Toscana

Lavorare tutti insieme è la strada della speranza contro la pandemia

Ormai è passato un anno dall’inizio dell’emergenza Covid-19 e tutti ci affidiamo alla speranza che viene dai vaccini, dall’arrivo di dosi sufficienti e anche dalla sperimentazione di quello nato sul suolo nazionale. Non pochi, riferendosi proprio al vaccino italiano, hanno già definito un miracolo l’essere arrivati fino a qui – alla seconda e alla terza fase di studio – in così breve tempo, considerate le poche risorse pubbliche stanziate per la ricerca nel nostro Paese. Già, la ricerca. Un settore che l’Italia da tempo aveva abbandonato nonostante i nostri giovani escano dalle università più preparati di molti altri come dimostrato dai tanti «cervelli» che trovano subito un lavoro nei laboratori di altri Paesi.Questo, però, è un numero particolare per il nostro settimanale: è quello dedicato alla Pasqua, il giorno in cui la Chiesa ricorda la Resurrezione di Gesù Cristo. Allora non vogliamo lasciarci sopraffare dalle polemiche che spesso restano tali e non si superano certo gettando altra benzina sul fuoco. Per i cristiani la Pasqua è la speranza, la vera speranza, e di questo vogliamo parlare. L’emergenza non è finita e, come ha ricordato domenica scorsa papa Francesco all’Angelus, se è vero che «l’anno scorso eravamo più scioccati, quest’anno siamo più provati. E la crisi economica è diventata pesante». In tanti ci dicono, e anche noi lo abbiamo scritto, che il peggio, almeno per la parte sociale ed economica, potrebbe non essere ancora arrivato. Tanti già oggi bussano alle porte della Caritas, delle parrocchie, delle associazioni. E presto potrebbero essere molti di più. Chiederanno aiuto per portare qualcosa da mangiare nei piatti dei loro figli. E con un cenno degli occhi ringrazieranno chi darà loro una mano per pagare l’affitto e le bollette. Perché gli mancherà la voce.Oggi tutti, più o meno giustamente, reclamano un aiuto dal Governo, da quello Stato che in un secondo momento, ma molto prima di quanto possiamo immaginare, sarà costretto a chiederci il conto. Probabilmente non saremo noi a pagarlo: l’impressione è che non ne avremo la forza. Saranno probabilmente i nostri figli e i nostri nipoti a doverlo fare. Saranno loro che pagheranno questa pandemia molto più di quanto già facciamo noi.Allora ci tornano in mente le parole di papa Francesco che nell’enciclica «Fratelli tutti» parla proprio della speranza: «La speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa. Camminiamo nella speranza». Non è una strada comoda ma è la strada che il ci viene indicata dalla Croce o, meglio ancora dal sepolcro vuoto. Non possiamo aspettarci tutto dagli altri, dal Governo o dai politici, da un’economia che almeno fin qui non ha mai saputo guardare lontano. Tutti hanno cercato risposte immediate, che calmassero gli appetiti del presente. «La società mondiale ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i più diversi settori e i più vari saperi – scrive ancora papa Francesco -. In tal modo, un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo».La strada della speranza anche per uscire dalla pandemia ha quindi una direzione precisa che è quella di lavorare tutti insieme. Un segnale decisivo può essere un progetto che tenda davvero al bene comune, degli uomini di oggi come dei loro figli e di coloro che comunque erediteranno le conseguenze di questa pandemia. Buona Pasqua a tutti.