Toscana

Le «bischerate» di Dan Brown in puro stile hollywoodiano

di Mauro BanchiniIl sostegno è stato potente. Colossali gli investimenti. Chirurgico il marketing. Pauroso il significato da prove generali di «pensiero unico in ambito globale» per un film che resta solo la traduzione hollywoodiana di un romanzo fortunato.

Niente, nel lancio del film, è stato trascurato: si è perfino inventata un’accoppiata fra il «Codice» e un’acqua minerale intitolata al nome di una santa che, per la Chiesa, è madre della Madonna: ovvero la nonna di Gesù, che – per il «Codice» – è quel tizio che non morì in croce ma sposò Maddalena, la mise incinta avendo figli che fondarono la dinastia dei re di Francia. Quei fetentoni del Vaticano da duemila anni ne fanno di cotte e di crude uccidendo e seviziando solo per nascondere una verità che adesso è alla portata di tutti; basta comprare una bottiglia «Sant’Anna di Vinadio» (l’acqua) vincendo un viaggio a Parigi «sulle orme del Codice da Vinci». In effetti ci sarebbe da non comprarla proprio, quella bottiglia.

Appena smorzato da tutte le vicende che, in Italia, sono accadute negli ultimi giorni, la corazzata «Codice-Potenkim» è andata alla grande: i volti di Leonardo e della Gioconda finiti dappertutto, articoli, inchieste, servizi, interviste; paginate su giornali di opinione o popolari; rubriche tv scatenate, tg coinvolti in un’operazione commerciale che difficilmente rivedremo e che fa impressione per la potenza di fuoco messa in campo. Sotto tiro la Chiesa e alcuni suoi settori. Ma sotto tiro qualcosa di assai più importante rispetto alla dimensione «clericale»: il tentativo, non certo nuovo nella storia ma adesso condotto con le tecniche del multimarketing globalizzato, di demolire Cristo e il suo messaggio di speranza. Che a qualcuno faccia comodo?

Non sono mancate reazioni in attesa di vedere come il grande pubblico avrà reagito alla potenza di fuoco di chi, su Cristo, pensa di continuare a trarre valanghe di dollari: chi punta sul boicottaggio e chi si limita a fare affidamento sulla maturità delle persone. Come al solito, la «vite» finisce per avvitarsi da sola in un processo notissimo: parlatene; parlatene anche male, ma parlatene. E il gioco è fatto.

È stato un professore toscano – con un curriculum di «destra» ma capace di gridare «cose di sinistra» così pesanti da mettere in imbarazzo una «sinistra» che spesso, al contrario, fa «cose di destra» – è stato il professor Franco Cardini a prendersi il gusto di demolire l’operazione «Codice».

Chi lo conosce, si immagina la libidine che deve averci provato. Anche perché è riuscito a smontare la corazzata «Codice» con le armi dell’intelligenza laica e del suo lavoro di medievalista. Non si scandalizza, Cardini, se un furbo scrittore fino ad allora ignoto fa denaro con un «divertissment semi-storico». Se c’è consapevolezza che trattasi di romanzo, nulla di male. Diverso invece se, com’è accaduto nell’edizione inglese (in Italia Mondadori l’ha stralciata dalla sesta ediziione), una pagina introduttiva sostiene che il Codice è basato (sic) su «documenti storici».

Non è vero: l’Opus Dei di cui parla Dan Brown è inesistente; i documenti storici presentati sono falsi acclarati da almeno trent’anni; si fa grande confusione fra i manoscritti ritrovati nell’oasi egiziana di Nag Hammadi (testi gnostici) e quelli trovati a Qumram sul mar Morto (testi essenici); si confonde la egittologia (che è una cosa seria) con un culturame esoterico d’accatto stile new age; si gioca con le note falsità di certe sette.

C’è un altro aspetto su cui Cardini ha scritto molto: la furbizia di Brown nel ricalcare certe tesi di un proto femminismo che ha accusato la Chiesa di aver ucciso qualcosa come 5 milioni di streghe. Già al centro di un processo per plagio, Brown ha fiutato il momento giusto per copiare la tesi secondo cui la religione primitiva era di matrice matriarcale, femminile e pacifista mentre il mototeismo ebraico-cristiano l’avrebbe, dopo, sostituita con credenze maschiliste e guerriere. Ovvio il sostegno dai circoli femministi Usa che si sono serrati con gli altrettanto potenti circoli anticattolici (il Vaticano messo a ferro e fuoco dalla Casa Bianca per via della sua contrarietà alla guerra in Iraq? Certo mancano le prove, ma perché non farci un pensierino?).

Con schiettezza toscana, Cardini ha sintetizzato in quattro parole («bischerate fritte e rifritte») che sarebbe bene ricordare a chi andrà a vedersi il filmone con Tom Hanks. C’era un altro toscano, prete pistoiese di inizio secolo, di cui andrebbe citato un detto; don Orazio Ceccarelli – così si chiamava – traduceva per i contadini la neonata dottrina sociale della Chiesa e doveva quindi parlare semplice. Ecco come suggeriva di reagire alla potenza dei media. «Sia che vada bene sia che vada male, il mondo va e viene come vuole il giornale. Quando leggi il giornale non lo leggere a caso, se non vuoi tale e quale, esser preso pel naso».

Che don Orazio avesse già letto in anteprima le «bischerate» del Codice cosiddetto «da Vinci»?

Quanta confusionesulla Maddalenadi Paolo GarutiLa Maddalena appare solo a Gerusalemme, nei Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni, ai piedi della croce o fra i testimoni della resurrezione. Il cognome indica un toponimo: poteva essere originaria di un qualsiasi agglomerato raccolto intorno a un torrione (migdal ). Maria Maddalena è menzionata come persona di cui tutti sanno, salvo in Luca, più distante, che introduce un dettaglio curioso: «Dalla quale erano usciti sette demoni». Da questa notizia, che passerà al Vangelo di Giovanni, il suo nome incomincia a connettersi non solo alla morte e alla resurrezione di Gesù, ma anche al demoniaco e forse allo sponsale irrisolto. Il «sette» e il demonio potevano rievocare la storia di Tobia: un demone uccise i sette mariti di Sara. Forse non c’è dipendenza diretta ma un filo può legare Maria di Magdala alla sposa di Tobia e, volendo, a un’altra figura dello sponsale irrisolto: la samaritana di cui parla Giovanni, che di mariti ne aveva avuti cinque più un non marito e infine trova Gesù. Tuttavia, sulle prime prevale il ruolo di testimone della sepoltura e della resurrezione. Si tratta di un dato molto antico: se la si cita per accreditare il racconto della tomba vuota e si suppone che tutti la conoscano, è lecito ritenere che la sua testimonianza fosse indiscussa. AMORE GRATUITO. Il fatto poi che, insieme alle altre, si sia procurata gli unguenti origina due linee interpretative: la prima è legata a un fenomeno di omofonia. L’unguento prezioso è detto myron, plurale myra, mentre la «mirra» si chiama smyrna. Le donne portarono al sepolcro i myra, ma da Giovanni apprendiamo che il corpo di Gesù fu da altri onorato con una mistura di smyrna e aloe. La tradizione ha operato l’identificazione: fra gli unguenti myra c’era la smyrna. La mirra era uno dei simboli più evocativi della compiacenza sessuale (libro di Ester), ed è spesso citata nel Cantico dei cantici. Da questo intreccio di simboli la tradizione attribuisce a Maddalena un gesto che invece nei testi evangelici non le appartiene: la muta tenerezza della peccatrice di Luca o della donna anonima di Marco e Matteo che con unguento profumato (myron ) onora i piedi di Gesù.Anche qui un’antica simbologia sessuale: «lavarsi i piedi» è un eufemismo corrente. Unzione del morto, abluzione dei piedi: due percorsi simbolici che si congiungono a caricare di valenze amorose una figura che non è mai chiamata Maddalena, ma in Giovanni ha nome Maria (di Lazzaro). L’agire della donna è invece sviluppato dagli altri evangelisti secondo due registri. Gesto d’amor gratuito in Luca, oppure anticipazione amorosa dell’unzione funebre negli altri. In questi brani, la donna dà prova di scandalosa generosità: di qui, e dalla notizia di Luca, secondo la quale Maria appartiene a un gruppo di signore facoltose che si occupano dei discepoli, lo sfarzo delle vesti di cui l’iconografia adorna la bella piangente.

IN ASCOLTO . Nella figura di Maddalena la tradizione ha unito la Maria da cui sono stati cacciati sette demoni, la donna che onora i piedi di Gesù e Maria sorella di Marta e di Lazzaro, che appare solo nella tradizione lucano-giovannea, come stereotipo. Nel Vangelo di Luca sono presentate due sorelle abitanti di un villaggio ancora molto prossimo alla Galilea, l’una indaffarata a servire, l’altra in ascolto di Gesù. In Giovanni si tratta di una famiglia di Betania, presso Gerusalemme, ma anche per lui le sorelle seguono lo stereotipo. Questa terza donna connette la simbologia amorosa con l’ascolto. La voce è anche, in molte letterature, strumento di fecondazione spirituale. Quante figure si concentrano in Maria Maddalena, che poi, mirrofora per eccellenza, assomma anche le altre donne al sepolcro. In Giovanni è l’unica che, per prima, vede il sepolcro vuoto e, tornata dai discepoli, parla al plurale: hanno portato via il Signore e non sappiamo dove sia. Giovanni conserva la frase tradizionale, ma la attribuisce a un personaggio solo invece che tre: la donna del Cantico dei Cantici che nel giardino incontra il giardiniere senza riconoscerlo.

LA TRADIZIONE . Attraverso un processo simile a quello di molte mitologie antiche, la tradizione ci ha consegnato fuse in una figura complessa le donne a fianco di Gesù. Salvo una. Maria di Nazareth mantiene una totale indipendenza, anche nella tradizione lucana e giovannea, in cui ha un ruolo determinante nella successione a suo figlio. Problema acuto: Gesù fu proclamato re, Messia, perché figlio di Davide. Logica tribale voleva che gli succedesse un altro della stessa famiglia. Giacomo, fratello del Signore, fu capo della comunità a Gerusalemme, ma chi garantiva la continuità dinastica, secondo l’uso descritto nel primo libro dei Re, era la madre: il Vangelo di Giovanni e gli Atti degli apostoli attestano Maria a Gerusalemme al momento della morte del figlio e, dopo esser stata affidata da Gesù a un discepolo «figlio» (Giovanni), al centro della comunità come garanzia di continuità, mentre i discendenti maschi della famiglia sono citati in gruppo (Atti).

LA SAPIENZA. Maddalena mai è presa in considerazione a proposito della continuità dinastica. Al di fuori della famiglia di Gesù (il ruolo della quale è spesso minimizzato, quando non negato; come nel Vangelo di Marco), la catechesi occidentale, insiste su Simone figlio di Giona, cui «né la carne né il sangue» fanno comprendere chi è Gesù: Pietro sarà dunque il vicario. Maria di Magdala non è assolutamente coinvolta in questo gioco. Se vi fosse stata una qualche discendenza carnale di Gesù, generata con lei o con altra sposa, la tradizione, almeno in senso polemico, avrebbe registrato la presenza di un erede: la discendenza di sangue è segno dell’elezione. Maddalena diverrà sposa di Gesù nel Vangelo di Filippo un manoscritto gnostico del IV secolo, da Nagh Hammadi in Egitto. Ecco la frase incriminata: «La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La consorte di Cristo è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla bocca ». È evidente il tono polemico del brano: qualcuno riteneva che Sofia (la sapienza divina, manifestata dell’Antico Testamento) fosse la sposa del Cristo, forse ispirandosi al libro della Sapienza in cui il re Salomone afferma: «Ho cercato di prendermela come sposa e mi sono innamorato della sua bellezza». Invece, per lo gnostico che si rifà a un dualismo anticosmico, tale sapienza sarebbe la causa dell’inaccettabile stato di cose, dominato dagli angeli. Maria, invece, è la sapienza del nuovo mondo, in cui si entra se, con la conoscenza (gnosi), ci si libera dalla morte e si è fecondati spiritualmente (dal bacio).

È la sposa di Cristo? Una balla colossaleChi era davvero Maria Maddalena? La moglie di Gesù Cristo, il principio femmineo mancante, come dice Dan Brown nel «Codice da Vinci»? La peccatrice del Vangelo? La prima testimone della resurrezione? Una delle intrepide e coraggiose mulier fortis, ai piedi della croce? A queste domande ha cercato di rispondere l’incontro organizzato lunedì scorso a Firenze dall’associazione Artes dal titolo «Identikit di Maria Maddalena – Una donna nella storia e nei vangeli». «Il Codice da Vinci ha creato un bel po’ di confusione sulla Maddalena – ha spiegato Robin Weatherill, sacerdote della Prelatura dell’Opus Dei – e quindi è necessario rimettere le cose a posto affermando che la sua figura è innanzitutto quella di una grande santa, di una grande religiosa. Sono sicuro che proprio il 19 maggio, il giorno di uscita nelle sale del film, saranno tantissime le persone che si rivolgeranno in preghiera a Maria Maddalena chiedendo la sua intercessione, in modo che dal male – il libro, ndr – ne possa scaturire un gran bene».

Anche in merito al leit-motiv del best seller, don Weatherill non ha dubbi: «Gesù non si è mai sposato con la Maddalena e non ha mai avuto da lei un figlio: questo fatto è incontrovertibile ed è confermato da tutti e quattro i Vangeli sinottici. Non ha senso affermare il contrario, basandosi su degli scritti (i Vangeli apocrifi, ndr) che non sono riconosciuti dalla Chiesa. Intendiamoci: non ci sarebbe stato nulla di male se Gesù avesse preso moglie, ma la storia non è andata così». Al di là del libro di Dan Brown, don Weatherill ha voluto porre l’attenzione della platea su alcune caratteristiche peculiari della Maddalena: la sua conversione, che le ha permesso di affrancarsi da una vita di peccato e soprattutto il fatto che sia stata proprio lei a essere testimone della morte e successivamente della resurrezione del Figlio di Dio.

Grazie ad Anna Benvenuti, medievalista dell’Università degli Studi di Firenze, è stato poi possibile ripercorrere la storia del «mito» di Maria Maddalena nel periodo che va dal sesto al tredicesimo secolo, durante il quale è nato e si è sviluppato l’interesse dell’Occidente nei confronti della donna e si è creata la leggenda – sbagliata e approssimativa anche secondo l’opinione della storica – in base alla quale la Maddalena sarebbe in qualche modo legata alla famiglia dei Merovingi. Una versione, questa, che è stata presa come base per lo sviluppo della storyline del «Codice da Vinci». Hanno completato l’incontro gli interventi di Sara Piccolo Paci, docente di Storia del Costume e della Moda, che ha analizzato la figura di Maria Maddalena dal punto di vista delle numerose rappresentazioni che la riguardano, e quello di Maria Teresa Russo, antropologa, che ha invece cercato di portare all’attenzione del pubblico il tema della Maddalena come mito.

Per saperne di più70 milioni di pagine webSe digitate nel motore di ricerca «google» “Da Vinci Code” (titolo in inglese de «Il Codice Da Vinci») troverete oltre 70 milioni di pagine. È la riprova del grandissimo interesse che si è creato attorno al libro di Dan Brown e al film che ne è stato tratto per la regia di Ron Howard e che approda nelle sale cinematografiche di tutto il mondo proprio questo fine settimana. Ma gran parte di quelle pagine web sono dedicate a ribattere alle tesi di Brown. Vi segnaliamo a questo proposito il sito italiano dell’Opus Dei (www.opusdei.it), che offre una buona documentazione. Di grande interesse anche le sezioni dedicate al libro dal Cesnur (www.cesnur.org ) e curate da Massimo Introvigne: tra l’altro vi troverete anche il testo integrale della sentenza del giudice Smith che assolve Brown dall’accuso di plagio intentatagli da Michael Baigent e Richard Leigh, co-autori con Henry Lincoln de «Il Santo Graal» («Holy Blood Holy Grail», 1982), non perché non sia vero che «Il Codice da Vinci» riprende le tesi di quel libro precedente, ma perché gli autori lo avevano presentato come un «saggio storico» e non come un romanzo. Due «istant book»In libreria giungono in questi giorni due libri interessanti, uno edito da Elledici e l’altro dal Servizio editoriale fiorentino. Il primo, a cura di Arturo Cattaneo («La frode del Codice da Vinci», Elledici 2006, pagg. 176, euro 8), presenta nella prima parte una relazione di Massimo Introvigne, sociologo ed esperto in religioni. La seconda parte è costituita da approfondimenti offerti da esperti su alcune delle questioni del «Codice da Vinci», che possono causare dubbi e sospetti nei confronti della fede cristiana in genere e della Chiesa cattolica in particolare.L’altro volume è un «istant book», curato dal toscano Marco Carrai («Processo al Codice da Vinci», Servizio editoriale fiorentino, www.codicedavinci.it ) che si occupa delle molte verità storiche manipolate da Dan Brown, attraverso i saggi di Franco Cardini, John Wauck e Maurizio Seracini. Scrive quest’ultimo: tanti cattolici «si fanno impressionare dalla cattiva lettura d’un Vangelo apocrifo mentre, da pare loro, non hanno mai letto sul serio nemmeno quelli canonici. Ecco perché vale nonostante tutto ancora la pena di disincantare il romanzo di Dan Brown e tutti i suoi esiti, il cinematografico compreso. È necessario dimostrare, almeno al pubblico cattolico, fino a che punto il re sia nudo: fino a che punto questi grandi successi poggino e puntino sull’ignoranza».Davide Costa

«Codice da Vinci», calunnie, offese ed errori

«Codice Da Vinci», smascherare l’inganno. Intervista a Franco Cardini

«Il codice da Vinci», il successo di un falso storico

Il sito ufficiale del film