Toscana
Le due Simone sono libere
Simona Pari e Simona Torretta, dopo tre settimane di prigionia sono state liberate dai sequestratori nel pomeriggio di martedì 28 settembre. Nella notte è previsto il loro rientro in Italia dove sono ad attenderle i familiari.
Anche mons.Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ha espresso “gioia” e “speranza” per quello che ha definito un “importante obiettivo”, estendendo la solidarietà della Chiesa italiana “a tutte le persone ancora sequestrate”. “La liberazione delle due italiane Simona Pari e Simona Torretta e dei due ostaggi iracheni ha dichiarato Betori ci riempie di gioia e rappresenta un grande segnale di speranza dopo giorni di attesa e di angoscia. Le preghiere e le molteplici iniziative messe in atto ad ogni livello hanno permesso di raggiungere questo importante obiettivo. Il nostro pensiero ha aggiunto il segretario generale della Cei a nome della Chiesa italiana va anche a tutte le persone ancora sequestrate, con l’auspicio che si moltiplichino questi gesti di rispetto della vita umana, che contribuiscono in modo decisivo alla costruzione della pace”.
“Le preghiere dei bambini sono state ascoltate. L’intero popolo iracheno prova ora una grande gioia. Ora è festa qui a Baghdad”. Ha commentato il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni. “Avevo nel cuore una grande speranza e sentivo che le due volontarie sarebbero state liberate ha detto al Sir mons. Warduni -, perché sapevo che sarebbe servita la preghiera dei bambini fatta nei giorni scorsi per loro. Il Signore accetta sempre la preghiera dei bambini. E’ una grande gioia e una grande festa per tutti gli iracheni, ora possiamo tirare un grosso sospiro di sollievo”. Mons. Warduni, che al telefono non nasconde la sua emozione perché conosceva personalmente le due ragazze, continua a ripetere “tanti auguri alle loro famiglie” e al tempo stesso esprime l’auspicio che “possano essere liberati anche gli altri ostaggi”. “Ora speriamo che queste organizzazioni umanitarie che sacrificano la loro vita per gli altri continuino a lavorare qui in Iraq aggiunge -. Noi saremo lieti di riceverli con grande gioia e festa”.
Non c’è stata porta a cui non abbiamo bussato per le due ragazze italiane: una si è aperta. Cristiani e musulmani iracheni gioiscono per questa notizia. Lo ha dichiarato ad AsiaNews il Patriarca caldeo di Baghdad, Sua Beatitudine Emmanuel Delly. Abbiamo bussato a tutte le porte. Il Signore ha fatto in modo che una si aprisse: non posso dire quale, ma una porta si è aperta, e le due ragazze sono state liberate ha affermato Delly. Il patriarca ha voluto però mantenere il riserbo sulla strada percorsa dalla Chiesa nella liberazione di Simona Pari e Simona Torretta, le due volontarie italiane rapite in Iraq il 7 settembre e liberate oggi. «Tutti, musulmani e cristiani, facciamo parte della stessa famiglia dei figli di Dio», ha detto ancora il Patriarca, sottolineando cone tutta la comunità irachena si sia mobilitata per la liberazione delle due ragazze. «Tutte le persone qui a Baghdad e in Iraq sono contente della liberazione delle due ragazze, anche i musulmani. Tutti sono contrari a questi atti inumani».
“Ringraziamo Dio per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta. Tutti dobbiamo gioire per questa buona notizia”. Parole di sollievo vengono espresse da mons. Noel Treanor, segretario generale della Comece, Commissione degli episcopati della Comunità europea, l’organismo ecclesiale che segue da vicino la vita delle istituzioni comunitarie e il processo di integrazione continentale. “C’è anche da augurarsi dichiara al Sir mons. Treanor – che il rispetto della vita e della diginità dell’uomo pravalga anche per gli altri casi di rapimento che tuttora preoccupano i familiari e la comunità internazionale nel suo complesso”.
Reazioni di gioia anche a Bruxelles. “Sono molto contento ed emozionato per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta. Il Parlamento europeo intero cosi come i popoli che esso rappresenta condividono la gioia dei familiari. Si tratta di un enorme sollievo per tutti quelli che credono ancora che l’impegno umano meriti rispetto e sostegno”, ha dichiarato Josep Borrell, presidente dell’Assemblea dell’Unione. Il Parlamento ha interrotto ogni altra attività e l’attenzione dei deputati si è rivolta a Baghdad e a Roma. “Questa liberazione dimostra che la mobilitazione internazionale che si è creata attorno ad esse ha convinto i rapitori a porre fine al loro odioso ricatto”. Quindi Borrell ha lanciato un ulteriore messaggio per l’immediata liberazione degli altri ostaggi, citando in particolare gli inglesi Ken Bigley e i francesi Georges Malbrunot e Christian Chesnot. La giornata era stata aperta nella capitale belga (dove sono in corso le audizioni dei futuri commissari) con l’ennesimo appello del Parlamento: “Oggi aveva affermato lo stesso presidente a nome dei deputati – mi appello ai sequestratori perché rilascino tutti gli ostaggi immediatamente”.
L’unica notizia che aspettavamo è arrivata. Ci sarà tempo per ricostruire, ora vogliamo solo ringraziare tutti coloro che hanno collaborato a questa meraviglioso risultato, a partire dal mondo arabo a musulmano che in tutto il mondo, ed in Iraq, si è mobilitato in modo corale. Un ringraziamento alla società civile, alle forze politiche, alle organizzazioni religiose, alle organizzazioni della resistenza irachene: si legge sul sito Internet di Un ponte per…’, l’organizzazione non governativa per cui lavorano Simona Pari e Simona Torretta. Un ringraziamento alla società civile e alle forze politiche italiane. Un ringraziamento ai governi, a quello italiano e a quelli dell’area. Molti sono stati partecipi seguendo la linea del dialogo e della collaborazione. Abbiamo detto all’inizio di questa vicenda che il rapimento dei nostri quattro operatori di pace era una metafora della guerra. Che in Iraq ci sono milioni di altre persone ostaggi, della guerra e della violenza, prigionieri e rapiti. Non ci scorderemo di loro, chiediamo a tutti di non scordarli. Vorremmo sperare che anche la liberazione delle margherite possa essere una metafora della fine della guerra, e dell’occupazione, che possa prevalere anche per tutti gli iracheni la linea del dialogo e che tacciano le armi.