Toscana
Le «bischerate» di Dan Brown in puro stile hollywoodiano
Niente, nel lancio del film, è stato trascurato: si è perfino inventata un’accoppiata fra il «Codice» e un’acqua minerale intitolata al nome di una santa che, per la Chiesa, è madre della Madonna: ovvero la nonna di Gesù, che per il «Codice» è quel tizio che non morì in croce ma sposò Maddalena, la mise incinta avendo figli che fondarono la dinastia dei re di Francia. Quei fetentoni del Vaticano da duemila anni ne fanno di cotte e di crude uccidendo e seviziando solo per nascondere una verità che adesso è alla portata di tutti; basta comprare una bottiglia «Sant’Anna di Vinadio» (l’acqua) vincendo un viaggio a Parigi «sulle orme del Codice da Vinci». In effetti ci sarebbe da non comprarla proprio, quella bottiglia.
Non sono mancate reazioni in attesa di vedere come il grande pubblico avrà reagito alla potenza di fuoco di chi, su Cristo, pensa di continuare a trarre valanghe di dollari: chi punta sul boicottaggio e chi si limita a fare affidamento sulla maturità delle persone. Come al solito, la «vite» finisce per avvitarsi da sola in un processo notissimo: parlatene; parlatene anche male, ma parlatene. E il gioco è fatto.
È stato un professore toscano con un curriculum di «destra» ma capace di gridare «cose di sinistra» così pesanti da mettere in imbarazzo una «sinistra» che spesso, al contrario, fa «cose di destra» è stato il professor Franco Cardini a prendersi il gusto di demolire l’operazione «Codice».
Non è vero: l’Opus Dei di cui parla Dan Brown è inesistente; i documenti storici presentati sono falsi acclarati da almeno trent’anni; si fa grande confusione fra i manoscritti ritrovati nell’oasi egiziana di Nag Hammadi (testi gnostici) e quelli trovati a Qumram sul mar Morto (testi essenici); si confonde la egittologia (che è una cosa seria) con un culturame esoterico d’accatto stile new age; si gioca con le note falsità di certe sette.
C’è un altro aspetto su cui Cardini ha scritto molto: la furbizia di Brown nel ricalcare certe tesi di un proto femminismo che ha accusato la Chiesa di aver ucciso qualcosa come 5 milioni di streghe. Già al centro di un processo per plagio, Brown ha fiutato il momento giusto per copiare la tesi secondo cui la religione primitiva era di matrice matriarcale, femminile e pacifista mentre il mototeismo ebraico-cristiano l’avrebbe, dopo, sostituita con credenze maschiliste e guerriere. Ovvio il sostegno dai circoli femministi Usa che si sono serrati con gli altrettanto potenti circoli anticattolici (il Vaticano messo a ferro e fuoco dalla Casa Bianca per via della sua contrarietà alla guerra in Iraq? Certo mancano le prove, ma perché non farci un pensierino?).
Con schiettezza toscana, Cardini ha sintetizzato in quattro parole («bischerate fritte e rifritte») che sarebbe bene ricordare a chi andrà a vedersi il filmone con Tom Hanks. C’era un altro toscano, prete pistoiese di inizio secolo, di cui andrebbe citato un detto; don Orazio Ceccarelli così si chiamava traduceva per i contadini la neonata dottrina sociale della Chiesa e doveva quindi parlare semplice. Ecco come suggeriva di reagire alla potenza dei media. «Sia che vada bene sia che vada male, il mondo va e viene come vuole il giornale. Quando leggi il giornale non lo leggere a caso, se non vuoi tale e quale, esser preso pel naso».
Che don Orazio avesse già letto in anteprima le «bischerate» del Codice cosiddetto «da Vinci»?
IN ASCOLTO . Nella figura di Maddalena la tradizione ha unito la Maria da cui sono stati cacciati sette demoni, la donna che onora i piedi di Gesù e Maria sorella di Marta e di Lazzaro, che appare solo nella tradizione lucano-giovannea, come stereotipo. Nel Vangelo di Luca sono presentate due sorelle abitanti di un villaggio ancora molto prossimo alla Galilea, l’una indaffarata a servire, l’altra in ascolto di Gesù. In Giovanni si tratta di una famiglia di Betania, presso Gerusalemme, ma anche per lui le sorelle seguono lo stereotipo. Questa terza donna connette la simbologia amorosa con l’ascolto. La voce è anche, in molte letterature, strumento di fecondazione spirituale. Quante figure si concentrano in Maria Maddalena, che poi, mirrofora per eccellenza, assomma anche le altre donne al sepolcro. In Giovanni è l’unica che, per prima, vede il sepolcro vuoto e, tornata dai discepoli, parla al plurale: hanno portato via il Signore e non sappiamo dove sia. Giovanni conserva la frase tradizionale, ma la attribuisce a un personaggio solo invece che tre: la donna del Cantico dei Cantici che nel giardino incontra il giardiniere senza riconoscerlo.
LA TRADIZIONE . Attraverso un processo simile a quello di molte mitologie antiche, la tradizione ci ha consegnato fuse in una figura complessa le donne a fianco di Gesù. Salvo una. Maria di Nazareth mantiene una totale indipendenza, anche nella tradizione lucana e giovannea, in cui ha un ruolo determinante nella successione a suo figlio. Problema acuto: Gesù fu proclamato re, Messia, perché figlio di Davide. Logica tribale voleva che gli succedesse un altro della stessa famiglia. Giacomo, fratello del Signore, fu capo della comunità a Gerusalemme, ma chi garantiva la continuità dinastica, secondo l’uso descritto nel primo libro dei Re, era la madre: il Vangelo di Giovanni e gli Atti degli apostoli attestano Maria a Gerusalemme al momento della morte del figlio e, dopo esser stata affidata da Gesù a un discepolo «figlio» (Giovanni), al centro della comunità come garanzia di continuità, mentre i discendenti maschi della famiglia sono citati in gruppo (Atti).
LA SAPIENZA. Maddalena mai è presa in considerazione a proposito della continuità dinastica. Al di fuori della famiglia di Gesù (il ruolo della quale è spesso minimizzato, quando non negato; come nel Vangelo di Marco), la catechesi occidentale, insiste su Simone figlio di Giona, cui «né la carne né il sangue» fanno comprendere chi è Gesù: Pietro sarà dunque il vicario. Maria di Magdala non è assolutamente coinvolta in questo gioco. Se vi fosse stata una qualche discendenza carnale di Gesù, generata con lei o con altra sposa, la tradizione, almeno in senso polemico, avrebbe registrato la presenza di un erede: la discendenza di sangue è segno dell’elezione. Maddalena diverrà sposa di Gesù nel Vangelo di Filippo un manoscritto gnostico del IV secolo, da Nagh Hammadi in Egitto. Ecco la frase incriminata: «La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La consorte di Cristo è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla bocca ». È evidente il tono polemico del brano: qualcuno riteneva che Sofia (la sapienza divina, manifestata dell’Antico Testamento) fosse la sposa del Cristo, forse ispirandosi al libro della Sapienza in cui il re Salomone afferma: «Ho cercato di prendermela come sposa e mi sono innamorato della sua bellezza». Invece, per lo gnostico che si rifà a un dualismo anticosmico, tale sapienza sarebbe la causa dell’inaccettabile stato di cose, dominato dagli angeli. Maria, invece, è la sapienza del nuovo mondo, in cui si entra se, con la conoscenza (gnosi), ci si libera dalla morte e si è fecondati spiritualmente (dal bacio).
Anche in merito al leit-motiv del best seller, don Weatherill non ha dubbi: «Gesù non si è mai sposato con la Maddalena e non ha mai avuto da lei un figlio: questo fatto è incontrovertibile ed è confermato da tutti e quattro i Vangeli sinottici. Non ha senso affermare il contrario, basandosi su degli scritti (i Vangeli apocrifi, ndr) che non sono riconosciuti dalla Chiesa. Intendiamoci: non ci sarebbe stato nulla di male se Gesù avesse preso moglie, ma la storia non è andata così». Al di là del libro di Dan Brown, don Weatherill ha voluto porre l’attenzione della platea su alcune caratteristiche peculiari della Maddalena: la sua conversione, che le ha permesso di affrancarsi da una vita di peccato e soprattutto il fatto che sia stata proprio lei a essere testimone della morte e successivamente della resurrezione del Figlio di Dio.
Grazie ad Anna Benvenuti, medievalista dell’Università degli Studi di Firenze, è stato poi possibile ripercorrere la storia del «mito» di Maria Maddalena nel periodo che va dal sesto al tredicesimo secolo, durante il quale è nato e si è sviluppato l’interesse dell’Occidente nei confronti della donna e si è creata la leggenda sbagliata e approssimativa anche secondo l’opinione della storica in base alla quale la Maddalena sarebbe in qualche modo legata alla famiglia dei Merovingi. Una versione, questa, che è stata presa come base per lo sviluppo della storyline del «Codice da Vinci». Hanno completato l’incontro gli interventi di Sara Piccolo Paci, docente di Storia del Costume e della Moda, che ha analizzato la figura di Maria Maddalena dal punto di vista delle numerose rappresentazioni che la riguardano, e quello di Maria Teresa Russo, antropologa, che ha invece cercato di portare all’attenzione del pubblico il tema della Maddalena come mito.
«Codice da Vinci», calunnie, offese ed errori
«Codice Da Vinci», smascherare l’inganno. Intervista a Franco Cardini