Toscana

Le guerre possibili, ma evitabili

di Andrea FagioliSpaventa lo scontro delle civiltà, ma si dice contrario alla guerra in Iraq: «Non la ritengo giustificata, sicuramente c’era un potenziale di minaccia, ma non da giustificare l’azione preventiva. Meglio sarebbe stato sottoporre il regime iracheno ad una stretta sorveglianza e fare ispezioni più efficaci, che nel caso avessero raccolto prove avrebbero giustificato l’intervento».

A parlare è Samuel P. Huntington, lo studioso americano salito alla ribalta in tutto il mondo per uno dei maggiori best-seller degli ultimi tempi, Lo scontro delle civiltà, appunto, edito in Italia da Garzanti.

Lo incontriamo all’Istituto Stensen di Firenze, che ha organizzato la visita in Italia del professore statunitense ora tradotto in ben 37 lingue (dato dell’ultim’ora) e considerato uno degli interpreti più innovativi e influenti dell’orizzonte geopolitico mondiale.

Inevitabile partire dalla domanda se il mondo è cambiato o meno dopo la guerra in Iraq. «Sicuramente il mondo è cambiato dalla caduta di Baghdad, ma non credo – precisa Huntington – che ci siano stati cambiamenti cruciali. A mio giudizio il cambiamento vero è avvenuto nel decennio scorso quando si è verificata la fine di un modello mondiale, che era sostanzialmente bipolare, a favore dell’affermazione di un sistema con una grande superpotenza affiancata da una miriade di poteri regionali a loro volta divisi in primari e secondari, che costituiscono una base naturale per un conflitto tra gli Stati Uniti e alcune potenze regionali comprese quelle europee come la Germania e la Francia, oppure la Russia, la Cina, il Brasile o l’Iran».

Ma la probabilità di veri e propri scontri armati futuri è legata, secondo Huntington, al non riuscire a creare uno Stato iracheno federale e democratico e al non risolvere il conflitto israelo-palestinese, che richiede concessioni molto importanti da una parte e dell’altra. «Al momento – dice lo scrittore statunitense – non sono in grado di dire se l’attuale governo israeliano abbia effettivamente intenzione di fare concessioni, così come non so se nell’ambiente palestinese esista una leadership politica in grado di farlo a sua volta».«Negli ultimi anni – aggiunge Huntington – si sono verificati piccoli e medi scontri di civiltà senza che nessuno abbia assunto le caratteristiche dello scontro di civiltà definitivo. Adesso, l’unica possibilità di un ulteriore conflitto armato è data dagli Stati Uniti e dalla Cina in quanto gli Stati Uniti sono stati la potenza dominante in Asia orientale a partire dalla seconda guerra mondiale, mentre la Cina lo è stata per secoli fino a metà ‘800. Pertanto se dovessero svilupparsi dei contenziosi si potrebbe arrivare all’invasione di Taiwan da parte di Pechino».

Nel complesso, la visione di questo scontro di civiltà, non le sembra un po’ catastrofista? «Io ritengo che sia importante cercare di identificare e conoscere i pericoli che esistono nel mondo in modo da ridurli – replica Huntington alla nostra contestazione –. Spero pertanto che si prenda molto sul serio il mio avvertimento del pericolo di uno scontro fra civiltà e si faccia il possibile per evitarlo».

E come valuta la posizione del Papa che ritiene comunque evitabile uno scontro di questo tipo? «Mi auguro sinceramente che abbia ragione e comunque lo apprezzo per quello che di recente ha detto in proposito».

Per concludere, l’Italia. «A mio giudizio – dice Huntington – l’Italia può giocare un ruolo molto importante soprattutto se si considerano i recenti contrasti tra gli Stati Uniti e Paesi come Francia e Germania. L’Italia puà svolgere un ruolo di mediazione. Per quanto riguarda poi il conflitto più in generale tra mondo occidentale e mondo musulmano, l’Italia è sicuramente in prima linea. Toccherà all’Italia costruire dei ponti tra i Paesi dell’Europa del Sud e i Paesi dell’Africa del Nord».

Dopo Iraq, la ricetta di Huntington