».

Sull’«ingresso anticipato» in prima elementare, cosa dice?

«Dico che è un problema, perché un bambino a cinque anni e mezzo è nella piena fase della costruzione di sé. Già nascono problemi quando in prima elementare ci sono bambini nati a gennaio e bambini nati a dicembre dello stesso anno, figuriamoci a mettere insieme bambini di cinque anni e mezzo o addirittura di cinque con quelli di sei. È un momento, questo, in cui la formazione della personalità subisce nel corso di pochi mesi dei cambiamenti notevoli per cui mettere insieme bambini di età diversa comporta un’organizzazione del lavoro particolarmente complessa, con il rischio di farli sentire più disadattati che altro, sia i più piccoli che i più grandi».

Quali sono le altre questioni essenziali della riforma che non condivide o addirittura contesta?

«Derivano da quanto detto finora. Però, quello che essenzialmente e sostanzialmente contesto di questa riforma è che la scuola che prospetta è una scuola selettiva al massimo, in ogni ordine e grado, da quella di base alle superiori dove la stortura diventa più evidente con l’istituzione del doppio canale, il professionale, il liceale e così via. La riforma prospetta una scuola selettiva anche per i tempi ghigliottina che impone ai ragazzi: chi è capace di rispettarli va avanti, gli altri, quelli che hanno tempi lunghi d’apprendimento e che sono probabilmente la maggioranza, vengono penalizzati».A.F. La scheda: ecco le novitàCon legge 28 marzo 2003 n. 53 è stata data «Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale». Il 23 gennaio scorso è stato approvato il primo decreto legislativo applicativo in merito alla scuola dell’infanzia, alla scuola primaria e alla secondaria di primo grado. LA SCUOLA DELL’INFANZIAÈ assicurata a tutti i bambini la possibilità di frequentare la scuola dell’infanzia. L’orario di frequenza è compreso fra un minimo di 25 e un massimo di 50 ore settimanali. In pratica si mantiene l’attuale assetto orario (solo antimeridiano o di otto ore per cinque giorni la settimana), con in più la possibilità di attivare servizi di pre e post-scuola. LA SCUOLA DELL’OBBLIGOÈ assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni, o comunque sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. Il primo ciclo di istruzione, di otto anni, è costituito da scuola primaria e scuola secondaria di primo grado. Il secondo ciclo dal sistema dei licei e dal sistema di istruzione e formazione professionale; dal compimento del quindicesimo anno i diplomi e le qualifiche si possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato. In attesa dei decreti applicativi e con l’abrogazione della legge 9/99 che aveva innalzato l’obbligo a nove anni, vige attualmente l’obbligo costituzionale (art. 34) di otto anni di frequenza. LA SCUOLA PRIMARIAHa una durata di cinque anni ed è suddivisa in un primo anno raccordato con la scuola dell’infanzia e in due periodi didattici biennali. I piani di studio prevedono l’alfabetizzazione informatica e quella in lingua inglese. L’orario settimanale è 27 ore, alle quali le famiglie – al momento dell’iscrizione – possono chiedere di aggiungere 3 ore di attività facoltative e gratuite. È prevista l’assistenza a mensa da parte del personale docente fino a un massimo di 10 ore settimanali. LA SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADOHa una durata di tre anni, composti da un biennio e da un terzo anno di orientamento. Anche qui tecnologie informatiche, attenzione alle lingue con l’introduzione di una seconda lingua comunitaria e 27 ore di lezione di base. Le ore di laboratorio salgono a 6, quelle di mensa scendono a 7. GLI ANTICIPIPossono essere iscritti alla scuola dell’infanzia le bambine e i bambini che compiono i tre anni di età entro il 30 aprile dell’anno di riferimento. Di fatto le circolari sulle iscrizioni hanno posto il limite dei tre anni al 31 dicembre per il 2003/04; per il 2004/05 il limite è stato spostato al 28 febbraio, ma solo a condizione che non vi siano liste di attesa, che la scuola abbia posti disponibili e che il comune abbia dato il proprio assenso. Per la scuola primaria le nuove date di cui tener conto sono 31 agosto e 28 febbraio (a regime diverrà 30 aprile): i bambini che compiono sei anni fra marzo e agosto sono soggetti alla normale leva scolastica; quelli nati a fine anno possono iscriversi con un anno di ritardo; quelli nati a inizio d’anno possono farlo con un anno di anticipo. IL DOCENTE TUTORÈ definito tutor il docente in possesso di specifica formazione che coordina le attività educative e didattiche, i rapporti con le famiglie e documenta il percorso formativo degli allievi. Nei primi tre anni di scuola primaria svolge attività di insegnamento per almeno 18 ore settimanali. ESAMI E BOCCIATURESparito l’esame di quinta elementare, si mantengono i due esami di Stato alla fine del primo e del secondo ciclo di istruzione. Alla fine di ciascun periodo biennale il consiglio di classe può decidere all’unanimità di non ammettere un alunno al periodo successivo. L’AVVIO DELLA RIFORMAA partire dal prossimo anno scolastico la riforma interesserà tutta la scuola primaria e il primo anno di scuola secondaria di primo grado; nei due anni successivi si estenderà anche alla seconda e alla terza. In via transitoria è confermato l’attuale organico del personale, compreso quello delle scuole a tempo pieno o prolungato.Rita di Goro Per saperne di più: la riforma in rete• Sul sito del Ministero della pubblica istruzione (www.istruzione.it ) è possibile scaricare il testo commentato del «Decreto legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione» del 23 gennaio 2004. Sullo stesso sito anche altra documentazione ufficiale all’interno della sezione «Riforma della scuola» tra cui anche alcune guide per genitori e studenti.l Un sito interessante è quello del Movimento Studenti di Azione Cattolica (all’interno di www.azionecattolica.it) che ha uno speciale sulla Riforma con un documento di analisi dal titolo «Qualcosa da dichiarare. Cosa pensano gli studenti del movimento circa la riforma della scuola».

• Altri siti interessanti sono quelli sindacali. Su www.cgilscuola.it si trova il calendario delle manifestazioni e tutta una serie di materiale informativo sulla riforma, tra cui resoconti degli incontri con il ministro. Un’ampia informazione anche su www.cislscuola.it e www.snals.it (Sindacato nazionale autonomo lavoratori scuola). Per la posizione dei Cobas (Comitati di base scuola) si può consultare www.cobas-scuola.orgwww.gildains.it) contiene anche un forum su «Come salvare la scuola dalla riforma».

• Tra gli altri siti professionali segnaliamo: www.uciim.it (Associazione cattolica italiana insegnanti medi), www.aimc.it (Associazione italiana maestri cattolici), www.associazionedocenti.it e www.diesse.org.

Scuola, una riforma da verificare sul campo

Sui banchi toscani i colori del mondo