Toscana
Legge elettorale, una riforma senza un perché
Quindi la sua non è un’opposizione di principio a questa forma di proporzionale corretto?
«Non è che il maggioritario sia meglio del proporzionale o il contrario. Sono sistemi che vanno egualmente bene a seconda del momento politico. In assoluto il proporzionale io lo preferisco… Quindi non è che sia particolarmente critico nei confronti di questa ipotesi di riforma, salvo per alcuni elementi. Ma è il metodo che non va. Non si può fare una riforma così, quando la campagna elettorale di fatto è partita, quando l’opposizione ha già deciso di fare le primarie, e di presentarsi con un certo schieramento».
È vero però che le riforme elettorali si fanno sempre per poter votare subito, altrimenti le assemblee si delegittimano.
«Nel ’93 si fece la riforma e subito dopo si sciolse il Parlamento, perché si disse che non era più legittimato. Però quella legislatura era cominciata nel ’92. Non si fece la riforma a ridosso delle elezioni. Si vota dopo aver fatto riforma, non si fa la riforma subito prima di votare. O perlomeno se la si fa, bisognerebbe che ci fosse un accordo tra le forze politiche».
Come del resto è successo in Toscana lo scorso anno quando un accordo bipartisan tra An, Forza Italia e Ds fece cambiare la legge elettorale regionale all’ultimo tuffo.
«Così sembra ci sia solo la volontà di diminuire la sconfitta e di diminuire il bipolarismo. La maggioranza che vince avrebbe alla Camera 340 seggi. E questo vuol dire che ogni forza politica, anche la più piccola, diventa determinante, perché la maggioranza è 316 e quindi bastano 25 deputati per rendere una forza politica determinante. Con il proporzionale non è difficile ottenere 25 seggi, quindi partiti come Rifondazione Comunista o l’Udeur diventano determinanti per l’Unione. In prospettiva si potrebbe prevedere una debolezza della maggioranza e la necessità di sottostare ai ricatti delle forze più piccole e anche di essere sostituita con forze esterne alla maggioranza. Mentre con il sistema attuale i sondaggi danno 380 seggi alla Camera per il centrosinistra e anche se Prc o Udeur si volessero tirar fuori, resterebbe la maggioranza. E questo varrebbe anche per il centrodestra».
Da questo punto di vista, quindi, la riforma darebbe meno garanzie di stabilità?
«Il sistema ipotizzato dalla Cdl, con il premio di maggioranza al 55%, data la particolare conformazione del sistema politico italiano, rende particolarmente vulnerabili ai ricatti dei piccoli partiti, come era nella prima repubblica, quando liberali o repubblicani, pur con il 2%, potevano decidere se far cadere un governo».
Del resto l’unica motivazione che si sente per la riforma è quella che il bipolarismo è un vestito troppo stretto per il nostro Paese…
«Se questo è vero, è anche un po’ contraddittorio definire un candidato premier preliminarmente e vincolare la maggioranza a quel candidato. Allora si dovrebbe dire: ritorniamo com’era prima; ogni partito si presenta e poi dopo fa i suoi accordi in Parlamento. Così è una situazione ibrida, che ipotizza la presenza di due schieramenti bipolari, perché se si vuol vincere bisogna mettersi insieme il più possibile».
Anche perché al Senato sono previste soglie di sbarramento molto alte, addirittura il 20% per le coalizioni…
«In realtà al Senato con gli ultimi emendamenti viene fuori un altro problema. Non c’è un premio di maggioranza unico ma tanti premi quante sono le regioni con la possibilità che chi ottiene meno voti complessivamente possa avere la maggioranza in Senato, e che ci sia addirittura una maggioranza diversa tra Camera e Senato. Che con il bicameralismo paritario che abbiamo in Italia non ci possiamo permettere».
Facciamo un passo indietro. In astratto, quali sono i vantaggi di un sistema elettorale proporzionale?
«I sistemi proporzionali hanno il vantaggio di essere una fotografia il più possibile reale e fedele delle sensibilità che sono presenti nel corpo elettorale: tutti sono rappresentati. Naturalmente lo svantaggio è quello di una frammentazione e di una ingovernabilità».
E di uno maggioritario?
«Il sistema maggioritario ha il vantaggio di favorire una maggiore omogeneità, di ridurre la frammentazione politica, però ha il limite di essere meno rappresentativo e non è detto che chi ha più voti abbia più seggi. Insomma si sacrifica la rappresentatività a favore di una maggiore governabilità».
Quello proposto dalla Cdl però è un proporzionale corretto…
«Il premio di maggioranza o le soglie di sbarramento sono tutte correzioni per guadagnare un po’ dei vantaggi del maggioritario, senza però perdere lo spirito del proporzionale».
Un vantaggio che si diceva doveva introdurre il maggioritario in Italia era un maggior collegamento tra l’eletto e i suoi elettori. Non mi sembra che sia stato così.
«Era una delle cose propagandate ai tempi del referendum del ’93. Ci siamo accorti però che è vero fino ad un certo punto perché poi dovrebbe essere garantito da un sistema politico che si conforma a questa sensibilità, ad esempio facendo sì che i candidati dei vari collegi fossero scelti all’interno del collegio stesso e non imposti da Roma. Oppure dovrebbe essere garantito con dei meccanismi legislativi imposti, come le primarie di collegio…».
Da questo punto di vista, comunque, la riforma andrebbe nella direzione opposta, eliminando anche il voto di preferenza, che nel proporzionale avvicina l’elettore al candidato.
«Eliminando le preferenze di fatto si dà una delega totale ai partiti di scegliere chi andrà in Parlamento. È vero che poi in base a come è fatta la lista uno può decidere di votare o meno quel partito, però questo è marginale».
Anche perché il partito mette in lista qualcuno famoso che faccia da specchietto per le allodole…
«Questo è evidente. Alle europee abbiamo visto un candidato Berlusconi che viene presentato in tutti i collegi per attirare i voti, poi viene eletto una volta sola e alla fine nel Parlamento europeo non c’è neanche andato vista l’incompatibilità con la carica di primo ministro. Ma intanto ha fatto da traino al partito… L’unico aspetto positivo dell’eliminazione delle preferenze è che questo riduce la competizione interna ai partiti e quindi anche le spese elettorali».
I detrattori del sistema attuale osservano che il maggioritario non ha ridotto la frammentazione politica.
«Tutti i sistemi vanno poi calati in una realtà sociale e politica. Non si può trasferire in Italia il modello inglese dicendo che lì funziona, perché il sistema italiano è diverso. Le regole elettorali possono condizionare ma non riescono a cambiare il sistema».
Anche perché piccoli gruppi parlamentari continuano ad accedere ai rimborsi elettorali.
«Certo, la legislazione di contorno, quella che garantisce ad esempio gli spazi elettorali, o i rimborsi, ha un effetto inducente verso la frammentazione. Ma questo si innesta su una mentalità italiana per cui bisogna stare solo con quelli che la pensano allo stesso modo su tutto. Invece le coalizioni tendono a mettere insieme cose molto diverse: c’è magari quello che la pensa come te sulla guerra, ma la pensa diversamente da te sull’embrione: la coalizione ti costringe a stare insieme, a vedere più gli elementi comuni che quelli identitari».
C’è chi ha accusato i Ds toscani di incoerenza: hanno voluto una riforma della legge elettorale regionale che ha molti punti in comune con quella in discussione ora a livello nazionale…
«Bisognerebbe vedere nel dettaglio la proposta della Cdl che è ancora incerta. Però il problema vero è quello del metodo e dei tempi. Se passa questa legge, Prodi con chi si presenta? Con i Ds o con la Margherita? Allora verrebbe meno la sua volontà di essere leader dell’intera coalizione. O rifanno la lista unitaria, che la Margherita aveva bocciato, oppure Prodi fa la lista sua, oppure non si candida. Ma immaginatevi Prodi che non si candida quando Berlusconi si presenta in tutti i collegi… Le scelte del centrosinistra, come quella di non rifare la lista unitaria, erano motivate da questo sistema elettorale…».
Alla Camera accanto ai candidati dei collegi uninominali vi sono quelli della quota proporzionale, con liste bloccate (senza preferenza). Hanno diritto all’assegnazione dei seggi proporzionali alla Camera solo le liste che abbiano raggiunto il 4% dei voti. Per la ripartizione dei seggi della quota proporzionale della Camera si applica lo scorporo: in altre parole vengono eliminati i voti utilizzati per l’elezione dei deputati nei collegi uninominali.
Nella quota proporzionale del Senato (su base regionale) si ricorre invece al recupero dei candidati uninominali non eletti in quella regione, purché collegati ad una lista (presente in almeno tre collegi).
Sistema proporzionale sulla base delle circoscrizioni elettorali (oggi 27)
Sbarramenti differenziati per Camera e Senato: alla Camera 10% per la coalizione, 4% per i partiti non coalizzati, 2% per quelli coalizzati. Al Senato gli sbarramenti salgono al 20%, 8% e 3%.
Premio di maggioranza alla coalizione che ha avuto più voti a livello nazionale: 340 seggi alla Camera e 170 al Senato, dove però il premio scatterà su base regionale.
Nelle regioni a statuto speciale il partito espressione di una minoranza linguistica avrà almeno tre seggi superando la soglia del 20%.
Indicazione del candidato premier da parte delle coalizioni, ferme restando le prerogative del capo dello Stato (art. 92 della Costituzione).
Alternanza di genere di uno ogni quattro candidati nelle liste bloccate. Comunque i candidati non possono essere più di due terzi dello stesso sesso.
Esonero dalla raccolta delle firme per i partiti che hanno un gruppo in Parlamento e un europarlamentare.
Sistema proporzionale su base provinciale
Elezione diretta del presidente della giunta
Sbarramento dell’1,5% se all’interno di una coalizione che raggiunga almeno il 5%; del 4% se il candidato presidente collegato ottiene meno del 5%
Premio di maggioranza: 55% dei consiglieri se la coalizione ottiene fino al 45%; del 60% se supera il 45%.
Liste provinciali e lista regionale (sempre collegate ad un candidato presidente) senza indicazione di preferenza
Possibilità di voto disgiunto (possibile votare il presidente e una lista provinciale non collegata a lui)
Assessori tutti esterni al consiglio regionale
Possibilità di svolgere elezioni primarie per la scelta del candidato presidente.
Per il Senato, l’elezione è invece su base regionale: il territorio di ciascuna regione è ripartito in collegi uninominali pari ai seggi assegnati alla regione stessa, con arrotondamento per difetto; per l’assegnazione degli altri seggi spettanti alla regione è costituita un’unica circoscrizione elettorale. I seggi, nei collegi uninominali, sono attribuiti con il sistema maggioritario; gli altri sono assegnati con criterio proporzionale tra i gruppi di candidati concorrenti nei collegi uninominali.