Toscana

MARTINI: «PER UNA POLITICA DI PACE NON BASTA DIRE NO ALLE GUERRE»

«La politica che abbiamo cercato di costruire in questi anni sulla cooperazione internazionale è una grande politica, non è una politica di serie B, distinta dalle altre e non coordinata, non è basata soltanto sulla buona volontà di qualcuno, non è ancella di quella nazionale. Anzi, quando accade che la politica nazionale e quella regionale si integrino, si ottengono grandi risultati. Basti pensare a quello che è stato possibile fare per i bambini di Gaza».Claudio Martini, il presidente della Regione Toscana, ha concluso così l’VIII conferenza regionale sulla cooperazione internazionale, con un intervento appassionato, una disamina del lavoro svolto, ma soprattutto con lo sguardo rivolto al futuro.«La cooperazione internazionale non è nata 10 anni fa, è connaturata alla Regione Toscana – ha esordito – ma & egrave; vero che negli ultimi anni c’è stato un salto di qualità. Questa è una conferenza che per il numero e la qualità degli ospiti e per il livello di interventi avrebbe ben potuto essere una conferenza nazionale. Ma soprattutto – ha sottolineato Martini – quello che vorrei evidenziare è che, in questi anni, abbiamo voluto dare una dimensione politica alla cooperazione. Una dimensione istituzionale e culturale». Martini ha invitato ad eliminare gli stereotipi, quelli che vogliono la cooperazione come “una bella politica, ma secondaria”, quelli che la riservano allo Stato nazionale («spesso ci sono situazioni dove il livello regionale riesce meglio a intervenire») , quelli che la etichettano come “istintiva e volontaristica”. «La politica della cooperazione – ha detto Martini – non è un finale rossiniano che dà brio alle altre politiche, ma le integra, dall e altre politiche riceve stimoli, a sua volta né dà». Ed ha ricordato la nuova legge sulle attività internazionali della Regione Toscana che «per la prima volta unifica, nel piano integrato delle attività internazionali, le politiche di cooperazione con quelle di internazionalizzazione e di promozione». Martini ha ribadito che “nel rispetto delle identità e del ruolo di ciascuno occorre lavorare in una logica integrata, che unifica e fa sistema. Da qui – ha sottolineato – non si torna indietro, non si torna allo spontaneismo.” Infine Martini ha richiamato l’impegno alla verifica dei risultati. “Buona parte della diffidenza verso la cooperazione – ha ricordato – viene dalla memoria di episodi non gloriosi della passata cooperazione nazionale”. Per il futuro Martini ha indicato nel “piano integrato delle attività internazionali” lo strume nto strategico per rafforzare l’efficienza e l’efficacia in tutti i settori. «Bisogna crederci – ha ribadito – non è un esercizio retorico, ma è la base per alzare ulteriormente il livello culturale delle nostre politiche. Perché vogliamo sottolineare ancora di più che c’è un’alternativa per risolvere i conflitti che non le guerre. Però non basta il rifiuto della guerra, la pace va costruita. Ci vuole impegno quotidiano per la prevenzione dei conflitti e per la riconciliazione, che è la più difficile delle politiche, perché richiede una capacità di mediazione senza pari». “Questa è una vera politica di pace”, Martini ha ribadito, «deve diventare sistema. Non solo una fiammata nei momenti topici». «In questo senso – ha concluso – l’affermazione di chi, come Gino Strada, dice che “l’unico modo per stare nei conflitti è non averci nulla a che fare”, credo debba essere interpretata con un “diamo più spazio a queste politiche. In questo modo l’intervento militare diventerà marginale». (cs)